mercoledì 4 luglio 2012

Lo scontro delle due piazze polarizza i movimenti politici




Egitto/ ATTESI PER IL POMERIGGIO DI OGGI I RISULTATI ELETTORALI

Dietro le quinte del potere arriva la voce dei movimenti in piazza


Giuseppe Acconcia 

IL CAIRO



Intorno al monumento ad Anwar al-Sadat nel quartiere di Medinat Nasser, gli uomini di Shafiq sfidano piazza Tahrir. Tra le gigantografie di un militare con un bambino in braccio e migliaia di bandiere egiziane, polizia e uomini dei Servizi camminano tra i manifestanti. Si sentono dappertutto le urla di chi sembra pagato per fare da comparsa in una parata. “Abbasso al governo del murshid (autorità religiosa)” – gridano. “Questi sono gli egiziani. L’esercito e il popolo sono mano nella mano” – aggiunge Nihad, una donna copta di mezza età.
Tutte le carte sono sul tavolo: le piazze, le coalizioni e le minacce. Sospeso da una settimana, l’Egitto attende l’annuncio del nome del nuovo presidente alle tre di oggi. Tahrir è occupata da cinque giorni. E’ ormai un luogo franco, senza controlli di polizia. Teli e tende coprono ogni aiuola. “Allahu akbar!”: è il grido di battaglia di una piazza bruciata dal sole. Ragazzi spruzzano acqua sulla gente per strada con un innaffiatoio. Tutte le mattine, i carretti di friggitori ambulanti preparano la colazione a base di full e tammeia (fave e felafel). “Morsy è il mio presidente, sono quindici mesi che l’esercito gioca con noi” – dice esasperato Tarek con al petto la foto del leader della Fratellanza. Ragazzi leggono il Corano mentre si coprono il capo con degli ombrellini. Un chioschetto vende succo di tamarindo in bicchieri di alluminio. “Siamo venuti da Aswan perché non lasceremo manipolare il nostro voto” – aggiunge Tamer. La provincia ha invaso il Cairo, dove Shafiq ha vinto. Sono decine i pullman che stazionano sotto i ponti del centro. Hanno accompagnato da ogni regione i pellegrini per questo insolito haj verso Tahrir.
Ma le trattative continuano serratissime, dietro le quinte. I generali parlano con le controparti americane, mentre la giunta militare consulta uno ad uno i leader politici. Il colpo di scena di Mohammed Morsy dello scorso venerdì, mentre a Tahrir c’erano decine di migliaia di persone, ha riaperto i giochi. Il leader di Libertà e giustizia si era presentato alla stampa con il blogger Wael Ghonim, vicino all’amministrazione americana e al leader islamista riformista Aboul Fotuh, Ahmed Maher di 6 aprile e Hamdi Khandil, presentatore televisivo liberale. Morsy ha così annunciato in caso di vittoria la formazione di un governo di coalizione. “In democrazia vince chi ha più voti. In questo caso è Mohammed Morsy” – ha dichiarato al manifesto il blogger Wael Ghonim. “Se l’incarico viene dato a Morsy sceglierà un primo ministro e due vice presidenti tra personalità indipendenti” – ha concluso Ghonim.
D’altra parte, Ahmed Shafiq nella sua dichiarazione di vittoria aveva annunciato vendetta: “la storia è contro chi dall’esterno interferisce sul voto degli egiziani”. L’uomo dei militari aveva lanciato anche un avvertimento contro l’uso intimidatorio della piazza e dei giornali, che lo danno per sconfitto. Mentre, nella giornata di sabato, Shafiq ha anche raccolto l’appoggio dei partiti liberali Wafd (coalizione) e “degli egiziani liberali”, vicino a Naguib Sawiris.
Gli unici a restare fuori dal coro sono i comunisti di Khaled Ali. “Abbiamo seguito un altro percorso lo scorso venerdì. Siamo partiti da Ramsis e abbiamo raggiunto piazza Talat Harb” – ha raccontato al manifesto il coordinatore, Ahmed Samir. “Tutto è possibile ora. Se l’esercito non trova un accordo con i Fratelli musulmani è pronto a far vincere Shafiq” – commenta Ahmed. Due mondi, due piazze, due poli politici distinti: si decide in queste ore se la rivoluzione del 25 gennaio è stata una rivolta islamica o un colpo militare. E resta ormai poco spazio per una terza via. 

Il Manifesto
Internazionale, pag.5
domenica 24 giugno 2012


Nessun commento:

Posta un commento