lunedì 31 dicembre 2012

Radio Colonia, La Costituzione della discordia, mercoledì 26 dicembre 2012



RADIO COLONIA

La Costituzione della discordia
Sendung vom 26. Dezember 2012

In Egitto la nuova Carta costituzionale è stata approvata dal 63,8% dei votanti al referendum, ma restano molti dubbi sul futuro del Paese.
  
Una manifestazione al Cairo
La percentuale di partecipazione al voto è stata piuttosto bassa, il 32,9% della popolazione, secondo quanto riferito dal presidente della commissione elettorale, Samir Abul Maati. Il progetto di Costituzione ha una forte impronta islamista ed è stato duramente contestato dall'opposizione. Il referendum si è svolto in una clima di grandi manifestazioni di piazza. "È un giorno molto triste per l'Egitto, perché sarà istituzionalizzata l'instabilità. Questa Carta divide il Paese e presenta lacune nelle definizioni dei valori fondamentali, dalla libertà di religione a quella di espressione, all'indipendenza del potere giudiziario", ha dichiarato Mohammed el-Baradei, leader dell'opposizione e Premio Nobel per la Pace 2005. Le principali critiche alla nuova Carta riguardano il fondamentale riferimento alla Sharia, la legge islamica, e le contraddizioni presenti in materia di diritti delle donne e delle minoranze. L'opposizione ha annunciato che ricorrerà in appello per presunte "violazioni e irregolarità" durante il voto. Abbiamo parlato dell'esito del referendum costituzionale con il corrispondente dal Cairo del quotidiano "Il Manifesto", Giuseppe Acconcia, autore del libro "La primavera egiziana".

http://www.funkhauseuropa.de/sendungen/radio_colonia/rc_il_tema/2012/12/121226_referendum_aegypten.phtml
http://youtu.be/vRF5KCUtApM

domenica 30 dicembre 2012

Egitto, «Sì» o «No», l’Egitto litiga sul suo futuro


INTERNAZIONALE

Reportage • Un venerdì nelle moschee salafite di Alessandria e tra gli attivisti laici, contrari alla Costituzione che vorrebbe Morsi. Alla vigilia di un referendum al quale il paese arriva spaccato in due

«Sì» o «No», l’Egitto litiga sul suo futuro
Nella seconda città egiziana violenti scontri sono scoppiati tra manifestanti e fedeli in preghiera.





Il Fronte che voterà contro vuole una nuova costituente. Nella quale ci siano anche le donne.



90% ADESIONE RECORD allo sciopero del personale medico di Alessandria contro la nuova Costituzione, che non garantisce il «diritto di tutti alla salute» e un budget al sistema sanitario.

Giuseppe Acconcia



ALESSANDRIA D'EGITTO

Alessandria è spaccata in due. Ad occidente ci sono i quartieri operai di West el-Aghani, el Amereia con le nuove industrie disseminate fino a Marsa Matruh. Al centro si concentrano i ricchi palazzi nei rioni di Kafr Abdu e Rushdy. Ma più il mare è lontano, più i vicoli non asfaltati e i palazzi di mattoni nati senza criterio spuntano ovunque. Il lungomare con la torre di Qait Bey e la biblioteca alessandrina sembrano lontanissimi dagli slum di Nadi Sid e Mopgzar Ali. Siamo arrivati in città a bordo di un microbus tra gente che leggeva la nuova Costituzione per il voto di oggi, mentre ai lati scorrevano le industrie chimiche e di fertilizzanti, le fabbriche di cotone e poliestere, le raffinerie di petrolio. 
Come ogni venerdì i manifestanti delle opposizioni si sono incontrati intorno alla moschea di Kait Ibrahim nel centro della città. Ma questa volta qualcosa è andato storto, non era in gioco soltanto la nuova Costituzione ma il futuro di questa città. Quando lo sheykh al-Mahallawi ha pronunciato queste parole: «È vostro dovere votare ‘sì’ quando domani entrerete nei seggi», i giovani sembravano non credere alle loro orecchie. Nel momento in cui, dagli altoparlanti collocati nel «giardino immortale» dove migliaia di manifestanti si sono accampati in varie occasioni sin dal 25 gennaio del 2011, i rivoluzionari hanno sentito l'incitamento ripetuto due, tre volte, hanno iniziato a lanciare pietre verso l’ingresso della moschea. I fedeli in preghiera hanno allora trascinato alcuni dei giovani all’interno dell’antico edificio. E a quel punto il portone principale della moschea Kait Ibrahim si è chiuso. Lo sheykh è rimasto intrappolato all’interno mentre proseguivano i tafferugli tra i sostenitori e gli oppositori. Tre macchine sono andate in fiamme in seguito al lancio di molotov, mentre un veicolo di salafiti ha raggiunto dopo pochi minuti il luogo degli scontri. I feriti sono oltre dieci, di cui uno è in gravi condizioni. Ma i tafferugli sono andati avanti fino alle porte dell’Università prima che tornasse la calma.
Troppa democrazia vuol dire caos
Ieri mattina, abbiamo partecipato alla preghiera del venerdì nella moschea salafita del quartiere orientale di Alessandria Saba Basha, nel rione Flemming. Qui le contraddizioni sono tali per cui, se le associazioni salafite e il partito el-Nour hanno ottenuto un risultato sensazionale alle elezioni parlamentari della fine del 2011 con un controllo capillare del territorio, il nasserista Hamdin Sabbahi ha vinto al primo turno delle presidenziali. Le preghiere dei salafiti si tengono tra i palazzi sulle stuoie. Le zawaia sono minuscole moschee dove i movimenti salafiti si sono riuniti per decenni, nonostante subissero persecuzioni e censure da parte del regime dell’ex presidente Hosni Mubarak. Ma ora che i salafiti fanno politica alla luce del sole, si vedono striscioni dovunque che spiegano perché votare «sì»: «Giustizia e salario minimo», «Solo quattro anni al potere (durata del mandato del presidente, ndr)». «La legge di dio non è la libertà, l’eccesso di democrazia è il caos», spiegava lo sheykh mentre decine di fedeli ascoltavano seduti sulle stuoie. Piccoli mercati organizzati dal partito el-Nour distribuivano vestiti e alimentari a prezzi bassissimi. «Ma lo facciamo tutto l’anno», ci ha spiegato Mohammed Hani, responsabile del partito. Più avanti, tra i vicoli del quartiere Dahreia, i Fratelli musulmani distribuivano latte, carne e olio nelle case delle famiglie più povere. «Voglio la stabilità per il mio paese, se votiamo ‘sì’ avremo di nuovo un parlamento, abbiamo bisogno della Costituzione», ne era certo Mohammed Gaber, contabile che ha appena finito la sua preghiera. Nelle vetrine dei negozi si vedevano poster che incitavano a votare: «Nam al-doustour», sì alla Costituzione. «La nuova Costituzione garantisce le libertà religiose, i diritti di cristiani ed ebrei», ci ha assicurato Abdallah, giovane britannico convertito con una lunga barba rossa e in tunica. Ma quando gli abbiamo chiesto dell’articolo 218 che accresce il ruolo della sharia nella giustizia ordinaria, si è infervorato: «C’erano anche i copti quando questo articolo è stato approvato nell’Assemblea costituente. Dobbiamo ammettere le scuole di interpretazione sunnita per evitare l’invasione sciita che è in corso», ha continuato senza freni. Nei pressi della moschea, abbiamo incontrato Nader Bakar, parlamentare salafita e attivista per il «sì». «Finalmente c’è equilibrio tra capitalismo e socialismo. Non solo la nuova Costituzione limita i poteri del presidente e dà nuove funzioni al governo», ci ha assicurato Nader. «Gli articoli sulla sharia finalmente ampliano l’applicazione della legge islamica e non la limitano solo al 5 per cento come avveniva nella Costituzione del 1971», è stata la risposta del politico. Molti salafiti estremisti non andranno alle urne perché temono che «la nuova Costituzione non sia abbastanza islamica».
L’altra parte della città
Ma l’altra parte di Alessandria è pronta a votare «no» alla nuova Costituzione. Abbiamo partecipiamo alla riunione di coordinamento del Fronte di salvezza nazionale in attesa del voto di sabato. I cartelloni del «no» sono affiancati dal colore di una treccia che unisce i tre movimenti contrari alla Costituzione. Tarek Moktar ha organizzato lo sciopero dei medici che è ancora in corso ad Alessandria. «Chiediamo che venga assegnato un budjet per il sistema sanitario, di stabilire che la salute è un diritto di tutti e l’aumento dei salari del personale ospedaliero. Sta scioperando oltre il 90 per cento del personale medico perché la Costituzione non va in questa direzione. Anzi dal giorno in cui i Fratelli musulmani hanno preso il controllo del sindacato, impediscono le nostre proteste», ha denunciato Tarek. Tra una pausa dei lavori e la distribuzione di volantini, Susan Nada, segretario del partito socialista dei lavoratori, ha raccontato che «giovedì scorso esponenti dei Fratelli musulmani hanno aggredito il parlamentare Abu Azz Hariri, mentre la sicurezza centrale lanciava lacrimogeni contro gli attivisti che tentavano di avvicinarsi alla sede del movimento dei Fratelli musulmani». E sulla Costituzione Nada non ha dubbi: «L’Assemblea costituente è illegittima, non c’erano rappresentanti di donne, contadini, studenti e lavoratori. Vogliono privatizzare completamente il sistema sanitario e inibire il movimento sindacale. Se la Costituzione del 1971 stabiliva nel 6 per cento i profitti da distribuire ai lavoratori ora non c’è nessun riferimento preciso. Non è questo il risultato della nostra rivoluzione», ha concluso Nada. Sui limiti della Costituzione, Amr Said, del partito el-Dostour del premio Nobel Mohammed el-Baradei ha aggiunto: «Vorrei che venisse eletta una nuova Assemblea costituente. La cosa che più mi preoccupa è il grande potere del presidente. Se vincono i ‘sì’ sarà lui a nominare tutte le istituzioni che dovrebbero supervisionare il suo operato», ha aggiunto Amr.
Lo scontro sulla Costituzione si fa sempre più accesso tra le facoltà di Legge e Ingegneria dell’Università di Alessandria. Il leader dell’unione studentesca islamista, Ahmed Omar, ha fatto tappezzare l’ateneo di manifesti bianchi in cui si legge perentoriamente: «Elementi della Legge islamica: Corano e Hadith (tradizione del profeta, ndr)». Ma Miral, Ihab e Walaa non si arrendono. Portavano decine di cartelloni per la campagna per il «no». «Vogliono azzittire noi donne, molte voteranno ‘sì’ perché non credono che la Costituzione possa causare loro dei problemi. Noi siamo qui a spiegarglielo», ha ammesso Miral. «La Costituzione deve essere il risultato di un accordo condiviso e non la volontà di una parte imposta ad un’altra. Credo che se venisse approvata la legge avrà più importanza della Costituzione», ha ribattuto Ihab. Alessandria si prepara al voto, ma l’odore del mare sembra non raggiungere le grandi case dei quartieri popolari. 

Il Manifesto
Internazionale, pag. 6
sabato 15 dicembre 2012
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sabato 29 dicembre 2012

Egitto, incidente di Assyout



STRISCIA DI SANGUE


EGITTO
Incidente stradale, 
strage di bambini


Giuseppe Acconcia
È di 50 morti, tra cui 44 bambini, il bilancio dell’incidente avvenuto ieri ad Assiut. Nella città del sud dell'Egitto, lacerata da vari episodi di settarismo tra copti e musulmani, un treno ha travolto il bus di una scuola. I testimoni hanno assistito ad una scena agghiacciante. «C’erano corpi coperti di sangue tra cartelle e quaderni», ha raccontato tra le lacrime Yasmine, un’insegnante del villaggio di Manfalout, a pochi chilometri dalla collisione. Secondo le autorità locali, a provocare l'incidente, sarebbe stata una negligenza dell'addetto alla chiusura del passaggio a livello, subito arrestato, che al momento della collisione «stava dormendo». «Ci hanno detto che il passaggio a livello era aperto nel momento in cui il bus attraversava i binari», ha denunciato Mohamed Samir, medico dell’ospedale di Assiut. In seguito all’incidente, si sono dimessi il ministro dei trasporti, Rashad al-Matini, e il capo delle ferrovie, Mustafa Qenawi. Il presidente Mohammed Morsy ha ordinato che venga aperta un'inchiesta. Tuttavia, decine di persone stanno manifestando chiedendo le dimissioni del governatore di Assiut, Yahya Kishk. La questione della sicurezza delle strade è quanto mai sensibile in Egitto e uno dei temi che in campagna elettorale ha favorito la vittoria islamista.


Il Manifesto
Internazionale, Striscia di sangue, pag.5
domenica 18 novembre 2012

venerdì 28 dicembre 2012

«Questa nuova Costituzione nega i diritti delle donne»



INTERNAZIONALE

Egitto-Intervista / PARLA L’ATTIVISTA AZZA KAMEL


«Questa nuova Costituzione nega i diritti delle donne»


Giuseppe Acconcia
IL CAIRO

La nuova Costituzione egiziana potrebbe mettere a rischio le aspirazioni di milioni di donne. Dopo le scene di violenze di piazza che hanno colpito in particolare le donne nelle manifestazioni dello scorso dicembre e i test della verginità imposti alle manifestanti l’8 marzo 2011, ne parliamo con Azza Kamel, attivista per i diritti delle donne e cooperante.
Quale sarà il posto della donna nella nuova Carta fondamentale egiziana?
«La nuova Costituzione fa a pezzi i diritti delle donne. Il ruolo della donna nella vita pubblica viene limitato e molti dei suoi diritti violati. Un esempio evidente è l’assenza del crimine di traffico di uomini e donne. Non solo, questo testo non parla dei diritti dei bambini. Se un giudice volesse applicare la sharia (legge islamica, ndr), una bambina di nove anni potrebbe sposarsi con il permesso dei genitori».
Ma i limiti di questa Costituzione sembrano più generali?
«Viene concesso il diritto allo stato e alla società di monitorare il comportamento etico delle persone. Questo significa che non sarà difficile trovare gruppi di fanatici, ispirati da politiche islamiche, che possono intervenire arbitrariamente in strada. Succede in Arabia Saudita dove gruppi armati di bastoni censurano il comportamento delle donne se non rispettano precisi dettami a cui loro fanno riferimento. Lo stesso potrebbe succedere in Egitto. Qui ci potrebbero essere specifici gruppi di salafiti e Fratelli musulmani a controllare il modo di vestire delle donne, il loro modo di camminare. Queste persone potrebbero intervenire denunciando un comportamento che arbitrariamente ritengono scorretto. Non solo, se un uomo e una donna camminano insieme per strada potrebbero chiedere loro un certificato di matrimonio, se non ce l’hanno possono essere processati entrambi».
E il pericolo principale viene dall’articolo 219 con l’estesa applicazione della legge islamica?
«La sharia diventerebbe uno strumento di controllo sociale. Un marito potrebbe non concedere il permesso a sua moglie di uscire o lavorare. E questo porrebbe limiti ancora maggiori alle donne cristiane, che già sono costrette, per la loro condizione di minoranza religiosa, ad imporsi limiti nel modo di vestirsi e nel rapporto con gli uomini, che in altri paesi non hanno. Ma potrei continuare».
Per l’assenza di giudici ci sono state molte violazioni nel voto dello scorso sabato?
«Ho notizie di violazioni in molte scuole, specialmente legate alla presenza di donne. Gli islamisti temono che le donne votino “no” in massa. Per questo molte donne non sono potute neppure entrare nei seggi. Hanno ritardato le operazioni di voto e così centinaia di elettrici hanno atteso dieci ore prima di lasciare i seggi esauste».
In realtà le condizioni delle donne in Egitto erano già pesantemente compromesse prima delle rivolte?
«Secondo il codice in vigore, nei processi civili e penali non esiste l’uguaglianza tra uomini e donne. Non viene riconosciuto il diritto di abortire ma solo in caso di pericolo per la vita della donna. Come se non bastasse, sul tema terribile delle mutilazioni genitali femminili non si fa nessun cenno neppure nella nuova Costituzione, che non protegge il corpo delle donne. Il tasso di circoncisione femminile rimane all’85% in Egitto e non accenna a diminuire, sebbene questa pratica prosegua soprattutto nelle zone rurali».
Dopo le rivolte, è cambiato qualcosa nella rappresentazione delle donne in parlamento e nei partiti politici?
«Nel dissolto parlamento erano presenti appena 9 donne su 508 deputati, mentre in Assemblea costituente erano 6 su 100 membri. Non solo, il comitato di saggi, formato dopo le rivolte, includeva solo una donna su 30 anziani. Non sono state nominate donne nei governatorati e nel governo la presenza femminile è ridicola. Inoltre, il presidente Morsi non ha neppure rispettato la sua promessa di nominare un vice-presidente donna. E poi, non riesco a confrontarmi con le donne militanti in Libertà e giustizia perché sono anti femministe. Per esempio, credono che sia giusto che un uomo possa sposare più di una donna, nella circoncisione e nel matrimonio delle minorenni».   
Infine, esiste un allarme molestie sessuali durante le manifestazioni. È così?
«Effettivamente le molestie sono collegate alle manifestazioni. Gli islamisti sono spaventati dalla massiccia presenza di donne nelle manifestazioni. Credo che vogliano fermare una maggiore partecipazione politica delle donne. Ma in queste proteste contro il referendum costituzionale le donne sono ancora una volta in prima fila».

Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
giovedì 20 dicembre 2012
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giovedì 27 dicembre 2012

Risultato primo turno e manifestazioni


Radio Vaticana
Radiogiornale ore 8.00,
mercoledì 19 dicembre 2012


Egitto. Opposizione ancora in piazza contro Costituzione e referendum



Egitto. Ancora in piazza ieri il Fronte di Salvezza Nazionale, che raccoglie le principali forze dell'opposizione. Al Cairo circa 2mila persone hanno contestato la bozza della nuova Costituzione filo-islamista e il referendum che dovrebbe sancirne l'adozione. Un appello al dialogo è stato lanciato dal ministro della Difesa, il generale al-Sissi. La prima fase elettorale ha visto vincere il fronte del “si” capitanato dai Fratelli Musulmani, molte le accuse di brogli, sabato ci sarà il secondo turno. Giuseppe Acconcia:

Quattro cortei indetti dal Fronte di salvezza nazionale hanno raggiunto il palazzo presidenziale di Ettehadeia a Heliopolis. Piazza Tahrir è invece presidiata permanentemente dai giovani dei movimenti. Dopo la diffusione di dati ufficiosi che vedrebbero in vantaggio i «sì» alla nuova Costituzione con il 56,6% dei consensi, le opposizioni hanno chiesto di annullare il voto per l’assenza di giudici che supervisionino le procedure elettorali. Oltre il 60% dei magistrati infatti ha partecipato al boicottaggio del voto in seguito alla dichiarazione costituzionale che ampliava i poteri del presidente, emessa e poi ritirata da Mohammed Morsi. In una lettera alle corti di appello, il ministro della giustizia, Ahmed Mekki ha assicurato che verranno avviate indagini per violazioni delle procedure elettorali. A peggiorare la crisi politica, sono arrivate ieri anche le dimissioni del nuovo procuratore generale la cui nomina da parte del presidente Morsi era stata contestata dalle opposizioni.  


http://www.news.va/it/news/egitto-opposizione-ancora-in-piazza-contro-costitu
http://it.radiovaticana.va/news/2012/12/19/egitto._opposizione_ancora_in_piazza_contro_costituzione_e_referendum/it1-648782

lunedì 24 dicembre 2012

Da oggi il voto


INTERNAZIONALE


Reportage • Un venerdì nelle moschee salafite di Alessandria e tra gli attivisti laici, contrari alla Costituzione che vorrebbe Morsi. Alla vigilia di un referendum al quale il paese arriva spaccato in due


DA OGGI IL VOTO


Urne aperte per il quesito, i brogli sono dietro l’angolo

Oggi si vota al Cairo, Alessandria e in 27 province egiziane per il referendum costituzionale. Nelle altre province egiziane le urne si apriranno il 22 dicembre. Dure accuse sono state mosse dalle opposizione per possibili brogli in riferimento a due giorni non consecutivi di voto. Mentre il Centro Carter si è rifiutato di supervisionare il voto con la giustificazione di non aver avuto abbastanza tempo per organizzare il monitoraggio. Tuttavia, il ministero dell'interno egiziano ha fatto sapere che adotterà «tutte le misure necessarie» per evitare il «sabotaggio» del referendum. Non solo ha negato che ci siano stati brogli nel voto degli egiziani all’estero.
I gruppi di opposizione egiziana si sono dati appuntamento ieri in piazza Tahrir e intorno al palazzo presidenziale di Ittihadeia. Dal canto suo, Morsi ha definito le opposizioni «controrivoluzionarie». Mentre i leader del movimento islamista hanno negato di aver bloccato il tentativo di dialogo promosso dalle Forze armate. Nei giorni scorsi il ministro della difesa el-Sisi aveva invitato le opposizioni a discutere, ma l’incontro era stato cancellato in fretta e furia. Infine, politici di Libertà e giustizia hanno accusato le opposizioni di aver causato la morte del giornalista Hussein Abu Deif negli scontri contro il decreto voluto da Morsi.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 6
sabato 15 dicembre 2012
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domenica 23 dicembre 2012

È battaglia sul referendum


INTERNAZIONALE

EGITTO · Scontri pro e anti Morsi al palazzo presidenziale di Heliopolis, almeno due vittime

È battaglia sul referendum
Mobilitati anche i Fratelli musulmani. Le opposizioni: «Via il decreto presidenziale, annullamento del referendum costituzionale del 15, nuova Assemblea costituente»

Giuseppe Acconcia

«Il sangue versato annulla la legittimità di Morsi». È con queste parole che Hamdin Sabbahi, leader nasserista dell’opposizione egiziana, ha commentato gli scontri di ieri. Ha parlato in una conferenza stampa insieme ai liberali, Mohamed el-Baradei e Amr Mussa. Martedì sera era trapelata la notizia che i tre leader politici sono indagati per spionaggio. Dalle opposizioni, questa viene considerata un’azione intimidatoria, in perfetto stile Partito nazionale democratico. L’ex presidente Mubarak aveva usato un deterrente simile nel 2010 per prevenire proprio l’impegno politico e la partecipazione diretta di el-Baradei, che di conseguenza aveva lasciato il paese. 

Dopo l’assedio del palazzo presidenziale di martedì sera con la fuga improvvisa di Morsi, centinaia di manifestanti hanno dormito nelle tende allestite sui marciapiedi di questo quartiere residenziale che si trova sulla strada per l’aeroporto. Morsi era poi tornato a lavoro nella mattina di ieri. Nel pomeriggio, attivisti laici, socialisti e copti hanno organizzato un’unica manifestazione intorno al palazzo del presidente. Le opposizioni hanno richieste concrete ma di poco probabile realizzazione: il ritiro del decreto presidenziale, l’annullamento del referendum costituzionale del prossimo 15 dicembre e la formazione di una nuova Assemblea costituente, inclusiva di tutte le anime della società egiziana. 
Anche i Fratelli musulmani hanno chiamato alla protesta, sempre alle porte di quel luogo una volta irraggiungibile: il palazzo di Heliopolis. «Le divisioni saranno superate solo con il ricorso alle urne, non con il sabotaggio del paese e dell’economia», si leggeva in un documento che circolava per strada. «Le manifestazioni non pacifiche sono un’offesa per l’Egitto, ma gli egiziani salveranno i profitti della nostra grande rivoluzione», continuava il testo, siglato Libertà e giustizia e el-Nour. 
Nonostante gli scontri di ieri, fino al primo pomeriggio non era presente nessun poliziotto ad Heliopolis. In serata sono arrivate le forze della Sicurezza centrale che hanno montato una barriera tra i manifestanti pro e anti Morsi esacerbando lo scontro. Quando le due fazioni di manifestanti hanno raggiunto il Palazzo, è iniziata una sassaiola che ha provocato due morti e decine di feriti di cui alcuni in gravissime condizioni. Non solo, dopo aver appreso la notizia, uno dei consiglieri del presidente, Seif Abdel Fatah, ha annunciato le sue dimissioni in nome dei «martiri caduti». 
Ma a gettare acqua sul fuoco sono arrivate le rassicurazioni di vari politici. Il vicepresidente Mahmoud Mekki ha detto che gli articoli «contestati» della costituzione possono essere modificati. Mekki ha aggiunto che il referendum costituzionale si terrà come previsto il 15 dicembre. Tuttavia, il vicepresidente ha ventilato la possibilità che Morsi non metta in atto la dichiarazione costituzionale. «Un giudice non avrebbe mai scritto un testo del genere. Ed è vero che colpisce l’indipendenza della magistratura, lo dico da giudice. Ma è stata emessa in circostanze particolari», ha concluso. 
Come se non bastasse, la notizia della supervisione del referendum costituzionale da parte dei giudici aveva diffuso ottimismo nella borsa del Cairo. Tuttavia, nella giornata di ieri sono arrivati i primi distinguo. Primi fra tutti, Ahmed Zend, a guida del sindacato dei giudici, e Abdallah Fathy, vice presidente della corte di Cassazione, hanno assicurato il boicottaggio del voto se la dichiarazione costituzionale restasse in piedi. Nelle prossime ore Morsi dovrà fare delle concessioni oppure confermare la sua svolta autoritaria. Ormai è rimasto poco del presidente acclamato dal popolo egiziano come l’unica possibilità di cambiamento. I Fratelli musulmani si mostrano perfetti delegati dell’esercito, che come al solito attende e così difende l’uomo che ha scelto.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 7

giovedì 6 dicembre 2012

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sabato 22 dicembre 2012

Scontri ad Alessandria d'Egitto



Rainews 

Referendum costituzionale, scontri ad Alessandria d'Egitto. 

venerdì 14 dicembre 2012

venerdì 21 dicembre 2012

Referendum sotto inchiesta per brogli


INTERNAZIONALE

URNE TRUCCATE · Ong e opposizioni accusano

Referendum sotto
inchiesta per brogli

Giuseppe Acconcia
IL CAIRO


Nel pieno dello scontro sulla Costituzione vengono mosse nuove accuse di brogli e irregolarità. La Commissione elettorale ha aperto un’inchiesta per le violazioni ai regolamenti durante il primo turno del referendum, che si è tenuto lo scorso sabato. Il Consiglio nazionale dei diritti umani, un cartello che unisce le principali ong del paese, ha inviato 350 fascicoli alla Commissione elettorale con accuse di brogli.
Su questo abbiamo sentito Zyad Abdeltawab, vice direttore del Cairo Institute for Human Rights Studies. «Le elezioni si sono svolte in un contesto di intimidazione dei civili e del sistema dell’informazione, con diffuse obiezioni sulla stessa formazione a maggioranza islamista nell’Assemblea costituente. Dopo la dichiarazione presidenziale del 22 novembre, la maggior parte dei giudici ha rifiutato di supervisionare il voto, mettendo a rischio la sua validità secondo standard internazionali», ha spiegato Zyad. Non solo, nessuna Istituzione internazionale ha monitorato il voto, neppure la società civile egiziana ha potuto partecipare alle procedure di controllo. Attivisti dei Fratelli musulmani hanno impedito ad avvocati ed operatori di entrare nei seggi. «Abbiamo riscontrato una gamma infinita di violazioni - ha proseguito Zyad - dal ritrovamento di schede bianche fuori dai seggi, alla propaganda religiosa per il “sì” all’interno delle moschee, fino ai ritardi nelle votazioni nei seggi per donne. Inoltre, molti seggi hanno chiuso prima del tempo stabilito e il risultato è stato annunciato ben prima della fine delle procedure elettorali. Infine, a molte donne è stato chiesto un voto collettivo o di delega».
A queste accuse si sono uniti i rilievi dei movimenti di opposizione. Secondo il Fronte nazionale di salvezza, per rendere possibile il voto, alcuni esponenti dei Fratelli musulmani si sono sostituiti ai giudici assenti in molti seggi. Anche noi abbiamo testimoniato questo scambio di persona nella scuola del quartiere Zaawia del Cairo nella Madrasat Salam. In seguito ai gravi dubbi sulla validità del voto, il ministro della giustizia, Ahmed Mekki, ha inviato una lettera alle corti d'appello delle circoscrizioni dove si è già votato per il referendum costituzionale chiedendo che siano aperte inchieste sulla base delle denunce di irregolarità presentate.
Dopo il boicottaggio da parte delle opposizioni del dialogo sulla Costituzione, voluto unilateralmente dal presidente Morsi, l'Assemblea costituente egiziana ha invitato i leader delle opposizioni, Mohmamed el-Baradei, Amr Mussa, Hamdin Sabbahi e il leader del partito Wafd, Sayed el Badawi, in un incontro «per un dialogo pubblico, nazionale e trasparente» sul «no» alla Costituzione per venerdì prossimo. Anche il tentativo di dialogo, avviato la scorsa settimana dal ministro della difesa el-Sisi, era fallito soprattutto per un dietrofront repentino da parte degli islamisti che avevano fatto saltare il tavolo di mediazione.

Ieri le opposizioni hanno chiamato alla mobilitazione prima del voto di sabato. Quattro cortei indetti dal Fronte di salvezza nazionale hanno raggiunto il palazzo presidenziale di Ettehadeia a Masr el-Gedida. Nei giorni scorsi erano state costruite le barricate per impedire che i manifestanti raggiungessero il palazzo presidenziale. Negli scontri tra pro e anti Morsi erano morte 10 persone e centinaia sono rimaste ferite. Da quel momento il palazzo di Heliopolis è stato presidiato giorno e notte dalla guardia presidenziale. D’altra parte, piazza Tahrir resta occupata permanentemente dal «popolo della rivoluzione», giovani dei movimenti che da giorni hanno costruito un accampamento nell’aiuola centrale e all’ingresso del palazzo delle amministrazioni pubbliche (Mogamma).


Il Manifesto
Internazionale, pag. 9
mercoledì 19 dicembre 2012

giovedì 20 dicembre 2012

Referendum, un giorno storico. A metà


INTERNAZIONALE

EGITTO · Code ai seggi e partecipazione senza precedenti. Il voto tra donne e copti nei quartieri popolari

Referendum, un giorno storico. A metà
In fila per votare la nuova Costituzione. L’opposizione laica per la prima volta ha deciso di non boicottare i seggi


Giuseppe Acconcia
IL CAIRO

Morsi è riuscito in cinque mesi di presidenza a cementare il dissenso verso i Fratelli musulmani. Mentre scriviamo le code fuori dai seggi organizzati nelle scuole del Cairo sono interminabili. In nessuna tornata elettorale si è registrata una partecipazione simile. Se un solo egiziano assicura per strada di votare «sì» alla nuova Costituzione, ce ne sono decine che lo circondano e gli spiegano le ragioni del «no». E a recarsi in massa alle urne questa volta è stata soprattutto l’opposizione laica che per la prima volta ha deciso di non boicottare i seggi.
Seguiamo le operazioni di voto nel quartiere popolare e operaio di Zaawia, nella periferia occidentale del Cairo. Tra i rifiuti che bruciano negli angoli delle strade sguazzano le oche. Tra tok tok (le vespette a due posti) che strombazzano con musica assordante, dei biliardi sono sistemati sotto le tende dove i bambini giocano per ore. Ibrahim custodisce una fabbrica di fertilizzanti abbandonata e si riscalda ad un fuoco appena acceso. Assicura che presto arriveranno nuovi investimenti ma non si sa quando. In fondo si vedono le ciminiere della centrale elettrica e i cancelli di industrie che producono alimenti (Bisco Misr). Capri e pecore si nutrono da piccole mangiatoie di legno e una donna resta su un’antica poltrona mentre il fumo di un fuoco sale da un secchio arrugginito. Dall’abitacolo di una vettura, si sente la radio che trasmette un messaggio di sostegno per il «no»: «le strade del Cairo non sono felici, nessuno è soddisfatto di questa Costituzione», ammonisce lo speaker.
Il voto dei copti e le ragioni delle donne
Alle porte della Madrasa Salamat siamo testimoni dei primi alterchi tra sostenitori e oppositori della Costituzione. «Il presidente ha poteri eccessivi, non c’è un salario garantito ma solo connesso alla produzione», spiega Mahmoud, insegnante della scuola. «Dovrebbe essere previsto un quorum perché il risultato sia accettato da tutti. Dicono che il ‘sì’ riporterebbe la stabilità, ma io penso che causerà nuove manifestazioni», ribatte Mohsen. Entriamo nel seggio, i giudici alla fine hanno preso parte alle procedure elettorali. Quattro banchetti sono sistemati al lato dell’urna, mentre gli uomini in fila si fermano pochi secondi per colorare un dito della mano con l’inchiostro indelebile. Hanno appena votato dietro un minuscolo paravento di plastica. I poliziotti presidiano gli ingressi delle minuscole aule, i militari restano seduti nel cortile o si affrettano all’ingresso. Poco più avanti, nei pressi di una moschea salafita, sono sistemati dei banchetti che danno un foglietto agli elettori. In questo modo gli islamisti estremisti controllano chi voterà per il «sì». Nei vicoli del quartiere i cristiani si mescolano nel tessuto urbano. «I Fratelli musulmani sono il problema. Ho assistito alla distribuzione di pezzi di carne nel mio palazzo da parte di islamisti. Ai poveri basta un tozzo di pane per votare ‘sì’», denuncia George, farmacista copto circondato dalle foto di papa Shenouda III e del suo successore Tawadros II. Parliamo con padre Antonius. Sembra felicissimo di potersi sfogare contro la Costituzione: «La religione islamica sarà al di sopra della legge, così i copti saranno d’ora in avanti egiziani a metà». Nel suo piccolissimo studio in legno, abuna Antonius siede insieme ad un esponente dei Fratelli musulmani che gli chiede perché voterà «no». «Una bambina potrà sposarsi se vengono seguiti i precetti della legge islamica, il presidente può abrogare le leggi approvate in parlamento, decidere con ampia libertà di graziare criminali condannati, mentre il Sinai non viene protetto e per la difesa della Palestina si fanno solo chiacchiere», enumera il padre mostrando una lista di punti problematici che gli è stata trasmessa dalle opposizioni.
Incredibile è l’atmosfera di ressa e tensione mista a impazienza dell’interminabile coda di donne alla scuola Mistamara nel quartiere Zaawia. «Rifiuto l’intera Costituzione», taglia corto Sharbat, casalinga che porta un piccolo foulard azzurro sul capo. Ma subito interviene una donna che urla: «Siamo felici della Costituzione, questo devono dire tutti, è la prima volta che il popolo egiziano ha scritto la sua Carta. Ed è vantaggiosa specialmente per i poveri e per i cristiani». La ressa si fa irrazionale, le donne vengono schiacciate ai cancelli.
I salafiti di Zeitoun
Ci dirigiamo verso il quartiere di Zeitoun, molte di queste strade sono abitate da salafiti. Alla fermata della metro, in un piccolo chiosco si vendono kebdà e sugò (fegato e interiora). «Voto ‘no’ perché non sono soddisfatta degli articoli sul potere dei militari, l’assistenza sanitaria e l’educazione. E la Costituzione non è stata scritta da tutti», è il commento di Menal alle porte dell’Istituto tecnico al-Tawira. A quel punto interviene una donna completamente avvolta in un nikab nero che lascia appena lo spazio per gli occhi: «Ma hai letto la Costituzione? Se hanno lasciato l’Assemblea costituente (liberali e socialisti, ndr) lo hanno fatto di loro volontà e solo alla fine dei lavori». Menal non ci sta e si infervora: «Negli altri paesi la Costituzione è stata scritta in due anni qui in poche settimane, la gente non ha lavoro e vengono tolti dei diritti conquistati». In uno di questi vicoli nei quali lo spazio tra le case ai due lati della strada è di poco più di un metro, parliamo in italiano con Abdallah. È tornato in Egitto dopo aver trascorso in Italia tre anni nei quali è stato l’imam di Bergamo. «È una giornata storica, sono felice di questa Costituzione e della centralità dell’Islam», sembra davvero sù di giri. Ma non pare dello stesso avviso la moglie, Nureddin, avvolta in un velo integrale che cerca con lo sguardo la complicità di alcune amiche e non dice neppure una parola. 

In pochi mesi i Fratelli musulmani hanno eroso la loro grande eredità di decenni di opposizione politica semi-clandestina. Morsi ha commesso molti errori: dal decreto pigliatutto del 22 novembre scorso che, agli occhi di molti, lo ha trasformato in un nuovo «faraone», all’incitamento a manifestare in occasione del film blasfemo diffuso negli Stati uniti fino all’accordo per la tregua tra Hamas e il governo israeliano nel favorire il quale ha agito in continuità con il regime di Mubarak. Se la Costituzione venisse approvata sarà una giornata storica solo per metà degli egiziani. Non solo, sarà dato via libera alla costruzione di uno stato assistenziale che non garantisce la giustizia sociale, verrà cancellato il principio di laicità dello Stato e verrà sancita un’evidente continuità con il vecchio regime nei rapporti con l’esercito e in politica estera.


Il Manifesto
Internazionale, pag. 5
domenica 16 dicembre 2012


mercoledì 19 dicembre 2012

La «rivoluzione» non si ferma


INTERNAZIONALE

EGITTO · Enormi manifestazioni pro e contro il referendum. Timide prove di dialogo nazionale
La «rivoluzione» non si ferma
Le strade del Cairo invase dai Fratelli musulmani, che difendono Morsi a oltranza, e dalle proteste dell’opposizione, che ancora spera in un annullamento del voto sulla costituzione. Segni di distensione dall’esercito


Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
«Il nostro popolo vedrà la luce, se sarà approvata la Costituzione», hanno intonato le migliaia di sostenitori della Fratellanza intorno alle moschee Adawia e al-Rashadan di Medinat Nassr al Cairo. Mohammed e Ibrahim urlavano il loro sostegno per Morsi sulle schiene di altri giovani attraverso piccoli altoparlanti: «Siamo con il presidente», promettevano. Tra la folla, alcuni anziani in galabeya, lunga tunica tradizionale, distribuivano copie gratuite, con una copertina verde, della bozza della Costituzione che sarà votata il prossimo sabato. Nei loro slogan, i sostenitori della Fratellanza non hanno risparmiato nessuno: dai leader dell’opposizione alla Corte costituzionale. E così si costruisce di ora in ora un fronte compatto per il «sì» ai 236 articoli della nuova Carta. «Sto leggendo la Costituzione e mi piace. Voterò ‘sì’ per il ritorno della stabilità. Non mi spaventa che le opposizioni manifestino, ci vuole tempo perché venga realizzato quello che Morsi ha promesso», ci ha assicurato Mohammed Abdel Raham. Khaled, invece, giovane farmacista, ha ammesso di avere delle riserve: «Ci sono cose minori da cambiare, ma il nuovo parlamento potrà ritoccare il testo che sarà approvato sabato». Non è della stessa opinione Walid, passeggero del piccolo camioncino che ci ha condotto per le arterie della città, insieme ad undici passeggeri, per arrivare a Masr el-Ghedida o Heliopolis, come la chiamano i ricchi stranieri che vivono sulla strada per l’aeroporto. «Non può essere Morsi a migliorare questo paese se cambia idea ogni giorno, come ha fatto con la dichiarazione costituzionale», ha ribattuto il giovane. E infatti la scena di Ittihadeia, il palazzo presidenziale sotto assedio da una settimana, è ben più tesa che tra le moschee degli islamisti.
Il fronte del «no» ancora non esiste. Questa gente spera che il referendum venga cancellato all’ultimo momento. Con loro ci sono liberali, socialisti, copti, ma sono riapparsi anche i feloul, gli uomini del vecchio regime o del dissolto Partito nazionale democratico, che in molte occasioni hanno chiesto di bocciare la nuova Costituzione. «Perché Hamdin Sabbahi (leader nasserista, ndr) è volato negli Emirati ad incontrare Ahmed Shafiq (ultimo primo ministro nominato da Mubarak, ndr)?», ha chiesto provocatoriamente Anas ai suoi amici nel bar Estorant di Roxy, sorseggiando un tè. Il dubbio di questi attivisti è se votare o boicottare il referendum costituzionale. Più avanti in via Mamelik erano già sistemate ambulanze e tende di emergenza, nei giorni scorsi sono morte ben nove persone in queste strade. E così, sono apparsi tutt’intorno al palazzo di Morsi, pannelli di plastica gialla con minuscoli fori nei pressi dei marciapiedi attraverso cui i manifestanti confluivano verso il palazzo. Mentre sotto i portici di Roxy, la guardia presidenziale controllava uno ad uno le persone in entrata, a lato si vedeva divelto del filo spinato. I primi slogan in via Ibrahim Lakani dicevano «Abbasso, abbasso, il governo del murshid (guida spirituale islamica, ndr)», ma un passo più in là i marciapiedi erano stati già trasformati in bar all’aperto con decine di sedie di plastica, mentre dei bambini tenevano su un pezzo di legno bicchieri, zucchero e caffè.
La guardia presidenziale era schierata in fila sui marciapiedi che costeggiano il palazzo di Morsi. A Ittihadeia si è trasferita la gente di Tahrir, il nuovo spazio della pretesta è enorme e il palazzo del presidente estremamente vicino. È qui che si sta combattendo la battaglia finale contro il referendum o l’ultima passibilità di salvare la rivoluzione. Un signore marciava con un carretto finto al guinzaglio, mentre gli Ultras illuminavano i palazzi con i loro laser. «Rifiuto le decisioni di Morsi, dà gli ordini come un dittatore. Per ora non vogliamo che il referendum ci sia perché ogni volta diventa un voto pro o contro il presidente. Invece sono in gioco le basi del nuovo Egitto, per questo sarà il momento di dire «no» con tutta la nostra forza e non di boicottare il voto», ci ha raccontato Naiera, attivista vicina al premio Nobel per la pace el-Baradei. Con il passare delle ore, sono arrivati i cortei dai quartieri di Mataria e Abbasseia. «Il popolo vuole la fine del regime», gridavano decine di donne, usando le stesse parole del 25 gennaio 2011. A quel punto, alcuni manifestanti hanno tentato di scavalcare le barricate sistemate dall’esercito e si sono avvicinati al palazzo di Morsi.       
Ma ieri sera sono arrivati i primi segni di distensione dal leader dei Fratelli musulmani. Il ministro della difesa e comandante delle forze armate, Abdel Fatah el-Sisi, ha rivolto un appello a rivoluzionari, ai vertici della moschea al Azhar, copti, giudici, giornalisti e artisti per riavviare il dialogo nazionale. Mentre, in una nota, il presidente Morsi ha precisato che l’invito alla distensione viene prima di tutto dal presidente. Non solo, ha fatto sapere che i civili arrestati dall’esercito in questi giorni non compariranno davanti a corti militari, tentando così di gettare acqua sul fuoco alle polemiche dei giorni scorsi in merito ai poteri speciali conferiti ai militari. Nonostante ciò, il 90 per cento dei giudici si rifiuta ancora di supervisionare il referendum costituzionale. Quale sia l’esito di questo ennesimo tentativo di dialogo è difficile dirlo, lo scorso sabato nessun esponente principale del fronte dell’opposizione si era presentato al cospetto di Morsi, nonostante la sua decisione di ritirare il decreto che ampliava i suoi poteri.
Mentre tutte le città egiziane si dividono in due tra pro e anti Morsi, a favore e contro il referendum, Tahrir resta la caricatura di sé stessa, la testimonianza di un movimento sociale che ora ha trovato nuovi spazi. Ma nella notte, una banda armata ha fatto irruzione tra le tende del «popolo della rivoluzione» e ha ferito dieci persone. Nulla è scontato in Egitto, il frenetico ritmo della campagna elettorale sta riportando nelle vie del Cairo il ricordo della «rivoluzione».  

Il Manifesto
Internazionale, pag. 9
martedì 12 dicembre 2012


martedì 18 dicembre 2012

Mani, 13.12.12, Egitto, Sulla Costituzione al voto il 15 e il 22, le opposizioni si schierano per il «no»


INTERNAZIONALE

EGITTO · Fallito il tentativo di dialogo. Al Azhar: «Votare, dovere religioso»

Sulla Costituzione al voto il 15 e il 22, le opposizioni si schierano per il «no»

Sostegno al sì dagli imam. Nuove accuse di violenze contro i Fratelli musulmani


Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Gli egiziani residenti all’estero hanno iniziato le operazioni di voto nella giornata di ieri. Scontri e accuse di brogli ci sono state all’Ambasciata egiziana in Kuwait. Non solo, la decisione della maggior parte dei giudici di non voler supervisionare il voto ha costretto il governo egiziano a rivedere le regole all’ultimo momento. Secondo il governo, 8.800 giudici hanno acconsentito a controllare i seggi. Mentre l’esercito ha assicurato il dispiegamento di 30 mila unità aggiuntive per favorire il corretto svolgimento delle procedure. Per la defezione dei magistrati che si oppongono ai poteri assunti dal presidente ma poi revocati, il referendum si svolgerà in due turni sul modello delle elezioni parlamentari dello scorso anno. Al Cairo, Alessandria, Assiut e Asswan le urne si apriranno il 15 dicembre. Mentre a Suez, Port Said, Luxor, Ismailyia e Giza si voterà il prossimo 22 dicembre. Per favorire la partecipazione al voto, i trasporti di terza classe saranno gratuiti sabato e verranno ridotti del 50 per cento i biglietti dei treni.
A spingere ad andare a votare, nonostante non sia necessario un quorum per approvare la nuova Costituzione, è scesa in campo ieri la massima autorità della moschea di Al-Azhar, il gran muftì Ahmed el-Tayeb. Votare è «un dovere religioso», ha assicurato. Come se non bastasse, il sostegno al «sì» è venuto nelle preghiere serali di decine di imam. Anche nella grande preghiera settimanale del prossimo venerdì si farà opera di persuasione affinchè la Costituzione passi. Era avvenuto anche lo scorso 19 marzo, quando gli sheykh delle grandi moschee del Cairo spingevano gli egiziani ad appoggiare la dichiarazione costituzionale voluta dalla giunta militare. Ma alcuni esponenti della moschea di Al-Azhar e sheykh indipendenti hanno marciato martedì insieme ai movimenti di opposizione intorno al palazzo di Ittihadeia.
Tuttavia, il controverso tentativo, avviato dalle Forze armate attraverso il ministro della difesa el-Sisi, di chiamare politici e società civile al dialogo, è stato bloccato sul nascere nonostante l’assenso dei principali esponenti delle opposizioni. D’altra parte, il Fronte nazionale ha indicato ad elettori laici, copti, socialisti e liberali di votare «no» alla nuova Costituzione e di non boicottare il voto come era avvenuto in occasione delle elezioni presidenziali.
In questo clima incandescente, il procuratore generale, Talaat Abdallah, di recente nominato da Morsi, ha disposto il trasferimento dell’avvocato generale del Cairo a Beni Suef. Mostafa Khater aveva disposto il rilascio di 137 tra gli arrestati negli scontri dei giorni scorsi per mancanza di prove. Ma a rendere ancora più gravi i limiti alla libertà di espressione, dopo la morte del giornalista del quotidiano el-Fagr, Hussein Abou Deif, è arrivata la conferma della detenzione del blogger copto, Albert Saber. Il ventisettenne è stato condannato in primo grado a tre anni di reclusione per vilipendio alla religione dopo aver postato su Facebook, estratti del film su Maometto che aveva scatenato un’ondata di proteste in Egitto e nel mondo arabo lo scorso settembre.
Non solo, la televisione indipendente Ontv, ha rivelato che i laboratori di medicina legale hanno confermato che i colpi usati per uccidere i manifestanti negli scontri dei giorni scorsi provenivano da armi dei Fratelli musulmani. Le armi confiscate includono pistole 9, 5.5 e 6.35 mm. «Questo tipo di armi non è fabbricato in Egitto», ha detto Malek Adly, un avvocato del Fronte per la difesa dei manifestanti. Secondo Adly, le armi sono state trovate in dotazione di uomini arrestati nei giorni scorsi che avevano con sé le tessere di Libertà e giustizia, partito dei Fratelli musulmani.
Sull’uso di armi da parte di sostenitori della Fratellanza abbiamo ascoltato il blogger e attivista Wael Abbas. «Ho ricevuto un report da alcuni hacker che hanno intercettato una email di Osama Singer, guida del Centro per l’informazione del governo. Il titolo del documento è ‘la gioventù dei Fratelli musulmani ha usato armi automatiche per sparare contro i manifestanti’», ha assicurato Wael Abbas al manifesto. Secondo il giovane attivista, anche il primo ministro Hesham Qandil è a conoscenza del documento. «In questo stato di estrema tensione, sembra che ogni gruppo usi la forza per ottenere i suoi scopi, siamo vicini all’anarchia e la battaglia per il referendum non può che inasprire le violenze», ha concluso Abbas.
Infine, il primo effetto del congelamento dei prezzi stabilito dal presidente Morsi è la richiesta di rinviare il prestito di 3,8 miliardi di euro richiesti al Fondo monetario internazionale in cambio dell’abbassamento della spesa pubblica. Il risultato del voto può essere scontato, ma le opposizioni hanno avviato con gran ritardo la loro campagna elettorale contro la Costituzione.


Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
giovedì 13 dicembre 2012


lunedì 17 dicembre 2012

La situazione in Egitto in attesa del Referendum costituzionale.




Telecolore
Ore 12, spazio dedicato all'Archeoclub Nuceria Alfaterna. 
Conduce Giuseppe Leone. 
In studio Antonio Pecoraro dell'Archeoclub Nuceria Alfaterna.

La situazione in Egitto in attesa del Referendum costituzionale.
Giuseppe Acconcia in collegamento telefonico da Il Cairo

venerdì 7 dicembre 2012

domenica 16 dicembre 2012

Un esercito dotato di superpoteri



INTERNAZIONALE


EGITTO · Il decreto presidenziale in vigore da ieri non pone limiti al ruolo giuridico, economico e politico dei militari

Un esercito dotato di superpoteri

I generali si sfilano dal governo per riprodurre il proprio controllo sulla società egiziana


Giuseppe Acconcia
IL CAIRO

Il governo egiziano ha approvato nella notte di venerdì il decreto presidenziale sui poteri speciali all’esercito. Secondo il quotidiano filo-governativo al-Ahram, il testo è stato scritto insieme ad alcuni generali. La nuova legge, immediatamente operativa in base alla dichiarazione costituzionale dello scorso 22 novembre, prevede per l’esercito il compito di mantenere e proteggere la sicurezza del paese fino all’approvazione della nuova Costituzione. Non solo, l’esercito deve intervenire a difesa delle istituzioni su richiesta del presidente. Una delle principali critiche di decine di esponenti dell’Assemblea costituente, movimenti liberali e attivisti laici alla nuova Carta costituzionale egiziana riguarda proprio i poteri della giustizia militare. Chi si oppone all’indipendenza delle corti militari dalla giustizia ordinaria chiede che venga riconosciuto agli imputati in processi militari il diritto di fare appello alla giustizia civile. In più, gli attivisti spingono per la supervisione dei giudici sulle corti militari. Questa controversia cruciale e la legge approvata ieri dimostrano come il peso dei militari nella gestione politica in Egitto sia solo apparentemente ridimensionato.
La relazione tra elite militari e politiche ha sempre corrisposto ad una più o meno evidente influenza dei militari sulle istituzioni pubbliche. Infatti, il potere dell’esercito in Egitto deriva dalla commistione tra elite militare e civile. Prima, Gamal Abdel Nasser, quando è diventato presidente, ha scambiato la sua uniforme militare con abiti civili. Poi, solo in pochi percepivano ancora l’ex presidente, Hosni Mubarak, come un militare prima delle sue dimissioni. Per questo, in occasione di scioperi e movimenti popolari, l’esercito egiziano è intervenuto per ristabilire l’ordine e cooptare nelle istituzioni pubbliche i gruppi percepiti come una minaccia alla sua autorità. E così i militari hanno operato come difensori dell’elite politica al potere facendo un uso relativamente marginale della violenza.
Non solo, i militari, come conseguenza del ritrarsi dello stato per politiche di liberalizzazione economica (infitah), hanno operato in difesa delle loro conquiste corporative. Se, da una parte, come effetto delle politiche di infitah, i militari si sono  trasformati in elite imprenditoriale, dando ad ufficiali, o a civili a loro connessi, ruoli di gestione economica, dall’altra, per la minaccia di guerre regionali, l’esercito egiziano ha controllato una quantità sempre maggiore di spesa pubblica e di aiuti militari internazionali. I militari egiziani sono diventati editori dei maggiori quotidiani, hanno acquisito il controllo delle industrie di produzione di prodotti per uso civile dalle lavatrici ai medicinali, al di fuori delle tradizionali industrie di armamenti e tecnologia militare. L’esercito controlla in Egitto anche industrie che producono o lavorano beni di prima necessità dal latte alla carne fino al pane. Non solo, l’esercito è impegnato nell’industria turistica con il controllo diretto di alberghi e grandi resort. Per finire, i militari sono amministratori delegati di grandi aziende private e sono coinvolti nel mercato nero e  nel contrabbando. Contemporaneamente, l’esercito ha accresciuto il suo peso come attore parassitario grazie ai vantaggi accordati ai militari dall’elite politica: manodopera a basso costo, esenzioni fiscali e nelle regole per la costruzione di immobili, sussidi e privilegi monopolistici. In Egitto, come risultato delle politiche di liberalizzazione e di capitalismo clientelare, elite politiche e militari sono diventate sempre più interconnesse e mutualmente dipendenti.
In seguito alle rivolte del 2011, l’esercito egiziano ha adottato la Fratellanza musulmana come delegato per ristabilire la divisione di poteri tra politici e militari. Esistono tuttavia divisioni strutturali (gruppi paramilitari, forze speciali, polizia militare) e politiche (islamisti, salafiti, nasseristi) interne all’esercito. Questa frammentazione non necessariamente corrisponde ad una minore o maggiore influenza politica dei militari, ma ha determinato, ad esempio, la cancellazione di candidati anti-sistema dalle competizioni elettorali e il sostegno a leader islamisti o nasseristi in base a calcoli di convenienza politica. Per questo, l’abbandono della gestione diretta del governo da parte della giunta militare sembra servire all’esercito per riprodurre il proprio controllo sulla società egiziana. La nuova Costituzione e la legge in vigore da oggi non pongono limiti o accrescono il ruolo economico, giuridico e politico dei militari.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 6
domenica 8 dicembre 2012
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