martedì 31 luglio 2012

Radio Vaticana, radiogiornale, ore 8.00 sabato 23 giugno 2012






Egitto. Atteso per oggi l'esito delle presidenziali. In migliaia in piazza Tahrir


In Egitto atteso per oggi l'esito delle elezioni presidenziali mentre piazza Tharir protesta contro le modifiche Costituzionali decise dai militari, lo scioglimento del parlamento e il rinvio dell'annuncio dei risultati del ballottaggio. In questo scenario i militari hanno annunciato l'uso della forza nei confronti di chiunque andrà "contro l'interesse pubblico" e hanno accusato i Fratelli Musulmani di esacerbare gli animi. 
Giuseppe Acconcia


http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=598913

mercoledì 25 luglio 2012

Radio Vaticana, Radiogiornale, ore 8.00, giovedì 12 luglio 2012


Radio Vaticana
Radiogiornale, ore 8.00
giovedì 12 luglio 2012

Egitto: scontro aperto tra presidente e Alta Corte sulla riapertura del Parlamento. Morsi a Riad

Ci spostiamo in Egitto dove il presidente Morsi ieri ha aperto uno spiraglio nella crisi politica che lo vede contrapposto alla Corte costituzionale e al Consiglio militare per lo scioglimento del Parlamento. “Rispetterò la sentenza” così il capo dello Stato ieri dopo il pronunciamento della Consulta che ha annullato il suo decreto di riconvocazione dell'Assemblea. Intanto con un viaggio in Arabia Saudita si apre il nuovo corso dell’Egitto. 

Dal Cairo, il servizio di Giuseppe Acconcia

http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=603953

domenica 22 luglio 2012

Agenzia stampa Infopal. La Primavera egiziana


Intervista a Giuseppe Acconcia: “La Primavera egiziana”





Nell’ambito dell’inchiesta della nostra redazione sulle “primavere arabe” e i nuovi scenari mediterraneo-mediorientali, abbiamo intervistato il collega Giuseppe Acconcia, corrispondente dal Cairo per diverse testate giornalistiche italiane e straniere, e autore de “La Primavera egiziana”, per le edizioni Infinito.
Il Cairo – InfoPal. Di Angela Lano.
Le elezioni presidenziali egiziane hanno portato alla vittoria due candidati di schieramenti opposti: una contrapposizione tra vecchio regime e islamismo. Che prospettive ci sono?
“Il ballottaggio per le presidenziali egiziane non poteva tenersi in un clima più incerto. Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro nominato d Mubarak rischia l’esclusione. La Corte Costituzionale, il 14 giugno, deciderà sulla sua ammissibilità in base alla legge che impedisce ai leader del vecchio regime di candidarsi. Mohammed Mursi, vincitore del primo turno con soli 200mila voti di scarto, ha chiamato i suoi sostenitori a scendere di nuovo in piazza. Più volte ha fatto riferimento ad una presidenza a tre insieme a Hamdin Sabbahi e Aboul Fotuh, rispettivamente terzo e quarto classificato. Ma i giovani rivoluzionari sono per il boicottaggio del secondo turno”.
Com’è andato il primo round elettorale? Ci sono notizie di brogli, di voti comprati…
“Soprattutto il candidato islamista moderato Abul Fotuh, insieme al socialista/nasserista Sabbahi, hanno denunciato brogli. Il dito è stato puntato contro i militari che secondo la legge egiziana non possono votare. Invece, 900mila soldati avrebbero votato per Mursi. Tuttavia i ricorsi presentati in questo senso non sono stati ammessi dalla commissione elettorale. Molti attivisti politici hanno denunciato poi l’assenza, nei seggi, di rappresentanti di lista, e voto di scambio (pagato fino a 1000 ghinee 130 euro) e voto plurimo. Secondo la stampa indipendente, le liste elettorali sono incomplete o includono persone decedute o non aventi diritto di voto”.
Anche el-Baradei propone di cancellare le elezioni e di riscrivere la costituzione… Quali sono le sue previsioni?
“Il punto di vista di Baradei è condiviso dall’intero blocco liberale. L’ex direttore dell’Aiea viene ora chiamato in causa sia da Mursi che da Shafiq per un possibile governo di unità nazionale. Di sicuro lo stop delle rivolte è direttamente legato all’agenda stabilita dall’esercito che ha impedito la riscrittura della Costituzione prima di avviare le procedure elettorali. E così il referendum del marzo 2011 e l’annunciata dichiarazione costituzionale sui poteri del presidente della Repubblica hanno privato il Parlamento di ogni potere decisionale e lasciato tutto nelle mani del Consiglio supremo delle Forze armate”.
I giovani sembrano delusi e, come ha accennato, stanno proponendo una campagna di boicottaggio (movimento ”Boycotters Campaign”, movimento del 6 aprile) del secondo turno elettorale. Che possibilità hanno di realizzare il loro obiettivo?
“Le elezioni si terranno regolarmente. Il Parlamento è arrivato ad un accordo sull’Assemble costituente che ha ridimensionato il numero di seggi destinato agli islamisti e aumentato i posti disponibili per la società civile. Di sicuro, il movimento per il boicottaggio avrà molto seguito. Gli attivisti sono delusi sia per il risultato delle presidenziali che per la setenza al processo Mubarak che ha di fatto prosciolto i suoi figli, Ala’a e Gamal, e i dirigenti della polizia che hanno materialmente ordinato di sparare sui manifestanti”.
Nel suo libro parla molto dei giovani protagonisti di piazza Tahrir. Cosa si aspettano dall’Egitto, oggi? In cosa ripongono la fiducia? O la sfiducia?
“I giovani egiziani sono estremamente delusi, pensano che la rivoluzione sia finita con il risultato elettorale, non si fidano né di Mursi né di Shafiq. Alla vigilia delle presidenziali, era il giuslavorista Khaled Ali a raccogliere il voto giovanile, confluito nel cartello elettorale Thaura Mustamarra(“Rivoluzione continua”). A conquistare il voto dei giovani dell città, dal Cairo a Alessandria e Suez, è stato invece Hamdin Sabbahi. Anche attivisti del movimento “6 aprile” (fondato nella primavera del 2008 a sostegno dei lavoratori in sciopero a Mahalla el-Kubra) – che hanno svolto un ruolo decisivo nelle proteste contro Mubarak – hanno espresso il loro sostegno per Sabbahi. I giovani rivoluzionari, insieme agli ultras della principale squadra di calcio egiziana, Al-Ahly, hanno continuato a denunciare il veto opposto dal Consiglio supremo delle forze armate (Scaf) in accordo con la Fratellanza musulmana. E così i movimenti hanno manifestato prima contro il referendum costituzionale del 19 marzo 2011, che di fatto ha mantenuto in vigore la legge di emergenza, e, in seguito, contro la legge elettorale che ha favorito la Fratellanza. I giovani dei movimenti hanno deciso, quindi, di non formare partiti politici, di boicottare le elezioni parlamentari, di opporsi duramente ai continui arresti di blogger e alle perquisizioni di Ong, disposte dall’esercito.
“Lo scontro tra vecchia e nuova generazione non ha segnato soltanto i movimenti secolari. I giovani della Fratellanza, quando il movimento islamista ha lasciato la piazza per raccogliere la schiacciante vittoria alle elezioni parlamentari, hanno dato vita alla formazione Tyar el-Masri. Questi giovani islamisti hanno individuato in Abou el-Fotuh, medico sessantenne, il loro candidato ideale per le presidenziali. Fotuh è ora tra i favoriti per il ballottaggio del prossimo giugno che designerà il nuovo presidente egiziano. Per le sue posizioni riformiste e progressiste, Fotuh è stato immediatamente espulso dalla fratellanza. L’islamista moderato ha svolto la sua campagna per strada, nei quartieri popolari e ha sfidato Amr Moussa nell’unico dibattito televisivo di questa accesa campagna elettorale. D’altra parte giovani liberali e cristiani, accantonata la figura controversa di El Baradei, hanno rivolto il loro sguardo verso Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba. “Uno stato, una nazione”: è lo slogan elettorale dell’anziano diplomatico. Molti giovani cristiani voteranno per lui o per l’altro grande favorito, Ahmed Shafiq. Uomo di regime, amministratore delegato delle Linee aeree egiziane, Shafiq raccoglie grande seguito tra i giovani militari e i nostalgici di Mubarak. L’imprenditore ha avvertito, fuori dai seggi, quanto potrebbe costare alla stabilità del paese una nuova vittoria islamista. In risposta, è stato fatto bersaglio di un lancio di scarpe senza precedenti da parte dei sostenitori di altri candidati”.
Che seguito hanno i Fratelli Musulmani e qual è il loro disegno politico in Egitto?
“I Fratelli musulmani in Egitto controllano il partito politico meglio strutturato e radicato sul territoritorio. Godono del sostegno di molti sheykh che nelle preghiere del venerdì invitano i fedeli a votare per i candidati della fratellanza. Infine controllano sindicati e opere caritatevoli attraverso le quali si sono sostituiti allo stato soprattutto tra gli strati popolari disagiati. Tuttavia, perseguono un discorso poitico moderato e ambiguo per un’interpretazione flessibile della legge islamica. In altre parole, di fronte alla gestione politica, mantengono ancora una struttura di partito gerontocratica e antidemocratica”.
La Questione palestinese che spazio ha nel panorama politico egiziano attuale?
“Il Cairo è il centro dei colloqui tra Hamas e Fatah per il riconoscimento dello stato palestinese e la formazione di un governo di unità nazionale. Nabil el-Arabi, ex ministro degli esteri del governo di trasizione di Essam Sharaf e ora segretario della Lega Araba è stato in questi mesi il principale mediatore tra i partiti politici palestinesi. A questo si aggiunge la mediazione continua tra Hamas e i dirigenti dei fratelli musulmani egiziani, in particolare Khayrat al-Shater e Essam el-Arian”.
E la relazione e i trattati con Israele?
“Il trattato di pace con Israele non è messo in discussione da nessuna delle forze politiche egiziane. Anche i Fratelli musulmani, che in passato si sono espressi per una revisione del trattato, hanno confermato il loro pieno appoggio agli accordi già definiti. Il principale garante del mantenimento dello status quo è, in questo momento, l’esercito che ha contatti diretti con l’esercito israeliano. Neppure una revisione sulla questione della demilitarizzazione del Sinai, messa sul tavolo da Nabil el-Arabi, durante il suo ministero, sembra ora avere un piano effettivo di applicazione”.
Cristiani e musulmani in Egitto: contrasti, scontri e intese. Quale situazione può descrivere?
“Lo scontro settario tra cristiani e musulmani è stato innescato dall’esercito attraverso i movimenti salafiti. Quanto meno i militari hanno la responsabilità di non essere intervenuti nelle principali stragi di cristiani dei mesi successivi alla rivoluzione: Moqattam, Embaba, Helwan. Tuttavia, dopo la strage di Maspero dell’ottobre scorso, quando hanno perso la vita 100 tra attivisti copti e di movimenti politici, nei nuovi casi di possibile settarismo la polizia militare è intervenuta prontamente. E’ vero che molti copti hanno lasciato il paese e che sono sottorappresentati nelle istituzioni egiziane (solo 7 nel nuovo parlamento). Per questo motivo essi oggi vedono in Shafq l’unco possibile difesore della stabilità per la loro comunità, in continuità con il regime di Mubarak”.
Secondo lei, il “Leone africano” tornerà a imporsi sulla scena mediterraneo-mediorientale? O è stato definitivamente sostituito da Turchia e Iran?
“L’Egitto accanto al panarabismo ha sempre avuto un’aspirazione pan-africana. E’ lì che può ancora fare molto. Ad esempio nella stabilizzazione del Sudan, nella divisione equa delle acque del Nilo con l’Etiopia. Tuttavia, questo anno e mezzo di stallo non ha favorito i rapporti con gli altri paesi africani. E’ vero però che i giovani egiziani insieme ai tunisini sono un esempio vivo di lotta e opposizione all’autoritarismo in Africa e in Medio Oriente”.
Vede uno scontro regionale tra sunnismo e sciismo? Insomma, una fitna all’interno dell’Islam e dei Paesi islamici?
“Questo è un tema che ha radici antiche. In merito alle relazioni tra Egitto e Iran, restano tuttora congelate nonostante gli sforzi dell’ultimo governo egiziano. Più che tra sciismo e sunnismo, c’è una tensione nella gestione politica tra islamismo politco e gerarchie militari che trova soluzioni diverse in ogni paese. Mentre per gli Stati Uniti, da una parte, gli sciiti sono il grande pericolo in Medio Oriente, dall’altra, i sunniti sono diventati interlocutori convincenti. Le cospirazioni interne non sono per ora all’ordine del giorno in Egitto né tra i militari, dove potrebbero emergere quando lasceranno il potere, né tra gli islamisti, dove potrebbero emergere qualora conquistassero il potere”.



http://www.infopal.it/intervista-a-giuseppe-acconcia-la-primavera-egiziana/

sabato 21 luglio 2012

La rivoluzione ha trovato il suo leader




EGITTO · Mohammed Morsy pronuncia il suo primo discorso da presidente
La piazza ha un leader


Giuseppe Acconcia 
IL CAIRO



Dal palco dove nel giugno del 2009, Barack Obama ha dettato l’agenda degli Stati uniti in Medio Oriente, Mohammed Morsy ha pronunciato il suo primo discorso da presidente. Una gran folla di studenti e attivisti ha atteso l’ingresso del corteo presidenziale. 21 vetture hanno attraversato il Cairo dalla Corte costituzionale nel quartiere residenziale di Maadi, sulla Corniche che costeggia il Nilo, fino all'Università del Cairo a Giza. “Perchè chiudono le porte a noi studenti. Abbiamo occupato l'Università per un cambio della dirigenza, ma dopo le elezioni il rettore non è cambiato” – hanno denunciato Ahmed e Ranya dell'Unione universitaria. Esponevano cartelli contro l’esercito. “E' lui il nostro presidente e non Tantawi” – hanno aggiunto dei salafiti, brandendo la foto dello sheikh cieco Omar Abdel Rahman. Decine di politici di Libertà e giustizia hanno tentato di entrare. Il Consiglio supremo delle forze armate al completo si è accomodato in prima fila. Tra il pubblico in platea, sedevano ambasciatori, parlamentari e capi tribù del Sinai. A fianco al maresciallo Hussein Tantawi e al capo di stato maggiore Sani Annan, erano sistemati l'ex premier Kamal al-Ghanzuri, il presidente della Camera Saad al-Katatni, Mohammed al-Baradei e Amr Moussa. In fondo si sentivano le lamentele della delegazione della moschea di Al Azhar, guidata dal mufti el-Tayeb, senza posti riservati nelle prime fila. “Abbasso, abbasso il governo militare!” - ha urlato Nureddin, avvolta nel suo velo, tenuta in arresto per due mesi, dopo gli scontri di Abbasseya tra salafiti e polizia militare. Vicino a lei gli esponenti della gioventù islamica che prima avevano appoggiato Aboul Fotuh ed ora sono tornati al fianco di Morsy. Ma i vecchi generali non hanno trattenuto la stizza, rispondendo con urla, i polsi uno sull'altro in segno di arresto immediato. “L’esercito e il popolo mano nella mano” – si è levata subito in coro tutta l’aula. “Ora Morsy parlerà della seconda repubblica. Su come professionismo e conoscenza cancelleranno corruzione e malgoverno” – ha anticipato al manifesto Mohammed al-Qassas, giovane parlamentare di Libertà e giustizia. “Il nuovo presidente saprà controllare il suo ego, non sarà un agente nelle mani di Israele come era Mubarak” – ha continuato il politico. Eppure, nonostante il bagno di folla di venerdì di fronte alla sua base elettorale in piazza Tahrir, con il giuramento di sabato mattina alla Corte costituzionale, Morsy ha di fatto accettato lo scioglimento del parlamento. Il picchetto militare ha accolto il presidente, mentre le salve di cannone hanno fatto tremare le pareti del teatro dell’Università. Dal palchetto vicino al proscenio è entrato Morsy. “Pane, libertà e giustizia sociale”, hanno gridato a squarciagola al-Qassas e i suoi compagni. E' iniziata la preghiera cantata da uno sheykh, avvolto in un mantello dorato, mentre Morsy era seduto alla scrivania al centro. I versi del Corano hanno invaso l'aula magna, le madri dei martiri della rivoluzione hanno innalzato le foto dei loro figli, tenute sul petto per ore. Le lacrime scorrevano lungo le guance della gente. “Oggi si apre una pagina luminosa per la storia egiziana” – ha detto Morsy. Il discorso è stato interrotto continuamente dalle richieste di gente comune. “L’Egitto non si separerà dalla nazione araba e islamica”. “E’ un discorso panarabo e panislamico, non solo per gli egiziani” – farfugliavano tra il pubblico. “Sosterremo i palestinesi finchè non otterranno i loro diritti” – ha proseguito tra gli applausi Morsy. “E in Siria, fermeremo lo spargimento di sangue” – ha aggiunto. Gelida è stata la reazione di Tantawi, che ha fissato il presidente per tutto il tempo del discorso, alla frase “l’esercito deve tornare nelle sue caserme”. Anche la moglie di Morsy, Nagla Ali Mahmud, avvolta nel suo velo beige, si è seduta tra il pubblico. All’uscita era già tempo di previsioni per il nuovo esecutivo. “Stiamo lavorando ad un governo tecnico sostenuto da una coalizione politica” – ha assicurato al manifesto il blogger Wael Ghonim. “Anche Abou el-Fotuh potrebbe farne parte” – ha continuato l’attivista. Mentre sono tornate alte le quotazioni di el-Baradei come primo ministro. Nel pomeriggio, Morsy si è spostato nel deserto sulla strada verso Ismailia per la parata militare. Il passaggio di consegne da esercito a presidente eletto, si è consumato formalmente. Ma il potere legislativo resta nelle mani del Consiglio militare in assenza del Parlamento. Non solo, la dichiarazione costituzionale limita l’operato dell’esecutivo che è sempre sottoposto al veto dei militari. Non sono stati approvati principi sovra-costituzionali, come avevano chiesto i militari, molto di più. Hanno il controllo diretto sull’attività presidenziale. Ma Mohammed Morsy ha già sorpreso molti per l’uso che ha fatto dello spazio pubblico. Il presidente si è riappropriato della piazza e dell'Università, i luoghi e le istituzioni che Hosni Mubarak aveva lasciato vuoti. Anche l’esercito è dovuto apparire in pubblico e ha raccolto la sua dose di invettive. Il nuovo presidente deve rendere conto al popolo. Ma Morsy sa bene che la sfida per il potere inizia adesso. Per questo i Fratelli musulmani hanno chiesto alla loro gente di rimanere ancora in piazza Tahrir, in attesa che dai discorsi formali si passi allo scontro quotidiano sulla  gestione del potere. Le porte dell’Università sono state chiuse per far uscire il corteo presidenziale. La folla si è accalcata tra le urla di chi si sentiva male. Era una ressa furibonda in uscita. “Ascoltate il presidente, non vorrebbe che trattaste così il suo popolo” - un uomo ha ammonito la guardia presidenziale. La rivoluzione senza leader oggi ha trovato la sua guida.  

Il Manifesto
Internazionale, pag.5
domenica 1 luglio 2012



mercoledì 18 luglio 2012

Radio Vaticana, Radiogiornale, ore 8.00, martedì 19 giugno 2012




Al Cairo i Fratelli Musulmani scendono in piazza


Manifestazione di protesta nel pomeriggio al Cairo organizzata dai Fratelli Musulmani, che reclamano la vittoria alle presidenziali egiziane del loro candidato Mohammed Mursi. Giuseppe Acconcia  


In piazza Tahrir confluiscono, dalle vie del centro, centinaia di migliaia di persone, per la grande manifestazione indetta dai Fratelli Musulmani. Assembramenti si sono svolti in tutta la giornata di oggi intorno al Parlamento. I Fratelli Musulmani protestano contro la dichiarazione costituzionale, che toglie poteri al presidente della Repubblica e la decisione della Corte stessa di sciogliere il Parlamento: un colpo di Stato costituzionale, lo aveva definito la Fratellanza. "Libertà e giustizia" continua a dichiararsi vincente alle elezioni presidenziali, mostrando documenti della Commissione elettorale regione per regione. Anche dal quartier generale di Ahmed Shafik però arriva la dichiarazione di vittoria. La parola definitiva sarà della Commissione elettorale giovedì prossimo, mentre gli osservatori del centro Carter hanno dichiarato che le procedure elettorali si sono svolte senza violazioni maggiori. Dal canto suo Sabai socialista, arrivato terzo al primo turno, ha espresso l'intenzione di formare un nuovo partito insieme a Mohamed el Baradei in vista delle nuove elezioni parlamentari. Arrivano le prime reazioni anche dai vescovi della Chiesa cristiano-copta. Le preoccupazioni dei copti per l'elezione di un presidente, espressione della Fratellanza musulmana, hanno determinato il pieno sostegno della comunità ad Ahmed Shafik, per il secondo turno delle elezioni presidenziali.
http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=597921

domenica 15 luglio 2012

Lo scandalo Barclays travolge la politica




BASSA FINANZA
LONDRA · Nell’aggiustamento dei tassi Libor coinvolti Labour e Tories. E la City rischia

Lo scandalo Barclays travolge tutto e tutti

Giuseppe Acconcia 
LONDRA


Colpiti dall’ennesimo scandalo finanziario, gli attivisti di “Move your money” coprono di adesivi le vetrine delle filiali di Barclays a Westminster. “I banchieri responsabili dovrebbero essere arrestati”- denuncia Levent, impegnato nel movimento Anticuts, contro i tagli alla spesa pubblica voluti dal governo Cameron. “Ci aspettiamo che ora i rischi e gli investimenti che hanno reso la Barclays così vulnerabile vengano ridotti drasticamente” – prosegue il giovane. Lo scandalo Barclays è ormai fuori controllo, si è esteso alla politica e all’intero mercato bancario britannico. Ma i primi chiarimenti potrebbero arrivare lunedì quando Paul Tucker, vicegovernatore della Banca d’Inghilterra, sarà ascoltato dalla neonata Commissione parlamentare d’inchiesta sui tassi Libor. Fanno parte della commissione solo deputati. Nessun giudice, come voleva invece il leader dei Labour, Ed Milliband, sul modello Leveson per la riforma del sistema giornalistico. Tucker deve chiarire i contenuti della telefonata dell’ottobre 2008 con l’ex amministratore delegato della Barclays, Robert Diamond. Dopo la telefonata, Diamond aveva riferito di “figure del governo” preoccupate dei tassi interbancari di prestito ammessi da Barclays. E così, uno dei dirigenti di Barclays, Jerry Del Missier, dimessosi nei giorni scorsi, aveva dato l’ordine di abbassare i tassi per ridurre le preoccupazioni sulla stabilità finanziaria della banca. A complicare le cose sono arrivate venerdì le accuse del ministro delle finanze inglese. Secondo George Osborne, a fare pressioni sui dirigenti della Barclays sarebbe stato l’allora ministro delle finanze, Ed Balls. Per il Financial Times, oltre a Balls, sarebbero coinvolti anche l’ex ministra Shriti Vadera e lo stesso ex primo ministro labourista Gordon Brown. Nel novembre 2008, Vadera avrebbe commissionato un report dal titolo “Ridurre il Libor. Migliorare le condizioni dei prestiti”. Nel documento si farebbe riferimento a politiche finanziarie per abbassare i tassi di interesse interbancario. Ma la City è sempre la stessa, sta reagendo con distacco al terremoto Barclays. Tra gru e grattacieli, a Threadneedle street, i dirigenti della Banca d’Inghilterra si avventano su porzioni di sushi in ristoranti giapponesi minimalisti. Mentre all’ingresso della Torre 42 fervono i preparativi dei decori per le Olimpiadi. “Siamo shoccati dalle notizie che ci vengono dal regolatore americano. Stiamo formando un gruppo di osservazione sul Libor” – ci ha detto Brian Mairs della British bankers association. “Barclays dovrebbe agire ora come difensore della trasparenza nella procedura di definizione dei tassi, cooperando con l’associazione bancaria britannica” – ha continuato Mairs. Più avanti, giovani banchieri discutono di Libor tra litri di birra al pub Phoenix. Mentre emergono le responsabilità politiche, tutto il mercato bancario britannico è in subbuglio. L’Agenzia governativa anti-corruzione ha annunciato ieri l’avvio di un’inchiesta penale contro i trader coinvolti nella manipolazione dei tassi di interesse. Secondo l’Autorità finanziaria britannica, anche altre banche avrebbero aggirato il sistema di tassi interbancari. Come se non bastasse, crescono le polemiche sull’uscita di scena di Diamond. L’ex amministratore delegato è volato negli Stati uniti. Gli sarebbe stata accordata una liquidazione di 100 milioni di sterline con un bonus ulteriore (per un totale di 153 milioni di euro). Mentre uno dei maggiori azionisti di Easyjet ha chiesto le dimissioni del dirigente, Michael Rake, per i suoi incarichi in Barclays. Simili malumori riguardano Richard Broadbent, amministratore delegato della catena di supermercati e telefonia Tesco. E colpiscono anche Naguib Kheraj, vice direttore di Berclays, direttore della fondazione Aga Khan. E così, con implicazioni politiche e finanziarie, la crisi appare quanto mai sistemica. Anche le maggiori agenzie di rating sarebbero pronte a retrocedere Barclays dopo il recente scandalo finanziario. “Con i bassi profitti del sistema capitalistico, è più semplice agire sui mercati finanziari che attivare investimenti produttivi” – spiega al manifesto Alex Callinicos, docente di Economia internazionale al King’s Collage. “Le speculazioni bancarie sono il vero sintomo della grave crisi europea” – conclude il professore a margine del Festival del marxismo in corso a Londra. Ma i legami tra banche e politica rendono la vita difficile anche ai conservatori. Tra i Tories, le accuse avanzate ai laburisti dal ministro delle finanze hanno creato non pochi malumori. Mentre lo scandalo Barclays rischia di creare nuova opposizione alle politiche di tagli e austerità del governo Cameron che hanno messo in ginocchio il settore pubblico britannico, dalla scuola, all’Università fino al sistema sanitario.



Il Manifesto
Internazionale, pag.6
domenica 8 luglio 2012

venerdì 13 luglio 2012

Il capodanno degli egiziani




EGITTO
Il Cairo • Nel paese in festa, il neo eletto presidente che avrebbe dovuto trovarsi tra poveri, tra gli uomini di fede che lo hanno sostenuto, ha parlato invece dal ricco quartiere di Moqattam



IL CAIRO · Folla in visibilio all’annuncio della vittoria di Morsy
La piazza esplode. E ora?



Giuseppe Acconcia 
IL CAIRO
E’ durata per tutta la notte la festa per l’elezione di Mohammed Morsy. I laser degli Ultras dell’Ahly si sono improvvisamente moltiplicati in un gioco di luci psichedeliche che hanno illuminato i palazzi di piazza Tahrir. Mentre la folla si muoveva senza traiettorie precise o slogan definiti, come stordita. “Abbiamo un presidente, non è un militare”. Una ragazza era sconvolta alla notizia. Un’attesa durata otto giorno si è conclusa con la vittoria con il 51,7 % dei voti del candidato di Libertà e giustizia. Quando Farouk Sultan dalla Commissione elettorale ha annunciato che l’Egitto avrebbe potuto festeggiare il nuovo presidente, questa folla, senza forma e senza guida, ha trovato all’improvviso il suo leader. Non più un nome qualsiasi, ma l’uomo di partito, un professore universitario con tanto di dottorato negli Stati uniti e due figli con passaporto americano. Un presidente che ha conosciuto la prigione per la repressione del suo predecessore. Ma è Hosni Mubarak ad essere ora in prigione. Gli egiziani hanno imparato ad usare ogni punto dello spazio pubblico: la strada, le aiuole, i marciapiedi, i semafori, i lampioni, i palazzi, i balconi. Dei ragazzi ballavano sugli altoparlanti piazzati ai lati di piccoli camion e la folla li seguiva nella danza. Dalle spalle di un militante, si sono alzate le urla di un ragazzino per Morsy e contro l’esercito. La folla ha risposto al coro con le stesse parole “Abbasso al governo militare, Morsy, Morsy!”. Dappertutto sono scoppiati fuochi d’artificio assordanti. Ma all’improvviso hanno taciuto tutti per un momento. Il presidente, che avrebbe dovuto essere tra i poveri, tra gli shaykh, tra gli uomini di fede che lo hanno eletto, ha parlato dagli altoparlanti dall’ufficio della Fratellanza musulmana nel ricco quartiere di Moqattam. La polizia che lo aveva arrestato deve ora proteggerlo. “Sarò il presidente di tutti gli egiziani: uomini e donne, musulmani e cristiani”. Si sono sentite queste parole con accento di Sharqeya da un piccolo altoparlante che vibrava sul cofano di una macchina. Decine di uomini e donne si sono raccolti intorno alla vettura. E nessuno è andato via deluso, anzi sembravano quasi commossi, quando Morsy ha concluso recitando versi del Corano. D’altra parte, Shafiq ha perso per 900 mila voti. Ed è così inusuale che il paese manifesti lo scontro nello spazio pubblico che non sono mancati svenimenti e sparatorie. L’elezione del presidente è stata come un matrimonio, un capodanno. Ad Assiout, due persone sono morte dopo un diverbio verbale. Mentre piazza Tahrir ha contato un morto e cinquanta feriti. Ma i festeggiamenti hanno lasciato presto spazio alla politica. Il primo ministro Kamal al-Ghanzouri si è dimesso lunedì. Sono continuate le consultazioni per la formazione del nuovo governo. Ma sul tavolo ci sono ancora gravi conflitti irrisolti. “Abbiamo presentato appello contro lo scioglimento del Parlamento. La sentenza sarà ritirata o si andrà alla rielezione di un terzo della Camera” – ha dichiarato al manifesto Mahmud el-Ghoderi, parlamentare dei Fratelli musulmani eletto tra gli indipendenti. E, in merito al ridimensionamento dei poteri del presidente, l’avvocato ha aggiunto: “il primo atto di Morsy sarà di opporsi alla dichiarazione costituzionale complementare che limiterebbe i suoi poteri”. D’altra parte, Morsy ha ricevuto telefonate di congratulazioni da parte dei principali capi di stato e di governo del mondo. La Guida suprema iraniana Ali Khamenei ha parlato di “risveglio islamico”. Mentre nella giornata di ieri si susseguivano le voci di un’intervista del neo-eletto presidente all’agenzia di stampa iraniana Fars nella quale avrebbe fatto riferimento ad una revisione degli accordi di Camp David. La notizia è stata poi smentita dall’ufficio della presidenza della repubblica. “I trattati non si toccano, saranno modificati solo con l’accordo delle due parti. E gli articoli saranno sottoposti a referendum popolare” – ha concluso el-Ghoderi. I nodi del nuovo presidente, dallo scioglimento del parlamento, ai poteri presidenziali, fino alla composizione del nuovo governo dovranno essere sciolti uno dopo l’altro nelle prossime ore. Intanto la foto di Morsy campeggia sulle gru di piazza Tahrir, la semiotica del potere ha cambiato volto.



Il Manifesto
Internazionale, pag.9
martedì 26 giugno 2012

mercoledì 11 luglio 2012

La farsa democratica: i Fratelli musulmani vivono di proletariato



EGITTO
Il Cairo • Nel paese in festa, il neo eletto presidente che avrebbe dovuto trovarsi tra poveri, tra gli uomini di fede che lo hanno sostenuto, ha parlato invece dal ricco quartiere di Moqattam


INTERVISTA · L’economista Samir Amin spiega le ragioni del successo della Fratellanza
«Una farsa democratica, voti in cambio di favori»

Giuseppe Acconcia 
IL CAIRO

“Le elezioni sono state falsificate sin dal primo turno”. Samir Amin, direttore del Forum del Terzo Mondo, non ha dubbi: “la vittoria dei Fratelli musulmani non è un passo verso il cambiamento, ma la riproduzione del sistema capitalistico”. Cosa intende per elezioni falsificate? “L’esercito aveva aiutato Ahmed Shafiq a passare il primo turno fabbricando 900 mila voti. Questo ha impedito ad Hamdin Sabbahi di partecipare al secondo turno. L’eliminazione di Sabbahi, nasserista di sinistra, non comunista ma non anti-comunista, è stata essenziale. Era l’unico candidato scomodo. Insieme a Aboul Fotuh, entrambi avevano raggiunto quasi il 50%. Per questo tutto il processo di democratizzazione è una farsa” - spiega Samir Amin in un’intervista al manifesto. A quel punto si è temuta una repressione su ampia scala in caso di vittoria di Shafiq. “E’ stata necessaria il lungo negoziato, durato 8 giorni, tra Fratelli musulmani ed esercito, con evidenti pressioni degli Stati uniti a favore di Mohammed Morsy. Tuttavia, Shafiq non si sarebbe comportato come un secondo Mubarak. Anzi, avrebbe provato a serrare le fila all’interno dell’esercito”- aggiunge l’economista. Non solo la farsa ma anche la beffa, secondo il filosofo egiziano, alla Fratellanza conviene ora lo stato di estrema disuguaglianza sociale in cui versa l’Egitto. “I Fratelli musulmani sono i primi beneficiari della povertà degli egiziani. Tutte le conquiste di Gamal Abdel Nasser sono state smantellate da Anwar al-Sadat e Hosni Mubarak. L’Egitto, il Nord Africa e il Medio Oriente, con la piccola eccezione dell’Algeria e in parte della Siria, sono sottomessi al neo-liberismo. Questo ha determinato un impoverimento crescente della popolazione. Tanto che i dati sullo sviluppo economico in Egitto, forniti dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale, negli ultimi dieci anni sono stati largamente falsificati. Tuttavia, gli effetti della globalizzazione nel terzo mondo cambiano da paese a paese in relazione ai diversi gradi di capitalismo di stato imposti dalle elite locali, che operano secondo logiche di consociativismo nazionale” – spiega Samir Amin. In altre parole è il sottoproletariato a tenere in vita la fratellanza? “Il lumpen proletariato serve ai paesi del Golfo e all’Egitto. Attraverso il controllo sull’economia informale, i Fratelli musulmani forniscono mezzi di sopravvivenza a oltre la metà della popolazione egiziana. La loro ideologia politica legittima questa miserabile economia di mercato che favorirà la formazione di un sistema assistenziale che renda la società egiziana ancor più dipendente dallo stato” – prosegue l’economista. A questo proposito, il parallelo con il sistema delle fondazioni iraniano diventa interessante. “I poveri per strada, che pure hanno fatto la rivoluzione, vengono facilmente manipolati. Con la distribuzione sistematica di cartoni di carne, olio e zucchero, i Fratelli musulmani hanno già comprato migliaia di voti. Se un uomo volesse una vettura per fare il tassista, gli basterebbe rivolgersi ad un militante della fratellanza per aver un prestito. Questi meccanismi hanno permesso ai Fratelli musulmani di radicarsi nella società. Continueranno ad operare con questa logica quando controlleranno le istituzioni pubbliche”. Ma questo non basta a spiegare il successo islamista. “Chi ha permesso che i fratelli musulmani riproducessero il sistema di benefici è l’alleanza con il Golfo, con Washington e Israele. Questi paesi hanno come unico scopo impedire la ripresa dell’Egitto. Un Egitto forte significa la fine dell’egemonia del Golfo, che approfitta dell’islamizzazione della società, degli Stati uniti, che approfittano di un paese impoverito, di Israele, che vuole un Egitto impotente che lasci fare in Palestina” – spiega Amin.
D’altra parte, non c’è stato un grande successo islamista a queste elezioni politiche. “Rispetto alle loro attese e ai voti presi alle elezioni parlamentari, il 25 % ottenuto da Morsy al primo turno non è grande cosa. La liberalizzazione del discorso politico inevitabilmente ridimensionerà il movimento islamista. I Fratelli musulmani sono un movimento ultrareazionario, in aggiunta islamista. Non sono mai entrati in conflitto con l’esercito. Anzi esercito e Fratelli musulmani sono i due pilastri del sistema reazionario. Nell’era di Sadat e di Mubarak l’ultima parola nelle decisioni rilevanti è sempre stata data all’esercito, mentre i Fratelli musulmani erano impegnati a gestire il sistema scolastico, sanitario e dell’informazione. Dopo la rivoluzione del 2011, l’esercito ha sperato che i Fratelli musulmani si discreditassero da soli agli occhi della gente” – spiega il filosofo egiziano. In verità, i Fratelli musulmani, nei primi mesi di attività parlamentare non hanno di certo brillato per iniziativa politica. “Il Parlamento non è stato eletto correttamente. Anche in questo caso i fratelli musulmani hanno falsificato il voto conquistando la maggioranza assoluta alla Camera. Se i giudici avessero voluto avrebbero potuto sciogliere la Camera all’indomani delle elezioni. E’ vero che l’attività parlamentare di Libertà e giustizia è lontana dai mali del paese. Solo il 40% dei deputati, vicini alle forze secolari, ha posto all’ordine del giorno problemi reali inerenti la scuola e i salari. I Fratelli musulmani preferiscono lasciar fare al mercato e agli interessi dei privati, mentre si occupano della lunghezza della barba”. Samir Amin fa qui riferimento anche ad una controversa proposta di legge presentata in Parlamento sulla disponibilità da parte del marito del corpo di sua moglie nelle ore seguenti al decesso. Ma molti parlamentari della fratellanza hanno negato di aver mai presentato questo progetto di legge. Ma l’alternativa rivoluzionaria è ora quanto mai inconsistente. “Il principale successo dei Fratelli musulmani è stato di dividere il movimento rivoluzionario. Chi dei giovani ora è con la fratellanza lo fa per spontaneismo. Credono che in questo modo verranno presi in considerazione. Sono poco coscienti della natura delle sfide future: uscire dalla sottoproletarizzazione della società, la democratizzazione come una possibilità di progresso popolare, l’onore nazionale per una politica estera indipendente” – spiega il direttore del Forum del Terzo mondo con sede a Dakar. “Questo non significa che non esista una coscienza politica forte tra i movimenti dai socialisti ai sindacalisti, dagli operai ai contadini e ai movimenti per i diritti delle donne. In verità, il vero movimento rivoluzionario non ha mai avuto fretta di andare alle elezioni. Tuttavia figure come Mohammed el-Baradei credono che le questioni economiche possano essere messe in secondo piano. Tra i rivoluzionari ha voce chi ha meno fiducia in un cambiamento radicale” – ammette Samir Amin in un’intervista al manifesto. In questo contesto, l’Assemblea costituente lavora per scrivere la nuova costituzione. “Con un percorso costruito da esercito e fratellanza, la nuova Costituzione sarà pessima, impedirà al paese di essere democratico. Per ora la dichiarazione costituzionale complementare dà all’esercito un posto di potere unico. A questo punto, Libertà e giustizia pretenderà di essere il solo partito a gestire l’Egitto, relegando anche l’esercito in secondo piano” – conclude con lucidità Amin.

Il Manifesto
Internazionale, pag.9
martedì 26 giugno 2012

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Radio Vaticana, radiogiornale, ore 8.00 lunedì 25 giugno 2012






Egitto: il rappresentante dei Fratelli Musulmani, Mohamed Morsi è il nuovo presidente 


In Egitto si chiude ufficialmente il trentennale regime di Hosni Mubarak. Ieri è stata annunciata la vittoria elettorale di Mohamed Morsi. Il neo presidente, candidato dei Fratelli Musulmani, nel suo primo discorso ha annunciato che la rivoluzione continua, ha poi fatto un appello all'unità del Paese. In Egitto - ha detto ancora - saranno inserite alcune norme della sharia, la legge islamica, e saranno rispettati tutti i trattati internazionali, tra cui l'accordo di pace con Israele. Congratulazioni a Morsi sono giunte da gran parte della comunità internazionale e dal capo ad interim della Chiesa copta, il vescovo Pachomius. Dal Cairo, il servizio di Giuseppe Acconcia


http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=599336

lunedì 9 luglio 2012

Moussa: sulla Palestina, Morsy non può essere come Mubarak



INTERVISTA · Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba e candidato alle recenti presidenziali
Il terzo polo che manca all’Egitto

Giuseppe Acconcia 
IL CAIRO

“Mubarak è caduto soprattutto per le sue posizioni sul conflitto israelo-palestinese”. E’ quanto ha dichiarato in un’intervista al manifesto Amr Moussa, ex ministro degli esteri e candidato alla presidenza fermatosi al primo turno. Se questo è vero, il neo-eletto presidente Mohammed Morsy sarebbe costretto a rivedere le posizioni egiziane sul conflitto israelo-palestinese. Crede che i Fratelli musulmani vogliano rivedere gli accordi di Camp David? “Morsy non può usare lo stesso cinismo di Mubarak ed è costretto a critiche verbali in riferimento alla questione palestinese. D’altra parte, non ha mai parlato chiaramente di politica estera, siamo tutti in attesa che sveli le sue posizioni. Nel caso specifico, poteri esterni cercano di dividere i due fronti palestinesi. Ma l'Egitto deve fare esattamente il contrario. Promuove un’iniziativa araba che favorisca un governo di unità nazionale in Palestina per la formazione di uno stato palestinese con capitale Gerusalemme”. Restano sempre centrali le controverse relazioni bilaterali tra Egitto ed Iran. Già l’ex ministro degli esteri, Nabil al-Arabi, aveva tentato di aprire canali diplomatici diretti con Teheran. “Le relazioni con l’Iran sono ora in cima alle questioni che deve affrontare il nuovo governo. L’Iran non è più il nemico dell'Egitto. Questo non significa che l'Egitto ora abbia intenzione di intraprendere politiche frivole in Medio Oriente, ma di difendere l'identità araba dell'Iraq e di stabilizzare il sanguinoso scontro in Siria” – ha aggiunto Moussa. Questo significa che con l'Iran siete ancora divisi su tutto? “Dobbiamo sederci ad un tavolo in un contesto arabo. E non sarà la questione nucleare a fermarci. Non esageriamo il pericolo di un nucleare iraniano, per ora solo a scopo civile, come non minimizziamo la questione del nucleare israeliano”.
D’altra parte, sono giorni di fermento in Egitto dopo lo scioglimento del Parlamento e la dichiarazione costituzionale complementare. Crede che anche la Costituente sarà sciolta? “Scriveremo con questa Assemblea la nuova Costituzione” – ha detto Moussa, uno dei 50 esponenti laici incaricati di scrivere la Costituzione egiziana. Eppure sembra che ci sia una fuga continua dall’Assemblea. “Avevo grandi dubbi anch’io, dopo lo scioglimento del Parlamento, che l’Assemblea potesse funzionare. E così non ho partecipato alle prime due riunioni. Sono poi andato alla terza lo scorso martedì. Ho trovato con mia sorpresa un clima di coesione che porterà all'approvazione di molti articoli sul funzionamento dell'Assemblea”. Dietro l’angolo  c'è sempre il pericolo che la Corte costituzionale azzeri la Costituente. “Stanno tornando tutti coloro che avevano lasciato. Attendiamo la sentenza di settembre della Corte Costituzionale ma continuiamo a lavorare” – ha aggiunto fiducioso Moussa. In realtà, si potrebbe andare alle elezioni parlamentari già a settembre e la nuova Costituzione potrebbe far cessare il mandato presidenziale di Morsy in meno di un anno. “Uno dei punti sul tavolo della Costituente è un mandato presidenziale transitorio. Se approvato, l'attuale presidente potrà restare in carica per i prossimi quattro anni” – ha precisato Moussa.
D’altra parte, l'ex Segretario generale della Lega araba sembra ancora deluso dopo aver raccolto solo tre milioni di voti al primo turno delle presidenziali. “Non è il momento di avvelenare un clima politico così teso con accuse di brogli elettorali. Certo la nostra è una democrazia fragile” – ha proseguito Moussa. Alla vigilia il diplomatico era uno dei favoriti secondo i sondaggi, poi qualcosa è andato storto. “Non credo abbia contato molto il dibattito televisivo. Io ho guidato un movimento popolare, mentre Morsy e Shafiq avevano alle spalle due macchine di potere: Libertà e giustizia, il primo, l'ex Partito nazionale democratico, l'altro”. Moussa fa qui riferimento al confronto televisivo durato oltre quattro ore con l’islamista moderato Abou el-Fotuh, che avrebbe fatto perdere voti ad entrambi i candidati. Mentre, sulla farsa che ha tenuto per otto giorni gli egiziani in attesa dei risultati elettorali, Moussa non ha dubbi. “Non ho mai creduto a nessuna speculazione, solo alle parole della commissione elettorale. Certo questo clima può portare il paese indietro all'instabilità della fase post-rivoluzionaria” – ha spiegato il politico. Domani il Consiglio militare dovrebbe restituire i suoi poteri ad un governo eletto. “Le responsabilità politiche saranno condivise tra esercito e presidente della repubblica. In attesa che ci siano nuove elezioni parlamentari”. Con il nasseriano Hamdin Sabbahi, il comunista Khaled Ali e il liberale Amr Hamzawi, Moussa si appresta a formare la terza corrente. “La mia esperienza è nelle mani degli egiziani per formare il terzo polo che manca all’Egitto” – ha concluso Moussa.

Il Manifesto
Internazionale, pag.8
sabato 30 giugno 2012


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domenica 8 luglio 2012

Radio Vaticana, radiogiornale, ore 20.00, martedì 19 giugno 2012





Al Cairo i Fratelli Musulmani scendono in piazza


Manifestazione di protesta nel pomeriggio al Cairo organizzata dai Fratelli Musulmani, che reclamano la vittoria alle presidenziali egiziane del loro candidato Mohammed Mursi. Giuseppe Acconcia  




In piazza Tahrir confluiscono, dalle vie del centro, centinaia di migliaia di persone, per la grande manifestazione indetta dai Fratelli Musulmani. Assembramenti si sono svolti in tutta la giornata di oggi intorno al Parlamento. I Fratelli Musulmani protestano contro la dichiarazione costituzionale, che toglie poteri al presidente della Repubblica e la decisione della Corte stessa di sciogliere il Parlamento: un colpo di Stato costituzionale, lo aveva definito la Fratellanza. "Libertà e giustizia" continua a dichiararsi vincente alle elezioni presidenziali, mostrando documenti della Commissione elettorale regione per regione. Anche dal quartier generale di Ahmed Shafik però arriva la dichiarazione di vittoria. La parola definitiva sarà della Commissione elettorale giovedì prossimo, mentre gli osservatori del centro Carter hanno dichiarato che le procedure elettorali si sono svolte senza violazioni maggiori. Dal canto suo Sabai socialista, arrivato terzo al primo turno, ha espresso l'intenzione di formare un nuovo partito insieme a Mohamed el Baradei in vista delle nuove elezioni parlamentari. Arrivano le prime reazioni anche dai vescovi della Chiesa cristiano-copta. Le preoccupazioni dei copti per l'elezione di un presidente, espressione della Fratellanza musulmana, hanno determinato il pieno sostegno della comunità ad Ahmed Shafik, per il secondo turno delle elezioni presidenziali.


http://www.radiovaticana.org/IT1/articolo.asp?c=597921

sabato 7 luglio 2012

Prove di un giuramento



INTERVISTA · Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba e candidato alle recenti presidenziali
Il terzo polo che manca all’Egitto

Giuseppe Acconcia 
IL CAIRO


Morsy ha giurato in piazza Tahrir, nelle mani della sua gente. Il popolo ha investito il suo leader nella prova generale della cerimonia ufficiale prevista per oggi di fronte alla Corte Costituzionale. Subito dopo avranno inizio le celebrazioni con politici e militari all’Università del Cairo. “Nessuna autorità è al di sopra del popolo” – ha detto Morsy. Bandiere siriane, libiche e palestinesi hanno accolto l’uomo dei Fratelli musulmani. La guardia presidenziale proteggeva il corpo di un Morsy spavaldo, anche dal tetto dell’alto palazzo che sovrasta il palco. Questa volta il servizio d’ordine della fratellanza ha perquisito uno per uno i manifestanti in ingresso. Si è concluso così il lungo braccio di ferro sul luogo del giuramento. I movimenti rivoluzionari avevano chiesto a Morsy il suggello di piazza Tahrir. “Giurare davanti alla Corte significa accettare implicitamente il colpo di stato costituzionale” – avevano detto. E così Morsy ha accontentato entrambe le parti, dichiarando di rispettare la sentenza della Corte costituzionale sullo scioglimento del Parlamento. In verità, i segnali lanciati da Morsy sono incoraggianti. Ha rifiutato che la sua famiglia si trasferisca nel palazzo presidenziale e ha chiesto che il suo ritratto non appaia sulle facciate dei palazzi pubblici. Si è impegnato nei primi cento giorni ad affrontare le questioni economiche sul tavolo: dalla crisi degli investimenti esteri, ai finanziamenti del Fondo monetario internazionale, fino ai problemi di traffico. In particolare, Morsy punta sulla regolamentazione dei tok tok (veicolo tipo Ape) largamente usati per il trasporto urbano nei quartieri popolari. Mentre l'ex primo ministro Kamal al-Ghanzuri, prima di lasciare i suoi uffici, ha dimezzato i prezzi di tutti i prodotti alimentari, distribuiti agli aventi diritti in base alla tessera dei sussidi durante il Ramadan. Ghanzuri ha poi distribuito 200 milioni di dollari al settore petrolifero. Ma subito dopo il giuramento sarà il momento di nominare il nuovo governo. Si moltiplicano le voci sul nome del vicepresidente copto. Gli attivisti vicini a Najib Jibril, presidente dell'Organizzazione per i diritti umani, hanno chiesto che sia il ministro del turismo, Munir Fakhri. “I copti devono temere questo governo, il vice presidente non avrà alcun potere nè autorità” – ha dichiarato al manifesto l'imprenditore Naguib Sawiris del Partito degli egiziani liberi. “Per questo io sono dall’altra parte, con la società civile. Per ora do il beneficio del dubbio a Morsy. Ma non mi sentivo rappresentato dai due candidati al secondo turno” – ha continuato Sawiris, ex direttore di Telecom Orascom. “Neppure l'esercito è una garanzia per la minoranza copta e con il nuovo Parlamento tutto andrà nelle mani degli islamisti”. In merito alle divisioni del movimento rivoluzionario, Sawiris ha aggiunto: “mancano di realpolitik, le divisioni fanno a pezzi le loro attese politiche”. D’altra parte, se sono stati accantonati uno ad uno i nomi di Mohammed el-Baradei,  Ziyad Bahaeddin del Partito social-democratico e Hazem el-Beblawi, ex ministro delle finanze, per la carica di primo ministro, aumentano le chance del direttore della Banca centrale egiziana Farouk el-Hoda. Mentre Mohammed Ibrahim rimarrebbe al ministero degli interni e il ministro della difesa dovrebbe essere la guida del Consiglio militare in persona, Hussein Tantawi. Lasciando il palco, Morsy ha chiesto la liberazione di Omar Abdel Rahman, lo sceicco cieco in prigione negli Stati uniti per gli attentati alle Torri gemelle del 1993. La sfida tra militari e fratelli musulmani continua.

Il Manifesto
Internazionale, pag.8
sabato 30 giugno 2012


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venerdì 6 luglio 2012

Radio Vaticana, Radiogiornale, ore 19.30, sabato 30 giugno 2012



Il nuovo presidente egiziano, Morsi, giura e promette un nuovo Egitto


Ha giurato davanti alla corte costituzionale, Mohamed Morsi, il presidente eletto egiziano, primo capo di stato non militare, nonché esponente di punta dei Fratelli Musulmani. Morsi subito dopo dall’università del Cairo, ha rivolto un discorso alla nazione. Dal Cairo, Giuseppe Acconcia




http://www.news.va/it/news/il-nuovo-presidente-egiziano-morsi-giura-e-promett
http://www.radiovaticana.org/it1/Articolo.asp?c=601026


giovedì 5 luglio 2012

mercoledì 4 luglio 2012

Lo scontro delle due piazze polarizza i movimenti politici




Egitto/ ATTESI PER IL POMERIGGIO DI OGGI I RISULTATI ELETTORALI

Dietro le quinte del potere arriva la voce dei movimenti in piazza


Giuseppe Acconcia 

IL CAIRO



Intorno al monumento ad Anwar al-Sadat nel quartiere di Medinat Nasser, gli uomini di Shafiq sfidano piazza Tahrir. Tra le gigantografie di un militare con un bambino in braccio e migliaia di bandiere egiziane, polizia e uomini dei Servizi camminano tra i manifestanti. Si sentono dappertutto le urla di chi sembra pagato per fare da comparsa in una parata. “Abbasso al governo del murshid (autorità religiosa)” – gridano. “Questi sono gli egiziani. L’esercito e il popolo sono mano nella mano” – aggiunge Nihad, una donna copta di mezza età.
Tutte le carte sono sul tavolo: le piazze, le coalizioni e le minacce. Sospeso da una settimana, l’Egitto attende l’annuncio del nome del nuovo presidente alle tre di oggi. Tahrir è occupata da cinque giorni. E’ ormai un luogo franco, senza controlli di polizia. Teli e tende coprono ogni aiuola. “Allahu akbar!”: è il grido di battaglia di una piazza bruciata dal sole. Ragazzi spruzzano acqua sulla gente per strada con un innaffiatoio. Tutte le mattine, i carretti di friggitori ambulanti preparano la colazione a base di full e tammeia (fave e felafel). “Morsy è il mio presidente, sono quindici mesi che l’esercito gioca con noi” – dice esasperato Tarek con al petto la foto del leader della Fratellanza. Ragazzi leggono il Corano mentre si coprono il capo con degli ombrellini. Un chioschetto vende succo di tamarindo in bicchieri di alluminio. “Siamo venuti da Aswan perché non lasceremo manipolare il nostro voto” – aggiunge Tamer. La provincia ha invaso il Cairo, dove Shafiq ha vinto. Sono decine i pullman che stazionano sotto i ponti del centro. Hanno accompagnato da ogni regione i pellegrini per questo insolito haj verso Tahrir.
Ma le trattative continuano serratissime, dietro le quinte. I generali parlano con le controparti americane, mentre la giunta militare consulta uno ad uno i leader politici. Il colpo di scena di Mohammed Morsy dello scorso venerdì, mentre a Tahrir c’erano decine di migliaia di persone, ha riaperto i giochi. Il leader di Libertà e giustizia si era presentato alla stampa con il blogger Wael Ghonim, vicino all’amministrazione americana e al leader islamista riformista Aboul Fotuh, Ahmed Maher di 6 aprile e Hamdi Khandil, presentatore televisivo liberale. Morsy ha così annunciato in caso di vittoria la formazione di un governo di coalizione. “In democrazia vince chi ha più voti. In questo caso è Mohammed Morsy” – ha dichiarato al manifesto il blogger Wael Ghonim. “Se l’incarico viene dato a Morsy sceglierà un primo ministro e due vice presidenti tra personalità indipendenti” – ha concluso Ghonim.
D’altra parte, Ahmed Shafiq nella sua dichiarazione di vittoria aveva annunciato vendetta: “la storia è contro chi dall’esterno interferisce sul voto degli egiziani”. L’uomo dei militari aveva lanciato anche un avvertimento contro l’uso intimidatorio della piazza e dei giornali, che lo danno per sconfitto. Mentre, nella giornata di sabato, Shafiq ha anche raccolto l’appoggio dei partiti liberali Wafd (coalizione) e “degli egiziani liberali”, vicino a Naguib Sawiris.
Gli unici a restare fuori dal coro sono i comunisti di Khaled Ali. “Abbiamo seguito un altro percorso lo scorso venerdì. Siamo partiti da Ramsis e abbiamo raggiunto piazza Talat Harb” – ha raccontato al manifesto il coordinatore, Ahmed Samir. “Tutto è possibile ora. Se l’esercito non trova un accordo con i Fratelli musulmani è pronto a far vincere Shafiq” – commenta Ahmed. Due mondi, due piazze, due poli politici distinti: si decide in queste ore se la rivoluzione del 25 gennaio è stata una rivolta islamica o un colpo militare. E resta ormai poco spazio per una terza via. 

Il Manifesto
Internazionale, pag.5
domenica 24 giugno 2012