domenica 6 marzo 2011

Tensione per le strade del Cairo


Due uomini sono stati uccisi durante scontri in Egitto tra musulmani e cristiani a Helwan, quartiere del sud del Cairo. E la chiesa copta Shahedain è stata incendiata. Alla base dell’incidente ci sarebbe una lite intrafamiliare per impedire il matrimonio di una donna cristiana con un uomo musulmano. L’incendio della chiesa sarebbe avvenuto in conclusione del corteo funebre. Mentre cristiani e musulmani convivono in Egitto serenamente, nascono spesso dispute intorno alla questione dei matrimoni misti, dell’ingresso dei copti nell’esercito e dell’accesso dei cristiani alle alte cariche dello stato. D’altraparte, l’atteggiamento dei Fratelli musulmani nei confronti dei copti è spesso contraddittorio. Padre Kamal ammette: “i Fratelli musulmani sono amici dei patriarchi copti, ma non vogliono che i cristiani siano classe dirigente in questo paese. E sono profondamente divisi”. Mentre la gente comune ha un punto di vista diverso: “i Fratelli musulmani sono a noi familiari - dice Bishoy - ci aiutano nei momenti di difficoltà. Molti di loro vogliono tenersi lontani dalla politica”. “E - aggiunge il ragazzo - nei giorni delle proteste cristiani e musulmani stavano insieme a proteggere case e quartieri.” Questo episodio testimonia il peggioramento delle condizioni di sicurezza in Egitto in seguito alla dissoluzione della polizia dalla fine di gennaio e l’inefficace controllo sull’apparato di sicurezza del ministero degli interni. “Dal mio balcone di casa - racconta preoccupato Emad, giovane studente di Sayeda Zeinab - vedo gruppi di malvimenti che lottano tra loro con coltelli e armi. E nessuno interviene per fermarli”. E proprio per protestare contro le bande di baltagheia che girano indisturbate per le città, tra ieri e oggi migliaia di manifestanti hanno circondato le caserme di Giza, Alessandria e 6 ottobre.
Per accelerare le fasi necessarie di questa lunga transizione, il Consiglio delle forze armate ha annuciato che il 19 marzo si terrà il referendum sulle modifiche alla Costituzione. Gli egiziani decideranno chi è candidabile alla presidenza, la durata del mandato e la sospensione della legge di emergenza. Dopo questa notizia e in seguito al gesto di Eman Sharaf, nuovo primo ministro, che è sceso venerdì in piazza e ha parlato con alcuni giovani della coalizione, la maggior parte dei manifestanti ha lasciato piazza Tahrir. Anche Khayrat Al Shater dei Fratelli musulmani, in prigione dal 2006, è rimasto in piazza per alcune ore. I manifestanti hanno chiesto a Sharaf di ripristinare il sistema di polizia per la pericolosa presenza di bande criminali in aree popolari e la formazione di un governo tecnico, composto da civili. “Sharaf ha detto di tornare a casa. E se non agirà nell’interesse della Rivoluzione, di ritornare in piazza” – dice Khaled, che dormirà nelle tende di piazza Tahrir anche stanotte. In ogni caso, una parte dei manifestanti ha intenzione di non andare via. Parte della “coalizione del 25 gennaio” ha uno spirito antipolitico. E proprio questi gruppi hanno deciso di non abbassare la guardia finchè l’ultimo membro del vecchio regime sarà al potere. La prima difficoltà di Sharaf sarà di sostituire figure chiave dell’establishment di Mubarak, come il ministro degli esteri Abu Gheit e Mamdu Marei, ministro della giustizia. Avrebbero entrambi avuto un ruolo fondamentale nel favorire il trasferimento dei beni di Mubarak all’estero. D’altraparte, l’ex premier Shafiq dovrà affrontare le accuse di abuso di ufficio nella costruzione dei nuovi aeroporti di Cairo e Alessandria. Infine, nell’udienza di ieri, l’ex ministro degli interni Al Adly si è dichiarato non colpevole in merito alle accuse di corruzione e concussione.
Ma tutto il quadro politico egiziano è in fermento. Giovani attivisti del Tagammu hanno annunciato la formazione dell’Unione per il progresso in opposizione alla leadership del partito. Mentre, Kamal Kalil ha dichiarato vicina la nascita di un terzo partito di sinistra, il Partito democratico dei lavoratori. Inoltre, 18 ordini sufi si sono accordati per la formazione del primo partito sufi d’Egitto, scegliendo Ahmed Maher come rappresentante legale. Ma dopo la diffusione di queste voci, la polizia avrebbe proceduto ad arresti di sufi ad Alessandria e al Cairo. D’altraparte, Badrawi si è dimesso da leader del PND e ha dichiarato di voler formare il partito del 25 gennaio. Secondo molti si tratta dell’estremo tentativo del PND di strumentalizzare questa fase di transizione. Una delle incognite principali è proprio cosa faranno i portieri, gli operai, le famiglie della classe media, i funzionari pubblici che appartenevano al partito di Mubarak e ora sono in attesa che il quadro politico si chiarisca.

Giuseppe Acconcia
da "Il Manifesto" del 6 marzo

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