domenica 30 dicembre 2012

Egitto, «Sì» o «No», l’Egitto litiga sul suo futuro


INTERNAZIONALE

Reportage • Un venerdì nelle moschee salafite di Alessandria e tra gli attivisti laici, contrari alla Costituzione che vorrebbe Morsi. Alla vigilia di un referendum al quale il paese arriva spaccato in due

«Sì» o «No», l’Egitto litiga sul suo futuro
Nella seconda città egiziana violenti scontri sono scoppiati tra manifestanti e fedeli in preghiera.





Il Fronte che voterà contro vuole una nuova costituente. Nella quale ci siano anche le donne.



90% ADESIONE RECORD allo sciopero del personale medico di Alessandria contro la nuova Costituzione, che non garantisce il «diritto di tutti alla salute» e un budget al sistema sanitario.

Giuseppe Acconcia



ALESSANDRIA D'EGITTO

Alessandria è spaccata in due. Ad occidente ci sono i quartieri operai di West el-Aghani, el Amereia con le nuove industrie disseminate fino a Marsa Matruh. Al centro si concentrano i ricchi palazzi nei rioni di Kafr Abdu e Rushdy. Ma più il mare è lontano, più i vicoli non asfaltati e i palazzi di mattoni nati senza criterio spuntano ovunque. Il lungomare con la torre di Qait Bey e la biblioteca alessandrina sembrano lontanissimi dagli slum di Nadi Sid e Mopgzar Ali. Siamo arrivati in città a bordo di un microbus tra gente che leggeva la nuova Costituzione per il voto di oggi, mentre ai lati scorrevano le industrie chimiche e di fertilizzanti, le fabbriche di cotone e poliestere, le raffinerie di petrolio. 
Come ogni venerdì i manifestanti delle opposizioni si sono incontrati intorno alla moschea di Kait Ibrahim nel centro della città. Ma questa volta qualcosa è andato storto, non era in gioco soltanto la nuova Costituzione ma il futuro di questa città. Quando lo sheykh al-Mahallawi ha pronunciato queste parole: «È vostro dovere votare ‘sì’ quando domani entrerete nei seggi», i giovani sembravano non credere alle loro orecchie. Nel momento in cui, dagli altoparlanti collocati nel «giardino immortale» dove migliaia di manifestanti si sono accampati in varie occasioni sin dal 25 gennaio del 2011, i rivoluzionari hanno sentito l'incitamento ripetuto due, tre volte, hanno iniziato a lanciare pietre verso l’ingresso della moschea. I fedeli in preghiera hanno allora trascinato alcuni dei giovani all’interno dell’antico edificio. E a quel punto il portone principale della moschea Kait Ibrahim si è chiuso. Lo sheykh è rimasto intrappolato all’interno mentre proseguivano i tafferugli tra i sostenitori e gli oppositori. Tre macchine sono andate in fiamme in seguito al lancio di molotov, mentre un veicolo di salafiti ha raggiunto dopo pochi minuti il luogo degli scontri. I feriti sono oltre dieci, di cui uno è in gravi condizioni. Ma i tafferugli sono andati avanti fino alle porte dell’Università prima che tornasse la calma.
Troppa democrazia vuol dire caos
Ieri mattina, abbiamo partecipato alla preghiera del venerdì nella moschea salafita del quartiere orientale di Alessandria Saba Basha, nel rione Flemming. Qui le contraddizioni sono tali per cui, se le associazioni salafite e il partito el-Nour hanno ottenuto un risultato sensazionale alle elezioni parlamentari della fine del 2011 con un controllo capillare del territorio, il nasserista Hamdin Sabbahi ha vinto al primo turno delle presidenziali. Le preghiere dei salafiti si tengono tra i palazzi sulle stuoie. Le zawaia sono minuscole moschee dove i movimenti salafiti si sono riuniti per decenni, nonostante subissero persecuzioni e censure da parte del regime dell’ex presidente Hosni Mubarak. Ma ora che i salafiti fanno politica alla luce del sole, si vedono striscioni dovunque che spiegano perché votare «sì»: «Giustizia e salario minimo», «Solo quattro anni al potere (durata del mandato del presidente, ndr)». «La legge di dio non è la libertà, l’eccesso di democrazia è il caos», spiegava lo sheykh mentre decine di fedeli ascoltavano seduti sulle stuoie. Piccoli mercati organizzati dal partito el-Nour distribuivano vestiti e alimentari a prezzi bassissimi. «Ma lo facciamo tutto l’anno», ci ha spiegato Mohammed Hani, responsabile del partito. Più avanti, tra i vicoli del quartiere Dahreia, i Fratelli musulmani distribuivano latte, carne e olio nelle case delle famiglie più povere. «Voglio la stabilità per il mio paese, se votiamo ‘sì’ avremo di nuovo un parlamento, abbiamo bisogno della Costituzione», ne era certo Mohammed Gaber, contabile che ha appena finito la sua preghiera. Nelle vetrine dei negozi si vedevano poster che incitavano a votare: «Nam al-doustour», sì alla Costituzione. «La nuova Costituzione garantisce le libertà religiose, i diritti di cristiani ed ebrei», ci ha assicurato Abdallah, giovane britannico convertito con una lunga barba rossa e in tunica. Ma quando gli abbiamo chiesto dell’articolo 218 che accresce il ruolo della sharia nella giustizia ordinaria, si è infervorato: «C’erano anche i copti quando questo articolo è stato approvato nell’Assemblea costituente. Dobbiamo ammettere le scuole di interpretazione sunnita per evitare l’invasione sciita che è in corso», ha continuato senza freni. Nei pressi della moschea, abbiamo incontrato Nader Bakar, parlamentare salafita e attivista per il «sì». «Finalmente c’è equilibrio tra capitalismo e socialismo. Non solo la nuova Costituzione limita i poteri del presidente e dà nuove funzioni al governo», ci ha assicurato Nader. «Gli articoli sulla sharia finalmente ampliano l’applicazione della legge islamica e non la limitano solo al 5 per cento come avveniva nella Costituzione del 1971», è stata la risposta del politico. Molti salafiti estremisti non andranno alle urne perché temono che «la nuova Costituzione non sia abbastanza islamica».
L’altra parte della città
Ma l’altra parte di Alessandria è pronta a votare «no» alla nuova Costituzione. Abbiamo partecipiamo alla riunione di coordinamento del Fronte di salvezza nazionale in attesa del voto di sabato. I cartelloni del «no» sono affiancati dal colore di una treccia che unisce i tre movimenti contrari alla Costituzione. Tarek Moktar ha organizzato lo sciopero dei medici che è ancora in corso ad Alessandria. «Chiediamo che venga assegnato un budjet per il sistema sanitario, di stabilire che la salute è un diritto di tutti e l’aumento dei salari del personale ospedaliero. Sta scioperando oltre il 90 per cento del personale medico perché la Costituzione non va in questa direzione. Anzi dal giorno in cui i Fratelli musulmani hanno preso il controllo del sindacato, impediscono le nostre proteste», ha denunciato Tarek. Tra una pausa dei lavori e la distribuzione di volantini, Susan Nada, segretario del partito socialista dei lavoratori, ha raccontato che «giovedì scorso esponenti dei Fratelli musulmani hanno aggredito il parlamentare Abu Azz Hariri, mentre la sicurezza centrale lanciava lacrimogeni contro gli attivisti che tentavano di avvicinarsi alla sede del movimento dei Fratelli musulmani». E sulla Costituzione Nada non ha dubbi: «L’Assemblea costituente è illegittima, non c’erano rappresentanti di donne, contadini, studenti e lavoratori. Vogliono privatizzare completamente il sistema sanitario e inibire il movimento sindacale. Se la Costituzione del 1971 stabiliva nel 6 per cento i profitti da distribuire ai lavoratori ora non c’è nessun riferimento preciso. Non è questo il risultato della nostra rivoluzione», ha concluso Nada. Sui limiti della Costituzione, Amr Said, del partito el-Dostour del premio Nobel Mohammed el-Baradei ha aggiunto: «Vorrei che venisse eletta una nuova Assemblea costituente. La cosa che più mi preoccupa è il grande potere del presidente. Se vincono i ‘sì’ sarà lui a nominare tutte le istituzioni che dovrebbero supervisionare il suo operato», ha aggiunto Amr.
Lo scontro sulla Costituzione si fa sempre più accesso tra le facoltà di Legge e Ingegneria dell’Università di Alessandria. Il leader dell’unione studentesca islamista, Ahmed Omar, ha fatto tappezzare l’ateneo di manifesti bianchi in cui si legge perentoriamente: «Elementi della Legge islamica: Corano e Hadith (tradizione del profeta, ndr)». Ma Miral, Ihab e Walaa non si arrendono. Portavano decine di cartelloni per la campagna per il «no». «Vogliono azzittire noi donne, molte voteranno ‘sì’ perché non credono che la Costituzione possa causare loro dei problemi. Noi siamo qui a spiegarglielo», ha ammesso Miral. «La Costituzione deve essere il risultato di un accordo condiviso e non la volontà di una parte imposta ad un’altra. Credo che se venisse approvata la legge avrà più importanza della Costituzione», ha ribattuto Ihab. Alessandria si prepara al voto, ma l’odore del mare sembra non raggiungere le grandi case dei quartieri popolari. 

Il Manifesto
Internazionale, pag. 6
sabato 15 dicembre 2012
http://www.ilmanifesto.it

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