domenica 21 aprile 2013

Zarwan: "Morsi ha cancellato la magistratura"


INTERNAZIONALE
INTERVISTA/ ICG: «Morsy ha cancellato la magistratura»
Il decreto è un grave errore politico

Ma l’opposizione è divisa e fragile
«L’Egitto tocca i nodi del rapporto tra stato e religione, in un clima di continua radicalizzazione dell’islamismo politico». «Morsy dialoga con Hamas, ma non cambia nulla nella politica estera egiziana»
Giuseppe Acconcia
«Morsy ha commesso un errore politico, il più grave dall’inizio della sua presidenza», assicura in un’intervista al manifesto, Elijah Zarwan, analista dell’istituto di ricerca indipendente International Crisis Group (ICG). «Chi, fino a questo momento, ha dato il beneficio del dubbio al presidente, ora lo percepisce come un autocrate. Ma Morsy sa di aver bisogno anche di parte dell’opposizione per mettere in atto la sua agenda che non è esclusivamente islamista», prosegue Zarwan commentando la dichiarazione costituzionale emessa dalla presidenza della repubblica lo scorso giovedì. «Con questo atto è stata annullata l’indipendenza della magistratura egiziana. Con la rimozione del procuratore generale del Cairo, Morsy ha messo fine al potere dei giudici egiziani.Ma, a differenza dei militari, la magistratura ha fatto quadrato e si sta opponendo duramente alla decisione del presidente», spiega il ricercatore. D’altra parte, l’esercito continua a difendere i suoi interessi corporativi in Egitto e non sembra che la nuova costituzione li intacchi. «Dopo la rimozione di Tantawi e Anan (leader della giunta militare, ndr) non c’è stata alcuna reazione degli ufficiali perché il controllo dei militari sull’economia egiziana e i privilegi dell’esercito non sono stati toccati, mentre ora è in gioco il potere giudiziario e la reazione è ben diversa», spiega Zarwan. 
Sulla carta Morsy chiede la fiducia dei suoi sostenitori e di tutto il popolo egiziano per realizzare gli obiettivi rivoluzionari, ma in realtà acquisisce i poteri di un autocrate. «Quando pensavano che la chiave del potere fosse controllare il parlamento, i Fratelli musulmani lo hanno difeso. Ora che controllano la presidenza, vogliono trarre ogni vantaggio dal potere conquistato. Senza parlamento (sciolto con una sentenza della corte costituzionale lo scorso giugno, ndr) è la presidenza a decidere tutto.Ma il vero punto è la nuova costituzione», aggiunge Zarwan. È l’intero impianto della costituzione ad essere criticabile, dai poteri presidenziali al peso della religione nella carta costituzionale. Hanno finito per scrivere una costituzione islamista. I Fratelli musulmani vogliono presentarsi come rivoluzionari con legittimità democratica, ma non sono altro che un movimento conservatore sotto ogni aspetto, interessati a favorire gli investimenti esteri. Non solo, il dibattito interno alla Fratellanza è estremamente mal visto.Non noto mai divisioni nelle assemblee o segni di crisi interna. Quando ero ieri in piazza Tahrir tra i sostenitori della Fratellanza ho visto la loro aggressività nel confrontarsi con attiviste donne non velate. E questa radicalizzazione del discorso politico islamista avviene in un momento di grande dibattito in Egitto. Quando davvero si toccano i nodi della corretta comprensione della religione e del ruolo della religione nello stato. Per questo,mi attendevo che Morsy ampliasse i suoi poteri, ma pensavo lo facesse costruendo il consenso con le parti. In questo modo, sta occupando le istituzioni pubbliche senza controlli e con movimenti di piazza relativamente irrilevamenti. Ieri non era il 25 gennaio 2011 (giorno di inizio delle rivolte in Egitto, ndr)», aggiunge con ironia Zarwan.

D’altra parte, le condizioni sul campo per un dialogo tra forze politiche sono deteriorate? «L’opposizione serve agli islamisti per approvare le necessarie riforme economiche e soprattutto per completare la scrittura della nuova costituzione», completa il ricercatore dell’ICG. «L’opposizione laica dovrebbe forzare Morsy a ricominciare il percorso costituzionale da zero. Ma la possibilità di compromesso è ora minima. Entrambe le parti degenerano nella controversia continua, limitando le reciproche possibilità di manovra».Mai Fratelli musulmani hanno senz’altro ottenuto un successo mediatico, favorendo il raggiungimento della tregua dalle ostilità a Gaza. «Morsy ha saputo discutere con Hamas ed il solo fatto di aver inviato il primo ministro, Hesham Qandil, a Gaza mentre erano in corso i bombardamenti rende chiaro quanto abbia rotto con la tradizionale politica di Mubarak. Di certo, però, gli interessi nazionali e, prima di tutto, l’alleanza con gli Stati uniti, così come la necessità di ottenere un nuovo prestito dal Fondo monetario internazionale non vengono messi in discussione dalla nuova leadership egiziana», conclude Elijah Zarwan.


Il Manifesto
Internazionale, pag. 4
domenica 25 novembre 2012





venerdì 19 aprile 2013

Intervista a Ilan Pappè



Rainews 24
Rassegna stampa
Il Manifesto
Intervista a Ilan Pappè
«Solo una pausa della guerra»
Internazionale, Dove è la pace
giovedì 22 novembre 2012

lunedì 15 aprile 2013

Washington: «Il voto allontana la pace»


LA PALESTINA C’È
DIPLOMAZIA · Il sì di Francia e Spagna. E alla fine anche dell’Italia


Washington: «Il voto allontana la pace»


Giuseppe Acconcia
Sono forse oltre 150 su 193 i «sì» per il riconoscimento della Palestina come stato non membro delle Nazioni unite. Tra i favorevoli, ci sono i paesi del nord Europa. Ma a sorpresa ieri, insieme a Francia e Spagna, è arrivato il «sì» anche dell’Italia. Dalla Russia alla Cina, dal Brasile all’India: i paesi emergenti sostengono la richiesta palestinese. Si astengono invece Germania e Gran Bretagna, che lo aveva già fatto in occasione del riconoscimento dello stato di Israele nel 1948. Dall’altra parte, l’asse del «no» allinea Stati uniti, Israele e Canada.
«Un momento di unità della comunità internazionale per rilanciare l processo di pace», ha definito il voto della notte il ministro degli esteri, Giulio Terzi. «Abbiamo lavorato a fondo - ha ribadito Terzi - per permettere che nascano le condizioni per una riapertura dei negoziati fra israeliani e palestinesi senza condizioni e che ci siano anche garanzie per la sicurezza di Israele, da un lato, per lo sviluppo economico e per il consolidamento istituzionale dell'Autorità palestinese, dall’altro», ha commentato Terzi. E così, sono arrivati i ringraziamenti al premier, Mario Monti, e al presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, da parte di Abu Mazen, presidente dell'Autorità nazionale palestinese (Anp), in merito alla decisione del governo italiano di dare il proprio assenso alla risoluzione per la Palestina. Tuttavia, i partiti di centro-destra in Italia hanno criticato la decisione del governo, avvertita come in disconuità con le politiche di vicinanza ad Israele dei governi Berlusconi. Anche la comunità ebraica italiana non ci sta. «Una doccia fredda», ha definito la decisione del governo italiano il presidente della comunità ebraica di Roma, Riccardo Pacifici. 
Come le autorità israeliane, anche gli Stati uniti ridimensionano la portata del voto. «Nessuno deve illudersi che questa risoluzione produrrà i risultati che i palestinesi dicono di cercare, e cioè avere il loro stato che viva in pace con Israele», ha detto Victoria Nuland, portavoce del dipartimento di Stato. Una delle principali preoccupazioni delle autorità americane è che la Palestina possa usare il suo status per entrare a far parte della Corte penale internazionale. 
«È il passo più importante verso la pace dal 1948. Da questo momento la comunità internazionale è costretta a cambiare atteggiamento sulla questione palestinese. Le posizioni di Italia, Francia e Spagna hanno costruito un consenso generale nel contesto delle rivolte arabe», ha spiegato almanifesto, Gilles Kepel, docente dell’università Sciences-po di Parigi. «L’obiettivo degli Stati uniti nella crisi di Gaza è stata di indebolire la componente di Hamas vicina all’Iran. L’attacco a Gaza e la tregua seguente hanno così rafforzato la componente di Hamas favorevole all’accordo con Fatah, (movimento guidato da Abu Mazen, ndr)».
In merito al ruolo egiziano per favorire il dialogo per l’unità nazionale palestinese, Kepel ha aggiunto: «Morsi ha proposto agli Stati uniti di gestire Hamas dialogando con la componente moderata, sunnita vicina ai Fratelli musulmani, guidata dal premier Ismail Haniye, mentre ha marginalizzato la componente filo-iraniana, vicina a Khaled Meshaal. In questo contesto, il presidente Morsi è costretto dalla gravissima crisi economica a scendere continuamente a patti con gli Stati uniti. E così gli israeliani per parlare con Hamas ora chiamano Morsi». A confermare l’assoluta identità di visioni tra la presidenza americana e i Fratelli musulmani egiziani sul conflitto israelo-palestinese sono arrivati gli elogi di Morsi al presidente Barack Obama in un’intervista al Times. «Le sue intenzioni coincidono con i fatti», ha detto il presidente egiziano, Morsi.

Il Manifesto
La Palestina c'è, pag. 3
venerdì 30 novembre 2012

venerdì 12 aprile 2013

Egitto, giudici contro Morsy


INTERNAZIONALE

EGITTO · Non si placa l’ondata di proteste contro il decreto presidenziale che colpisce l’indipendenza della magistratura
I giudici insorgono contro Morsy


Continua il sit-in di piazza Tahrir. I magistrati: decisione «senza precedenti»


Giuseppe Acconcia
Lo scontro tra chi sostiene e chi si oppone al presidente Morsy si è spostato da piazza Tahrir alle porte del palazzo di giustizia tra via 26 luglio e via Ramsis, uno degli incroci più congestionati del Cairo. Un gruppo di giovani liberali e giudici gridavano la loro opposizione al decreto presidenziale, quando alcuni simpatizzanti di Libertà e giustizia, partito politico della Fratellanza, hanno iniziato ad urlare «A morte Abdel Maguid», l’ex procuratore generale silurato da Morsy. È iniziato così il lancio di lacrimogeni da parte di uomini in abiti civili: una scena che ormai si ripete da giorni al Cairo. 
Ma ieri è stato l’intero potere giudiziario ad insorgere contro il controllo presidenziale sulla giustizia civile. È stato indetto lo sciopero nazionale della magistratura. Anche le corti provinciali si sono date appuntamento all’incrocio di via 26 luglio per denunciare un «attacco senza precedenti» all’indipendenza della magistratura. È l'accusa contenuta in un comunicato del Consiglio supremo della magistratura, che ha tenuto una riunione d'emergenza sui provvedimenti annunciati da Morsy, tra i quali il divieto per i giudici di sciogliere l'Assemblea costituente e la non impugnabilità delle decisioni presidenziali. Il Consiglio ha precisato poi che è sua «prerogativa occuparsi della magistratura e dei giudici» e ha espresso «rammarico» per la dichiarazione costituzionale presidenziale, che non dovrebbe riguardare «la magistratura nè intromettersi negli affari dei suoi componenti o influenzare le loro sentenze». 
Non solo, undici procuratori generali hanno chiesto di concludere il loro mandato in seguito al decreto emesso lo scorso giovedì, rimettendo la decisione nelle mani di Ahmed el-Zend, presidente del sindacato dei giudici. Infine, un gruppo di giudici del movimento per l’indipendenza della magistratura, in precedenza impegnato nell’opposizione all’operato dell’ex presidente Mubarak, ha espresso preoccupazione per i nuovi sviluppi politici. «Queste decisioni, sebbene contengano alcune richieste che vengono dal popolo egiziano, toccano direttamente la democrazia e la libertà», si legge nel comunicato. Nel testo si aggiunge che anche la riapertura autoritativa di casi che coinvolgono le violenze di piazza colpisce l’indipendenza del potere giudiziario. Già venerdì, i magistrati di Alessandria avevano deciso di sospendere le attività di tribunali e procure per esprimere il loro dissenso. 
Ieri, il vice-presidente copto, Samir Morcos, si era dimesso. «Rifiuto di continuare in seguito a questa decisione presidenziale che mette in discussione il processo di transizione democratica e viola i miei compiti specifici di costruire le nuove istituzioni», ha detto Morcos in un’intervista al quotidiano arabo con sede a Londra Sharq al-Awsat. 
Dopo i cortei dello scorso venerdì diretti verso piazza Tahrir e gli scontri con le forze di polizia, nuovi disordini sono esplosi ieri nella piazza simbolo delle manifestazioni del 2011 che hanno rovesciato il regime di Mubarak. La polizia in assetto antisommossa ha usato gas lacrimogeni per disperdere gruppi di manifestanti che arrivavano in piazza all’alba per unirsi a chi ha trascorso lì la notte. La folla si è poi data alla fuga, disperdendosi nelle strade circostanti. Da venerdì sera, alcuni attivisti si erano accampati in piazza Tahrir per un sit-in a oltranza contro Morsy.
D’altra parte, i Fratelli Musulmani hanno chiamato la popolazione a una manifestazione di massa per il prossimo martedì a sostegno del presidente. In un comunicato postato su Ikhwanonline, sito della Fratellanza, è apparso un appello a sostenere Morsy nelle piazze di tutto l'Egitto dopo la preghiera della sera.Mentre la presidenza della repubblica, insieme a consiglieri ed assistenti, si è riunita ieri per decidere come reagire alle proteste di piazza. Dall’inizio delle manifestazioni ad un anno dalla strage di via Mohammed Moahmoud, costata la vita a decine di manifestanti, sono oltre sessanta gli attivisti arrestati nel centro del Cairo, molti dei quali già rilasciati. E il braccio di ferro tra poteri dello stato prosegue con un presidente sempre più forte e l’indipendenza della magistratura,  nonché il peso giuridico della nuova costituzione e la transizione democratica, rimessi completamente in discussione.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 4
domenica 25 novembre 2012

martedì 9 aprile 2013

Islamisti in piazza per Morsi, il Paese è spaccato in due


INTERNAZIONALE


Egitto /SI AVVICINA IL REFERENDUM SULLA COSTITUZIONE

Islamisti in piazza per Morsi, il Paese è spaccato in due

Giuseppe Acconcia
I bus organizzati dalla Fratellanza costeggiavano il grande zoo di Giza. Si raccolgono qui ogni pomeriggio famiglie e bambini per passare la loro giornata tra gabbie di leoni ed elefanti. Nel pomeriggio di ieri c’erano invece solo Fratelli musulmani e salafiti che hanno scelto i cancelli dell’Università del Cairo per esprimere il loro sostegno incondizionato al decreto Morsi. Dallo zoo all’Università, dove Barack Obama tenne il suo discorso al mondo arabo nel 2009, ci sono solo pochi passi. Per quelle strade, ieri pomeriggio, sedevano donne velate della Fratellanza, mentre dei signori con il segno della continua preghiera sulla fronte urlavano a squarcia gola: «Sharia» (legge islamica, ndr), «Il popolo vuole la decisione del presidente», «Non c’è altro dio che Allah», «Tahrir non è di tutti gli egiziani, è solo una goccia nel mare». Col passare delle ore, i cortei hanno continuato a confluire a Giza per le strade che il 30 giugno scorso sono state attraversate dagli islamisti per festeggiare il primo discorso di Morsi come presidente. Uno è arrivato dalla moschea Mustafa Mahmoud di Mohandessin, il secondo proveniva dalla moschea Amr Ibn El-Aas dell’antico quartiere di Helmeya, il terzo dalla moschea Istiqama di Giza. «È un uomo intelligente, non ha mai sbagliato fino ad ora. Ha rimborsato le famiglie dei martiri e ha preso queste decisioni per spingere il paese in avanti», ha detto Sarah, attivista pro-Morsi. «Il corano è la nostra costituzione»: si leggeva sui cartelli innalzati da altri manifestanti, che irridevano, Abdel Meguid Mahmoud, il procuratore generale cacciato col decreto presidenziale. A loro si sono uniti degli shaykh in corteo dalla moschea di Al-Azhar dal centro del Cairo. «Al Azhar sostiene la decisione del presidente». Ma, a guastare la festa, un albero si è abbattuto sui manifestanti uccidendo un uomo e 24 persone. Mentre alla metro Dokki, nel centro moderno della città, decine di passeggeri salivano sui vagoni gridando l’«Islam è la soluzione» e brandendo bandiere saudite. Manifestazioni ci sono state ieri anche ad Alessandria, Suez e Assiut, nel sud del paese. Nel centro di Alessandria, sono scoppiati tafferugli tra sostenitori e oppositori del presidente Morsi. Ma nel pomeriggio di sabato, la polizia antisommossa è stata schierata per dividere i due gruppi. 
Mentre di sera, Morsi, leader dei Fratelli musulmani, ha ricevuto la bozza definitiva della nuova costituzione approvata all’alba di venerdì dall'Assemblea costituente. Nelle prossime ore sarà stabilito il giorno in cui si terrà il referendum consultivo che sancirà l’approvazione finale del testo. Ma restano numerosi punti controversi: i privilegi dell’esercito, l’applicazione della legge islamica nel diritto civile e di famiglia, i poteri del presidente. Non solo la Corte suprema deve ancora esprimersi sulla costituzionalità della legge elettorale e del decreto presidenziale nonché sulla validità dell’Assemblea costituente. Nel giugno scorso una sentenza dell’Alta corte capovolse il risultato elettorale, sancendo lo scioglimento del parlamento. D’altra parte, laici, socialisti e movimenti di opposizione hanno proseguito l’occupazione di piazza Tahrir contro il decreto che ha reso Morsi, secondo loro, «un nuovo faraone». Alcuni attivisti hanno minacciato di organizzare cortei verso il palazzo presidenziale di Heliopolis se Morsi non ritirerà il decreto. In realtà, una celere approvazione della costituzione, avvicinerebbe le elezioni parlamentari favorendo una più equilibrata divisione dei poteri tra presidente e Assemblea parlamentare eletta. Insieme ai gruppi di opposizione c’era ieri, anche Samir Morcos, l’intellettuale copto che ha lasciato la vice presidenza per unirsi al movimento di Amr Moussa e Mohammed el-Baradei. Ma le due piazze (Tahrir e l’Università del Cairo) individuano un paese diviso e in crisi.


Il Manifesto
Internazionale, pag. 6
domenica 2 dicembre 2012
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domenica 7 aprile 2013

Le foto della presentazione di Roccapiemonte al palazzo Marciani














Hanno partecipato Carmine Pinto, Marco Miggiano, Gaetano Fimiani e Aniello Pietro Torino

Palazzo Marciani
Via Calvanese
Roccapiemonte
venerdì, 30 novembre 2012

martedì 2 aprile 2013

Le foto della presentazione di Roccapiemonte







Liceo Scientifico Statale 
"Bonaventura Rescigno"
Via Viviano
Roccapiemonte (SA)
venerdì, 30 novembre 2012