sabato 10 agosto 2013

Palestina, Esecuzioni mirate



DOVE È LA PACE

Palestina • Lo storico israeliano Ilan Pappè al manifesto: «L’accordo tra Hamas e Netanyahu è fragile, le incognite sono la nuova Siria e il nuovo Egitto»


ESECUZIONI MIRATE
Uccisi tre giornalisti palestinesi. B’tselem: «Siamo in pericolo»


Giuseppe Acconcia
«Nonostante la tregua, siamo terrorizzati su quello che può accadere nelle prossime ore alla popolazione palestinese», è quanto dichiara in un’intervista al manifesto, Yael Stein, il direttore del dipartimento ricerca dell’istituto israeliano d’informazione e centro per i diritti umani, B’tselem. «E se l’embargo su Gaza prosegue, i cittadini della Striscia non potranno continuare a lavorare e la mobilità con la Cisgiordania non sarà garantita. Per questo chiediamo la fine dell’assedio di Gaza», prosegue Stein.
D’altra parte, il presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), Mahmoud Abbas, ha salutato positivamente il cessate il fuoco entrato in vigore tra Israele e i gruppi palestinesi, Hamas e Jihad islamica.Ma più in generale, in merito al tentativo del presidente dell’Anp di promuovere il dialogo tra le due fazioni palestinesi, Fatah e Hamas, la ricercatrice assicura che «la priorità in questo momento è la fine del conflitto e l’allentamento del blocco di Gaza. Secondo Hamas, bombardare Israele è un atto legale per arrivare al riconoscimento della legittimità dei suoi obiettivi. Noi crediamo che si possa arrivare ad una soluzione della crisi senza uccidere civili», prosegue la ricercatrice di B’tselem.
Anche il segretario generale delle Nazioni unite, Ban ki-Moon, ha detto di voler appoggiare il tentativo di Abu Mazen. Dal canto suo, nel festeggiare l’annuncio della tregua, il leader di Hamas, Khaled Meshal, ha assicurato che Israele ha fallito i suoi obiettivi, di interpretare la volontà del popolo palestinese con azioni di resistenza contro gli attacchi israeliani e ha chiesto la fine dell’embargo su Gaza. Ma qual è stata la reazione della Cisgiordania agli attacchi a Gaza? «In questi giorni in Cisgiordania ci sono state continue manifestazioni contro gli attacchi israeliani», ricorda Yael Stein, in riferimento alle manifestazioni di piazza al-Manara a Ramallah avute luogo anche ieri contro l’uso massiccio della forza voluto da Israele. «Il nostro primo motivo di preoccupazione riguarda il numero di civili palestinesi che muoiono ogni giorno negli scontri. Questi dati sono impressionanti e aumentano costantemente a prescindere dall’attacco israeliano in corso».
Secondo un report realizzato da Phan Nguyen, ricercatore dell’istituto indipendente con sede a Washington, Jadaliyya, i numeri dietro il lancio di missili da parte di Hamas, forniti da Israele sono completamente fuorvianti. Nell’articolo si cita il periodo che va tra il 2006 e il 2011. In quel caso, gli israeliani rimaste vittima di missili palestinesi vanno da nove a quindici per anno, mentre i dati forniti dall’esercito israeliano sono molto più alti. «Il tasso di uccisione dei lanci da Gaza è pari allo 0,2%. L’esercito israeliano trucca e esagera i numeri», si legge in conclusione del report. Come se non bastasse, nel mirino degli attacchi israeliani su Gaza ci sono anche i giornalisti. Nei giorni scorsi, sono stati uccisi nei raid due cameraman della tv Al Aqsa, gestita da Hamas, e un reporter di una radio privata. I cameraman sono morti in prossimità dell'ospedale al-Shifa di Gaza, mentre si recavano lì per realizzare un servizio. Un appello urgente per la protezione dei giornalisti è stato indirizzato ad Israele e all'Autorità palestinese dall'Associazione della Stampa estera (Fpa), dopo che nei giorni scorsi le sedi di diverse redazioni a Gaza hanno avvertito esplosioni ravvicinate. «Negli ultimi giorni Israele ha colpito alcuni edifici che ospitano organizzazioni stampa internazionali, mentre miliziani palestinesi hanno sparato razzi da postazioni vicine», si legge nel documento della Fpa.


Il Manifesto
Internazionale, Dove è la pace, pag.3
giovedì 22 novembre 2012

Mani, 21.11.12, Gaza Egitto, I mediatori pensavano di avere l'accordo in tasca



SENZA DIFESA

Tregua • Hamas e Egitto la annunciano, Israele frena. Ma l’intesa non c’è ancora. Hillary Clinton arriva oggi a Gerusalemme

I mediatori pensavano di avere l’accordo in tasca
Giuseppe Acconcia

I mediatori egiziani avrebbero la tregua in tasca. Tra annunci e smentite, Hamas era già pronta a festeggiare ieri sera al Cairo. «Abbiamo impartito una lezione al nemico sionista», si leggeva in un documento del movimento palestinese che governa la Striscia di Gaza. «Il cessate il fuoco è una vittoria di Hamas e delle Brigate Qassam», continuava il testo. Ma l’attesa tregua tra Hamas, la Jihad islamica, Israele con il sigillo del segretario generale della Lega araba, Ban ki-Moon, e la benedizione egiziana, alla fine non c’è stata.

Nel pomeriggio di ieri, dopo aver preso parte ai funerali della sorella al Cairo, il presidente egiziano, Mohammed Morsy ha annunciato che «gli sforzi per arrivare a un tregua tra israeliani e palestinesi» avrebbero prodotto risultati positivi in poche ore. Morsy ha assicurato poi che «l'assurda aggressione israeliana contro Gaza» si sarebbe conclusa in tempi brevi. Ma, il primo a frenare su un’ipotesi di un raggiungimento frettoloso della tregua è stato Nabil el-Araby, segretario generale della Lega araba. «La tregua non metterebbe fine alla crisi perché sarà violata», ha previsto il diplomatico. 
I primi a mettere a tacere la speranza dell’accordo per una tregua sono state le autorità israeliane che hanno deriso i proclami trionfalistici di Hamas e avvertito sulle reali possibilità di un cessate il fuoco imminente. Negoziati serrati erano andati avanti al Cairo per tutta la giornata di ieri e proseguiranno nella giornata di oggi. Secondo il portavoce di Hamas, Fawzi Barhoum, si attenderebbe soltanto il via libera israeliano alla proposta, raggiunta attraverso la mediazione egiziana.
E così gli sforzi diplomatici proseguono, il segretario di stato, Hilary Clinton, è arrivata ieri sera in missione a Tel Aviv per incontrare il premier israeliano, Benjamin Netanyanu. Clinton si reca nella giornata di oggi anche a Gerusalemme, Ramallah e al Cairo. Secondo fonti del governo americano, il presidente, Barack Obama, vorrebbe evitare un attacco terrestre da parte di Israele, pur difendendo il diritto israeliano di decidere in materia di sicurezza nazionale. Mentre Catherine Ashton, rappresentante per la politica estera dell’Unione europea, si è detta timorosa per una possibile ripresa delle ostilità nonostante la tregua. Sempre più dura, invece, è la presa di posizione di Tehran in merito alla crisi tra Hamas e governo israeliano. Il portavoce del ministero degli esteri iraniano, Ramin Mehmanparast, ha ribadito che Israele dovrebbe essere processato per «crimini di guerra».


Il Manifesto
Internazionale, Senza fine pag.3
mercoledì 21 novembre 2012