mercoledì 30 novembre 2011

Il dannato ragionevole. Lettura in Piazza Vittorio

CINEMA E POETI DAL MONDO
Un progetto dell’Associazione Apollo 11

Dal 22 al 28 Settembre 2008 all’Esquilino

La rassegna Cinema e Poeti dal Mondo si articola in due parti:


PORTICO 47 - POETI DAL MONDO

Dal 22 al 24 settembre

Lunedì 22 e martedì 23 settembre ore 21 Piazza Vittorio – Portico tra Via Ricasoli e Via Mamiani –

" Il dannato ragionevole" Due racconti poetici scritti e narrati da :
Cristina Casal, Ribka Sibhatu, Josette Martial, Alex Mendizabal, Gustavo Basz, Kleopatra Jura, Giuseppe Acconcia, Ingy Mubiayi, Paolina Carli.
L'estraneità dell'uomo alla Terra in cui vive riempie il nascosto delle città. La dannazione dello straniero viene negata dalla razionalità del suo agire, a tal punto da non mettere mai in discussione la necessità di peripli infiniti. Egli continua a vivere, lavorare, discutere di nascosto mentre le ovvietà invadono il senso comune.
….un “Serial Poetico”, un racconto corale, originale, si svilupperà in successione/ puntate nell’arco delle prime due serate con lo svolgersi delle storie dei vissuti, evocazioni/ suggestioni, scritte a più mani, lette, o recitate, cantate nelle diverse lingue dal gruppo di poeti “Portico 47” per la quarta edizione di Poeti dal Mondo.

Mercoledì 24 settembre ore 21 Piccolo Apollo Via Conte Verde, 51 Roma

“ Versi in esilio” Reading
Versi di donne costrette ad allontanarsi dalla loro Terra e dai propri affetti.
Le poetesse di Portico 47 prestano la loro voce alle tante donne costrette dalle guerre, dalle violenze e dalla sopraffazione ad una diaspora drammatica e crudele, trovando in se stesse e nelle proprie radici il coraggio, la forza e la determinazione di reagire e sperare, per continuare ad amare la vita e il mondo.
Con
Cristina Casal, Kleopatra Jura, Josette Martial, Ubah Cristina Ali Farah, Ribka Sibhatu, Paolina Carli ,Ingy Mubiayi, Masomeh Zamyndoost.

Alla Kora Virginia Vignera

martedì 29 novembre 2011

Iran- Iraq e sanzioni

La novità principale della Risoluzione 1747, appena approvata all’unanimità dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, è il bando all’esportazione di armi iraniane. Questo è l’ultimo di una serie di segnali che chiariscono la volontà degli Stati Uniti di legare indissolubilmente la questione del nucleare iraniano alla stabilità del vicino Iraq. Inoltre, il recente arresto di 15 militari inglesi sullo Shatt-al-arab, contestata linea di confine tra i due paesi, conferma che il casus belli per lo scoppio di un conflitto con l’Iran potrebbe venire dalla situazione irachena ancor più che dalla questione nucleare.
Dalla fine della guerra in Iraq, l’amministrazione Bush ha accusato l’Iran di fornire armi alle milizie sciite di Moqtada al Sadr e ad altri gruppi sciiti controllati direttamente da Teheran. Inoltre, nel dicembre scorso il quartier generale del Consiglio Supremo per la Rivoluzione Islamica (SCIRI) a Baghdad è stato colpito da raid dell’esercito degli Stati Uniti. In quell’occasione sono stati arrestati due iraniani con l’accusa di appartenere alle Brigate Qods, una squadra dei pasdaran, e sono state mostrate anche le foto di alcune bombe sequestrate, tra cui un missile e ordigni esplosivi.
Due fatti molto gravi avvenuti negli ultimi mesi hanno confermato l’intenzione di limitare la presenza iraniana in Iraq. In primo luogo, Ammar al-Hakim è stato tratto in arresto per alcune ore al confine tra Iran e Iraq. Si tratta del figlio di Abdul Aziz, guida dello SCIRI dopo l’attentato del 2003 costato la vita al leader storico del movimento. In secondo luogo, si ricorda l’incursione americana del gennaio scorso al consolato iraniano di Erbil, una delle città principali del Kurdistan iracheno, durante la quale sono stati sequestrati computer, documenti ed arrestate cinque persone.
L’Iraq condivide con l’Iran un ampio confine territoriale, una medesima posizione di potenziale leader del Golfo Persico ed una maggioranza della popolazione di fede islamico sciita. Lo SCIRI venne fondato in Iraq nei mesi successivi alla Rivoluzione islamica del 1979. La formazione dello SCIRI provocò la dura repressione della comunità sciita irachena da parte del partito Ba’ath di Saddam Hussein. Il ba’athismo si presentò come il baluardo dell’opposizione alla diffusione della Rivoluzione islamica tra i paesi arabi. Anche per questo, l’Iraq ottenne il sostegno dei paesi arabi e degli Stati Uniti nella guerra contro l’Iran. Negli anni ’90, gli Stati Uniti hanno inaugurato una politica di doppio contenimento tra Iran ed Iraq rafforzando il loro controllo del Golfo Persico con il sostegno assicurato all’Arabia Saudita per la guida della regione. Questa strategia avrebbe dovuto lentamente condurre all’isolamento dell’Iran ed al rovesciamento del governo ba’athista iracheno.
Le due guerre del Golfo del 1990 e del 2003 hanno visto l’Iran giocare un ruolo di “neutralità attiva”. Alcuni mesi prima del secondo attacco degli Stati Uniti all’Iraq, i contatti tra SCIRI e Ahmed Chalabi, leader dell’allora maggior gruppo di opposizione al partito ba’athista, il Congresso nazionale iracheno, si intensificarono. Le autorità iraniane stavano lentamente attivando i contatti con lo SCIRI, con il Partito curdo PUK ed il partito islamico al-Da’wa. Con la caduta del governo ba’athista, l’azione iraniana in Iraq si è rafforzata. La permeabilità del confine tra i due paesi ha permesso a numerosi pellegrini di raggiungere le città sante sciite di Najaf e Kerbala rafforzando anche gruppi sciiti iracheni.
Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno avviato operazioni incisive per ridimensionare la presenza iraniana in Iraq. In primo luogo, hanno favorito meccanismi di cooptazione all’interno dello SCIRI e del partito al-Da’wa per limitare il ruolo delle figure affiliate a questi gruppi e legate all’Iran. In secondo luogo, hanno accordato maggior autonomia ai curdi iracheni generando preoccupazione per le rivendicazioni indipendentiste della comunità curda presente nel Kurdestan iraniano. Infine, hanno accordato lo status di rifugiato politico a migliaia di mojahedin-e kalqh (MEK) iraniani presenti in Iraq. Il MEK è un gruppo iraniano di ispirazione islamico-comunista, in esilio dai primi anni ’80, finanziato e sostenuto dal Ba’ath e responsabile di vari attacchi terroristici in Iran.
L’instabilità del vicino Iraq è un problema serio per la sicurezza iraniana. Tuttavia, la frammentazione della comunità sciita irachena rende di difficile comprensione la reale dimensione della presenza iraniana nel paese. Inoltre, Al Sistani, la massima autorità sciita irachena, ayatollah di Najaf, si è sempre opposto alla teoria khomeinista della velayat-e faqih, promuovendo, al contrario, la separazione tra religione ed istituzioni politiche. Di sicuro, l’Iran vuole un vicino che abbia un governo stabile. Ingigantire le accuse mosse all’Iran di fomentare la resistenza irachena ha come conseguenza la sottovalutazione delle responsabilità americane e di gruppi sunniti iracheni e stranieri nella guerra civile che dilania il paese. Ma non solo, questa strategia chiarisce la volontà delle autorità degli Stati Uniti di unire alla questione di lungo periodo del nucleare, un pretesto immediato per demonizzare l’Iran o addirittura per presentare come inevitabile un attacco armato contro questo paese.



Giuseppe Acconcia
Lettera 22

lunedì 28 novembre 2011

Il dannato ragionevole (4)

Il dannato ragionevole
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Cineforum Sandrine e la pioggia
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Date: from 2008-09-22 to 2008-09-23
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ore 21.00
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Piazza Vittorio Emanuele II
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Web site: www.apolloundici.it/piccoloapollo/portico47/portico47.asp
Description
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Due racconti poetici scritti e narrati da Cristina Casal, Rinbka Sibhatu, Josette Martial, Alez Mendizabal, Gustavo Basz, Kleopatra Jura, Giuseppe Acconcia, Ingy Mubiayi, Paolina Carli.
Un racconto corale in due parti, letto, cantato, recitato nelle diverse lingue dal gruppo di poeti "Portico 47".

domenica 27 novembre 2011

Il dannato ragionevole (3) l'Unita'

LETTURE
Cinema e poeti
Per la manifestazione multietnica a
cura di Apollo 11, Il dannato
ragionevole, due racconti poetici
scritti e narrati da: Cristina Casal,
Ribka Sibhatu, Josette Martial, Alex
Mendizabal, Gustavo Basz,
Kleopatra Jura, Giuseppe Acconcia,
Ingy Mubiayi, Paolina Carli. Piazza
Vittorio – Portico tra Via Ricasoli e
Via Mamiani. Ore 21, ingresso
libero.

sabato 26 novembre 2011

Il dannato ragionevole (2) Il Corriere della Sera

Giornata di cinema tutta da seguire. Mentre in mattinata (dalle 11), continua a Testaccio la rassegna di corti «Café» (stesso programma di ieri, vedi post del 20) a cura di Ferdinando Ammore, nell’ambito del festival di arti performative e figurative Nafta café (Città dell'Altraeconomia, Campo Boario), stasera inizia all' Esquilino Cinema e poeti dal mondo , manifestazione che fino a domenica 28 punterà su Bollywood e Baires, con opere filmiche emergenti da India e Argentina proiettate ogni sera nell’ Arena Apollo 11 (presso I.t.i.s. Galileo Galilei, in via Conte Verde).
Collegato alla rassegna, nel portico tra via Ricasoli e via Mamiani, c’è (alle 21) il reading Il dannato ragionevole: due racconti poetici scritti e narrati da Cristina Casal, Ribka Sibhatu, Josette Martial, Alex Mendizabal, Gustavo Basz, Kleopatra Jura, Giuseppe Acconcia, Ingy Mubiayi, Paolina Carli.

Musica e reading anche a Libri in Campo, nella Casa delle Letterature , dove stasera si presenta (alle 17.30) Heranush. Mia nonna , il libro di Fethiye Cetin, con Valentina Karakhanian (autrice delle musiche del film La masseria delle allodole). Accompagna la parte letteraria un concerto (19.30) del Paolo Recchia Trio: accanto a Recchia (sax), Nicola Muresu (contrabbasso) e Nicola Angelucci (batteria).

A San Lorenzo, invece, musica e folclore per Festìva che, da oggi e per una settimana, vedrà protagonista la cultura della Sardegna: numerosi stand promuoveranno la storia e le tradizioni dell’isola a Roma. A Prati, il Festival della Comicità si conclude in piazza Risorgimento con una serata animata (alle 21) dal cabarettista principe dell'Estate Romana: Antonio Giuliani (foto a destra). Gag e scene esilaranti per raccontare le contraddizioni del vivere quotidiano.

giovedì 24 novembre 2011

Chi e' Adallah Saleh? Ascesa e declino di un leader tribale

Abdullah Saleh, presidente dello Yemen, ha firmato un accordo secondo il quale cedera' il potere in trenta giorni. Dopo 33 anni di potere, Saleh lascia il suo incarico. A costringerlo alle dimissioni le manifestazioni a Sanaa e i gruppi di estremisti che controllano il porto di Aden.
 
Al potere dal 1978, il presidente yemenita Ali Abdullah Saleh e' a oggi uno dei leader arabi più tenaci nonostante le manifestazioni antigovernative in corso in Yemen da febbraio. Da allora centinaia di persone sono state uccise nella dura repressione delle proteste, scoppiate sulla scia delle rivolte contro governi autoritari in Medio Oriente e Nord Africa. Negli ultimi giorni a indebolire ulteriormente Saleh sono arrivate le tensioni, culminate in sanguinosi scontri, con lo sceicco Sadiq al-Ahmar, leader della tribu' degli Hashed, che è la stessa a cui appartiene Saleh. In tutto, da febbraio, nello Yemen si contano oltre 350 morti negli scontri tra oppositori e fedli a Saleh.
Il presidente yemenita è nato il 21 marzo 1942 a Bait Al Ahmar, villaggio del governatorato di Sana'a. Per pochi anni ha frequentato una scuola religiosa e ad appena 16 anni si è unito alle forze militari dello Yemen del Nord. Saleh è stato tra i giovani ufficiali che hanno portato a termine la rivoluzione del 1962 quando le truppe militari rovesciarono il governo religioso insediatosi nel nord del Paese. Più volte ferito, Saleh ''ha compiuto atti eroici nei 70 giorni di occupazione di Sana'a", si legge sulla sua biografia ufficiale.
Nominato governatore di Taiz nel 1978 dal presidente dello Yemen del Nord, Ahmad Al Gashmi, Saleh ha preso il suo posto quando Al Gashimi venne ucciso in un attentato nel 1978. Dopo l'unificazione del Nord e del Sud del Paese, nel 1990, Saleh è diventato presidente della Repubblica dello Yemen. Negli anni, per rafforzare il controllo sul Paese e raccogliere il sostegno internazionale, Saleh ha cercato di 'sfruttare' la presenza dei ribelli Al Houthi al nord, dei ribelli marxisti nel sud e degli affiliati di al-Qaeda nell'est. Nel 1999 divenne il primo presidente eletto del Paese, ottenendo oltre il 90% dei voti. Nel 2006 si e' ricandidato, vincendo con il 77,2% delle preferenze. (segue)
(Acc/AKI)
Yemen: Saleh al potere dal 1978, ascesa e declino di un leader tribale (2)
Sana'a, 3 giu. -
(Aki) - In seguito alle prime manifestazioni di piazza del febbraio scorso, Saleh ha annunciato che non si sarebbe ricandidato alle presidenziali nel 2013. Il 10 marzo ha poi annunciato un referendum per una nuova Costituzione. Ma intanto si e' aggravata la crisi nel Paese e figure prominenti del regime hanno lentamente abbandonato lo Yemen.
Nel tentativo di porre fine alla crisi politica, il Consiglio di Cooperazione del Golfo ha proposto un piano per il trasferimento pacifico dei poteri al vicepresidente in cambio dell'immunità per Saleh, con lo scopo di formare un governo di coalizione, incaricato di indire elezioni presidenziali entro due mesi. Ma per tre volte il presidente ha ritirato all'ultimo momento il suo via libera alla road map. Le difficolta' nei negoziati per una soluzione della crisi hanno determinato lo scoppio di nuovi scontri tra le truppe fedeli a Saleh e il capo della tribù dei ribelli Hashed, al-Ahmar.
Nel gioco delle alleanze internazionali, Saleh, alleato degli Stati Uniti nella lotta al terrorismo, è stato anche molto vicino all'ex presidente iracheno, Saddam Hussein. Nel 2000, con l'obiettivo di rafforzare le relazioni a livello militare con l'Iran, Saleh si e' recato in visita a Teheran. E dopo l'inizio delle operazioni americane in Iraq, nel 2003, lo Yemen ha ulteriormente consolidato la cooperazione con l'Iran, cosi' come con la Siria. L'appoggio di Saleh alla Repubblica Islamica e' apparso, se possibile, ancora piu' evidente, quando il presidente yemenita si e' espresso a favore del controverso programma nucleare iraniano.

mercoledì 23 novembre 2011

Il "massacro" di piazza e gli errori dell'esercito

Continuano gli scontri nelle principali citta' egiziane. In piazza Tahrir sono raccolte centinaia di persone. I medici curano i feriti e gli asfissiati dai lacrimogeni lanciati dalla polizia militare e dalle Forze di Sicurezza Centrale nelle vie laterali. Particolarmente cruenti sono gli scontri di via Mohammed Mahmoud, nei pressi del Ministero degli Interni (dove l'esercito ha costruito una barricata di fil di ferro per tenere lontani i manifestanti) e in piazza Falaki. I manifestanti chiedono le dimissioni del feldmaresciallo Tantawi, leader del Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF), che controlla il paese dopo le dimissioni rassegnate da Mubarak lo scorso 11 febbraio.Senz'alro, l'esercito ha compiuto molti errori nella gestione del periodo di transizione verso le elezioni. In particolare, la richiesta che il nuovo Parlamento approvi delle norme sopracostituzionali per mantenere il potere nelle mani dei militari ha reso evidente agli occhi degli egiziani il tentativo dello SCAF di allontanare il passaggio di consegne ad un governo civile. D'altraparte, il protarsi della data per tenere elezioni presidenziali, una richiesta che in realta' e' venuta da molti gruppi politici, ha reso ancora piu' evidente, il tentativo dell'esercito di smorzare la spinta rivoluzionaria e gradualmente spegnerla. Tantawi ha tentato per questo motivo di correggere il tiro ieri indicendo elezioni presidenziali entro il prossimo giugno.
Inoltre, l'alleanza tra Fratelli musulmani ed esercito ha contribuito a rendere meno efficaci le azioni di protesta e piu' vulnerabili i manifestanti. I Fratelli musulmani nelle manifestazioni di gennaio e febbraio si sono occupati di mantenere l'ordine. La loro assenza ha reso chi manifesta in piazza Tahrir esposto ad ogni sorta di attacco delle forze di sicurezza. Tutti coloro che si trovano a Tahrir e nelle piazze di Alessandria e Suez si confrontano con la piu' totale arbitrarieta'. Mohammed El-Baradei, possibile Primo ministro di un governo provvisorio che prenda il posto del dimissionario Essam Sharaf, ha denunciato la possibilita' che questo sit-in si trasformi in un vero "massacro".
Di seguito riporto la testimonianza di una fotografa italiana, tratta in arresto al Cairo in queste ore.
"Ero con una collega quando abbiamo seguito all'interno di un palazzo la troupe di una tv locale per seguire la conferenza stampa in cui Tantawi avrebbe dovuto trattare con la piazza". "L'incontro si e' tenuto in prossimita' degli scontri" - continua - "dopo i primi tafferugli, nel momento in cui ci stavamo allontanando dalle barricate, ci hanno raggiunto due poliziotti aggredendoci di spalle, buttandoci a terra e sottraendoci le macchine fotografiche". "Da quel momento i militari ci hanno trattenuto con la falsa motivazione di cercare i responsabili dell'aggressione. Hanno confiscato le macchine fotografiche e le relative memory card, senza restituircele e hanno chiesto di perquisirci".
Chi e' questa volta a sparare? Non c'e' Mubarak ad ordine di fare fuoco sui manifestanti, il maresciallo Hussein Tantawi, leader del Consiglio Supremo delle Forze Armate, chiede scusa per i morti. E cosi', la polizia militare e le forze di sicurezza centrale agiscono spesso senza controllo rendendo ancor piu' evidente il divario tra i militari che sono con i manifestanti e coloro, all'interno dell'esercito, che sono contrari alla rivoluzione.
D'altraparte, la promessa di Tantawi promuovere un referendum sul mantenimento dei poteri in mano die militari sembra altrettanto ambigua. Se la domanda dovesse essere "volete che i militari continuino a detenere il potere in Egitto", la risposta non potra' che essere che affermativa con l'appoggio di esercito e Fratelli musulmani. In questo clima lunedi' si terranno le prime elezioni parlamentari dopo le rivolte di gennaio.

Giuseppe Acconcia

martedì 22 novembre 2011

Il blog di Chiarelettere

Questa mattina, a Milano, la presentazione alla stampa del progetto "www.cadoinpiedi.it", la nuova realtà online avviata dalla casa editrice Chiarelettere (già tra i soci de Il Fatto Quotidiano) con il Gruppo Gems (qui tutti i marchi del gruppo), che viene definita "il primo tentativo di informazione crosseditoriale". A spiegare cos'è Cadoinpiedi.it, Marco Tarò (Direttore Generale Gems e Amministratore delagato Chiarelettere), Lorenzo Fazio (Direttore editoriale di Chiarelettere) e Gianroberto Casaleggio (Presidente Casaleggio Associati).

Tra le novità emerse nella conferenza stampa, come ha spiegato Tarò, c'è che a partecipare al progetto saranno non solo gli autori Chiarelettere, ma anche altre firme delle case editrici del Gruppo Mauri Spagnol, oltre ad autori "esterni" a Gems (come Michela Murgia, che ha già iniziato a collaborare). L'obiettivo, come ha sottolineato Casaleggio, è "aggregare la più grande comunità di autori in Italia. Ogni giorno questi forniranno approfondimenti multimediali su temi di propria competenza. Il sogno è arrivare a far collaborare almeno mille autori". Un sito di commenti e analisi che quindi "non farà concorrenza a Il Fatto Quotidiano, che dal canto suo deve stare sulla notizia", ha spiegato Fazio. Marco Tarò ha aggiunto che "non ci si aspetta ricavi diretti da Cadoinpiedi.it. Piuttosto, il sito è un modo per valorizzare gli autori, dando loro maggiore visibilità sul web e sui social network. In questo modo crediamo che i loro libri in futuro venderanno di più. Certamente non si tratta di un investimento a perdere...".


L'ANTEPRIMA SULLA NASCITA DI CADOINPIEDI.IT CON TUTTI GLI ALTRI PARTICOLARI SUL PROGETTO...
(pubblicato su Affaritaliani.it il 4 marzo)

lorenzo fazio
Lorenzo Fazio
Cadoinpiedi.it è la nuova realtà online avviata dalla casa editrice Chiarelettere (già tra i soci de Il Fatto Quotidiano) con il Gruppo Gems (qui tutti i marchi del gruppo). Viene definito "il primo tentativo di informazione crosseditoriale". Uno spazio nuovo aperto alla collaborazione di "autori informati sui fatti" che si misurano su temi sociali, economici, culturali, sia nazionali che internazionali. Scrittori, giornalisti ed esperti provenienti da diversi settori mettono a disposizione dei lettori le loro competenze e professionalità, anche a partire dai libri che hanno pubblicato non solo con Chiarelettere e le case editrici del Gruppo Gems.

Tra coloro che hanno già firmato articoli ci sono Michela Murgia, Marco Revelli, Vittorio Malagutti, Giorgio Meletti, Oliviero Beha, Ferruccio Pinotti, David Bidussa, Gianni Barbacetto, Ferruccio Sansa, Simone Perotti, Gianluigi Nuzzi, Mario Portanova, Giorgio Fornoni, Paride Leporace, Giuseppe Acconcia, Samanta Di Persio...

Marco Tarò Gruppo Mauri Spagnol Gems
Marco Tarò
L'iniziativa sarà presentata lunedì 7 marzo, alle ore 11, presso GeMS, via Gherardini 10, Milano– per informazioni ufficio stampa Chiarelettere: info@chiarelettere.it; 3485238601. Alla conferenza stampa saranno presenti: Marco Tarò (Direttore Generale Gems), Lorenzo Fazio (Direttore editoriale di Chiarelettere), Gianroberto Casaleggio (Presidente Casaleggio Associati).

Quanto ai contenuti, tra le sezioni del sito troviamo "La Fermata" (con il tema di attualità giornaliero visto attraverso il contributo anche video), "Parole d’autore" (qui interventi e articoli su temi di più ampio respiro), "Libri in Rete" (una selezione di notizie estratte da Google News su temi di attualità affrontati nei libri), e "Pagina" (che raccoglie di volta in volta una pagina scelta da un libro).

Ai visitatori del sito è data la possibilità di commentare testi e video, di inviare propri articoli su temi che hanno personalmente approfondito (dei quali la redazione si riserva la pubblicazione), di condividere i contenuti sui social media come Facebook e Twitter, e di inviare suggerimenti su argomenti inerenti ai libri degli autori che vorrebbero approfondire. Inoltre, l'iscrizione al sito permette di ricevere giornalmente una newsletter con un estratto dei principali contenuti.

lunedì 21 novembre 2011

Riesplode piazza Tahrir, rete ebrei contro l'occupazione

Riesplode piazza Tahrir

Il Manifesto, 10 Aprile 2011
altGLI SCONTRI DI IERI A PIAZZA TAHRIR/GIUSEPPE ACCONCIA
Egitto
Decine di migliaia di nuovo in strada per chiedere dimissioni e processi per tutti i membri del partito di Mubarak. Ma i soldati stavolta sparano
Ieri mattina piazza Tahrir sembrava un campo di battaglia, col filo spinato e le barricate che bloccavano tutte le vie d'accesso, dal ponte «Qasr el Nil» fino alle arterie principali del centro. Dopo la sassaiola notturna, le strade erano colme di pietre e ciottoli. Giovani montati sui rottami di una camionetta e di un bus dell'esercito dati alle fiamme nella notte. È finita nel sangue la più grande manifestazione del dopo Mubarak. Venerdì allo scoccare delle due, ora d'inizio del coprifuoco notturno, è iniziata un'intensa sparatoria proseguita fino alle cinque del mattino. In tutto 3000 persone, giovani Fratelli musulmani, ragazzi del movimento «6 aprile» e di gruppi di sinistra avevano deciso di rimanere in piazza. «Vogliamo le dimissioni di tutti i membri del partito Watani (Pnd) ancora in carica, compresi i governatori regionali e i rappresentanti delle province» assicura Khaled Telima, dei giovani rivoluzionari. E aggiunge: «Non andremo via finché Mubarak e la sua famiglia non verranno processati».
alt LA PROTESTA PRIMA CHE INTERVENISSE L’ESERCITO/REUTERS
Vari gruppi di attivisti si erano raccolti ai lati della strada, tra le poche tende rimaste ancora in piedi al centro della piazza. Secondo il Ministero della Salute, gli scontri hanno causato 71 feriti. Tra i quindici colpiti da arma da fuoco, ci sarebbero almeno due morti. È ancora presto per stabilire quali siano esattamente le responsabilità dell'esercito in questo attacco. Di sicuro, all'alba di sabato, polizia, polizia militare ed esercito hanno sgomberato la piazza con manganelli e pistole taser, proprio come il 26 febbraio scorso. Allora l'esercito aveva presentato scuse formali ai manifestanti. Ma questa volta le conseguenze dell'attacco sono più gravi. Già i primi scontri si erano registrati la sera di venerdì. Alcuni ufficiali dell'esercito avevano raggiunto i manifestanti. Ma la polizia militare aveva tentato di fermarli. È iniziata così una sassaiola nella quale erano coinvolti anche alcuni pro-Mubarak, tra cui uomini dello staff di Ibrahim Kamal. L'uomo del Watani è stato arrestato ieri mattina con l'accusa di «aver incitato i teppisti» che hanno attaccato i manifestanti.
Giovani dei Fratelli musulmani, formando un cordone, avevano permesso ai militari di unirsi alle proteste. In un post su Facebook le forze armate hanno detto che «continueranno a lavorare per soddisfare le aspirazioni del popolo egiziano». Ma molti attivisti non credono più all'attendismo e alle scuse continue dell'esercito. «Il consiglio militare è parte del regime corrotto. Ci guida chi ha beneficiato dei 30 anni di regime di Mubarak» ha detto Abdullah Ahmed, che ha trascorso la notte in Piazza Tahrir. «Se sei o sette membri del Pnd affrontano un processo civile, non è abbastanza» ha ammesso Mohammed el Qassas, giovane dei Fratelli musulmani. Proprio la confraternita aveva chiamato i militanti venerdì a una manifestazione di massa per un giro di vite all'interno del partito di Mubarak. La risposta dei manifestanti è stata sorprendente.
Centinaia di migliaia di persone in festa avevano raggiunto Tahrir. Caroselli improvvisati inneggiavano alla rivoluzione del 25 gennaio. Musicisti, fumettisti e teatranti si raccoglievano nelle strade laterali. Sin dalla mattina gli elicotteri pattugliavano la zona, come nei giorni delle rivolte. I Fratelli musulmani avevano organizzato un servizio d'ordine in ingresso e in uscita. Nei pressi del Museo egizio erano posti i palchi dei militanti dei piccoli partiti di sinistra, nati dalle ceneri del Tagammu. Ai lati dell'Università americana si erano assembrati i giovani della coalizione dei rivoluzionari e di «6 aprile», appena costituitisi in Ong. All'ingresso del Mogamma (centro amministrativo), erano sistemati in tende centinaia di salafiti, che si raccoglievano in preghiera. Alcuni leder dei Fratelli musulmani venivano portati in trionfo sulle spalle dalla folla, tra loro Safuat Aghazi. La gente sventolava bandiere di Yemen, Libia e Siria. Mentre le forze speciali dell'esercito stazionavano all'ingresso dei palazzi che si affacciano sulla piazza. Un migliaio di manifestanti si era diretto verso l'ambasciata israeliana per protestare contro gli attacchi dell'esercito israeliano a Gaza. Il nuovo ministro degli esteri egiziano, Nabil al Arabi, si era espresso nei giorni scorsi per una revisione del Trattato di pace con Israele, facendo riferimento alla mancata demilitarizzazione del Sinai. Nonostante le richieste di processare membri del partito nazionale vengano invocate ogni giorno, molti esponenti del Watani godono di un ampio seguito nelle province e nelle campagne egiziane. D'altra parte, l'esercito ha incassato l'approvazione della dichiarazione costituzionale e della road map verso le elezioni, apparendo finora così familiare da aver aperto macellerie ambulanti che vendono carne a metà prezzo nei quartieri più disagiati.
Ma l'episodio di ieri chiarisce ancora una volta quanto l'esercito sia diviso al suo interno tra giovani militari, ufficiali e Consiglio delle forze armate. E così il ridimensionamento politico, e la repressione, dei movimenti rivoluzionari da parte dell'esercito serve ad unire i militari, avvicinando l'Egitto agli esempi di Italia e Francia del 1968. Mentre la relazione privilegiata tra Stati uniti, Consiglio delle Forze armate e il controllo dell'esercito sul potere politico sembra ormai avvicinare l'Egitto ad alcuni paesi dell'America latina.

sabato 19 novembre 2011

Curfew nights sul Dallasnews

Al-Ahram Weekly 6 months ago

Curfew nights


Giuseppe Acconcia remembers the revolution in the nighttime At one point during the 18 nights of the Egyptian Revolution the curfew was extended to three pm. Looking out of the downtown building where I live, thanks to a surreal lack of cars on the... Full Article at Al-Ahram Weekly

venerdì 18 novembre 2011

Aid al-Adha, le foto di Francesca Leonardi

Qualche giorno fa al Cairo, in Egitto e in tutto il Medio Oriente (anche in Europa) tra le comunita' musulmane si e' festeggiata la festa del sacrificio. Decine di capre, pecore, mucche e cammelli sono stati sgozzati in ricordo del sacrificio di Giacobbe. Trovate sul sito di Contrasto le magnifiche foto di Francesca Leonardi che ha preso parte agli sgozzamenti e alle celebrazioni ad Alessandria.

giovedì 17 novembre 2011

I Fratelli Musulmani fuori dal Parlamento egiziano

Egitto, alle politiche del 5 dicembre stravince il partito del presidente
Mubarak senza opposizione
Il leader si prepara al settimo mandato. Fuori i Fratelli Musulmani
Il Partito Nazional Democratico (Pnd) di Mubarak ha trionfato nelle elezioni parlamentari del 5 dicembre scorso, conquistando 420 dei 508 seggi disponibili. L’affluenza alle urne è stata molto bassa. Solo il 35% degli elettori ha votato al secondo turno. Terribile il bilancio del primo turno, tenutosi il 28 novembre. Secondo l’Associazione egiziana per i diritti umani, almeno otto persone sono rimaste uccise durante le dimostrazioni fuori e dentro i seggi elettorali delle principali città egiziane. Numerose le denunce di brogli da parte di attivisti e organizzazioni internazionali. E così, Mubarak, 82enne presidente egiziano, si prepara alle elezioni presidenziali del 2011 con un Parlamento monocolore. Il rafforzamento del Pnd apre la strada ad una sua possibile ricandidatura per il settimo mandato consecutivo. Oppure rende più agevole il passaggio di consegne a suo figlio Gamal.
La maggiore forza di opposizione, i Fratelli Musulmani, è sparita dal Parlamento. Se nel 2005, la confraternita, che per legge non può essere un partito politico, conquistò 88 deputati, eletti come indipendenti, nel 2010, solo Magdi Ashour, è stato eletto tra i 135 candidati del movimento. I principali leader dei Fm gli hanno chiesto di rinunciare. «Siamo fuori dal Parlamento, ma questo non significa che siamo assenti dalla politica egiziana e nella scena sociale», ha dichiarato Essam El Arian, capo dell’ufficio politico dei Fm. Ed è sempre andata così. Nel confronto tra il movimento islamista e i partiti al governo sin dai tempi di Nasser, ogni arretramento politico dei Fm ne ha rafforzato la presenza nella vita sociale: dalle associazioni caritatevoli alle moschee, dalle scuole ai sindacati. Le altre forze di opposizione presenti nel nuovo Parlamento, il partito liberale, Wafd, il partito comunista, Tagammu, hanno conquistato appena 10 seggi. Eppure non ci sono solo ombre nel nuovo Parlamento egiziano. 378 erano le donne candidate ad entrare nell’Assemblea. 64 sono state elette secondo le “quote rosa” stabilite da una legge del 2009. Mentre è ancora esiguo il numero dei cristiani copti che hanno avuto accesso alla competizione elettorale. A questo punto, le opposizioni potrebbero puntare ad un’incerta alleanza con l’Associazione Nazionale per il Cambiamento, neonato movimento di El Baradei, ex direttore generale dell’Aiea.
La neoeletta Assemblea parlamentare dovrà affrontare nei prossimi mesi alcuni nodi cruciali per il futuro del Paese. Primo fra tutti, la riforma della legge di emergenza in vigore da 29 anni. In secondo luogo, riforme economiche, urgenti per l’aumento del costo della vita e gli alti tassi di impoverimento. Secondo le Nazioni Unite, il 30 per cento degli egiziani vive con meno di un dollaro al giorno. Questo ha determinato forte scetticismo nei confronti del regime. Anche la comunità egiziana campana condivide questo sentimento. Alcuni studenti dei corsi di italiano, organizzati dall’Associazione “La tenda” in Via Fiera Vecchia a Salerno, sostengono che «queste elezioni sono state una farsa. Mubarak guida un regime autoritario. Sono stati eletti solo uomini d’affari a lui vicini». Tra loro, Ahmad Wahba, 22 anni, (in Egitto studente di Medicina, in Italia lavora in un Phone Centre) aggiunge: «che non ci siano i Fratelli Musulmani in Parlamento non mi spaventa. Da decenni sono conniventi con il potere».
Queste elezioni hanno rafforzato il sentimento di sfiducia nella politica da parte degli egiziani, costretti ad uno sviluppo economico non equilibrato, diviso tra islamismo e secolarismo.
GIUSEPPE ACCONCIA

mercoledì 16 novembre 2011

The politics of the governed: informal politics

“The notion of an internal autonomy of consciousness defines the way we think of coercion. It obliges us to imagine the exercise of power as an external process that can coerce the behaviour of the body without necessarily penetrating and controlling the mind” (Mitchell 1990).
Through the analysis of James Scott’s book ‘Weapons of the weak: everyday forms of peasant resistance’, Mitchell explores the weaknesses of the dualism structure vs practice and presents an alternative approach.
“I argue that both the contradiction and the resulting exclusions are caused by the need to understand resistance in terms of the problematic distinction between power as a material force and power at the level of consciousness or culture” (Mitchell 1990).
‘Weapons of the weak’: a fieldwork in Sadaka, Malaysia: peasants are constrained in their behaviours, domination operates at the level of ideology. (Pierre Bourdieu on Kabyle): redistribution is constitutive of political authority in a pre-capitalist society and is presented as moral relation.
A euphemized domination: the dependence of the rich on the labour of the poor required to cultivate their loyalty. Symbolic violence (James Scott) or Invisible form of violence (Pierre Bourdieu) determines a double reality: distinction between a public acquiescence and private autonomy. Hegemony (Antonio Gramsci): non violent form of control (consent given by exploited to their exploitation): a rational choice or a practical choice.
The limit of Scott’s book is a misconception of hegemony that implies some consensual acceptance: poor retain an internal autonomy. The Scott five explanations: isolating nature of the changes, complexity of class conflict, obstacle to resistance, fear of repression, day to day imperative to earn money. Furthermore, the reproduction of kinship relations and the cooperation between state security and landowners.
According to Mitchell, Scott presents culture as a signifier: structure is the effect introduced by modern mechanism of power to form modern system of domination. Power is essentially material, seeks to extend itself and work more economically by producing effects that are cultural and ideological; power coerces and places limits on people options rather than creating truth and subjects.
Mitchel uses Michel Foucault to support is counterargument: “a time when words were not yet detached from things”. Now is not the case, villagers are subjects to powers whose source seems removed from their own world. Power as a system of demand: pay rents in advance, less peasants escape the control of landowners and authorities, formation of a state culture as a mean to control.
Power is a reproduction of the two-dimensional reality (structure vs practice).
Egyptian case 1 (PVO) and 2 (majlis urfiyya):
“Individual strategies to accumulate savings, provide an education for a child, or migrate abroad, when repeated thousands of times, influence the macro allocation and distribution of scarce resources and public goods, as well as political and economic phenomenon in the nation. Everyday decisions add up incrementally to create the boundaries and interests of the political and economic order” (Singerman 1995).
Micro level influence macro level: informal institutions, serving popular interests, are important as collective institutions; men and woman forge collective institutions.
Informal sector in an authoritarian state: charitable, voluntary associations, workplaces, households, markets, school, health clinics. Gamal Abdel Nasser/Anwar al-Sadat/Hosni Mubarak used elections, political parties, professional groups, bureaucracy to control and co-opt the informal sector (comparison with el pueblo in Latin America). Sha’b (people): informal networks engaged in collective life, reproducing the family ties (e.g. bread riots).
Diane Singerman (Jews and unmarried) started her fieldwork in 1985 in Cairo hara (alley of Fatemid heritage). She visited 23 different neighbourhoods (Sayeda Zeinab, Gamaleya, Bab Shareya): coexistence of homes, commercial areas, formal and informal sectors. She was living with an Egyptian woman and was incorporated in the life of the quarter. She was indirectly in connection with 350 people.
’84-’85: subsidies 18% of public expenditures (politics as consumption). Private Voluntary Organizations (PVO): method to distribute goods and services. MP also chairman of a PVO. Examples: father asked for the hospitalization of his son; woman asked for a job; control on sectarian risks. (Religious PVO).
“Informal networks provide an organizational grid for the sha’b which facilitates their political participation. Just as lawyers, engineers, the managerial bourgeoisie, importers, or labor unions are organized in Egypt, the sha’b are also organized and their interests and political preferences shape micro and macro political dynamics” (Singerman 1995).
Majlis urfiyya (customary councils): alternative mean of regulation (police corrupted and improvised). Hajj (a man of good) not just a symbolic attribute but a recognised mediator (e.g. baltagi actions, sexual transgressions).
Elders and rising notability. The politics of notables: now they come from lower strata compared to the Ottoman Empire (Hurani 1981). They are below merchants and entrepreneurs: they work in sector expanded with the liberalization (Sonbol 2000). The state co-opts them to avoid the rise of independent leaders. When they are Islamists their mediation represents a challenge to state authorities.
The state is not a coherent entity at level of local institutions (e.g. Boulaq: vendors of the market, collapse of a school, public electricity-corruption).
Question may be raised as how to politicize this informal sector with references to the Egyptian revolts. Islamist movements can enforce the political mobilization more than leftist and liberal movements. Discuss
Giuseppe Acconcia

References
Bourdieu, Pierre in Mitchell, Timothy. “Everyday Metaphors of Power”, Theory and Society 19:5 (1990) 545-577.
Foucault, Michel. “The order of things: an archaeology of the human sciences”, London: Routledge, 2001, chapter 2.
Hurani, Albert in Ismail, Salwa. Political life in Cairo’s new Quarters: Encountering the Everyday State, Minneapolis: University of Minnesota Press, 2006, Chapter 2.
Ismail, Salwa. Political life in Cairo’s new Quarters: Encountering the Everyday State, Minneapolis: University of Minnesota Press, 2006, Chapter 2.
Mitchell, Timothy. “Everyday Metaphors of Power”, Theory and Society 19:5 (1990) 545-577.
Scott, James C. “Weapons of the weak: everyday forms of peasant resistance”, Oxford University Press, 1990.
Singerman, Diane. Avenues of Participation: Family, Politics and network in Urban Quarters of Cairo , Princeton University Press 1995, Introduction, chapter 5 and Conclusion.
Sonbol, Amira in Ismail, Salwa. Political life in Cairo’s new Quarters: Encountering the Everyday State, Minneapolis: University of Minnesota Press, 2006, Chapter 2.

martedì 15 novembre 2011

lunedì 14 novembre 2011

domenica 13 novembre 2011

Cinema e poeti dal mondo, Il Corriere della Sera


Apollo 11 propone «Cinema e poeti dal mondo» con i cantastorie del gruppo Portico 47

«Cinema e poeti dal mondo» è la rassegna che prende il via a cura dell' associazione Apollo 11 a piazza Vittorio, sotto il Portico fra via Ricasoli e via Mamiani. Il progetto è articolato in due parti, dedicate una alla poesia e una al cinema e rappresenta un' occasione per scoprire le opere - poetiche e cinematografiche - di autori provenienti da diversi paesi. In scena Portico 47, il nome che si è dato un gruppo di poeti, cantori e cantastorie nato al Rione Esquilino per dare impulso alle varie lingue e voci del territorio. Da stasera a venerdì sono in programma tre racconti poetici scritti e narrati da Paolina Carli, Kleopatra Jura, Alex Mendizabal, Giuseppe Acconcia, Josette Marcial, Gustavo Basz, Helene Paraskeve, Ribka Sibhatu. Alla tabla Sanjay Kansa Banik. Contributi di Yoannes Tesfay, Cristina Ali Farah, Jorge Canifa. PIAZZA VITTORIO, portico di via Ricasoli, ore 21, fino a venerdì, tel. 06.7003901

giovedì 10 novembre 2011

Berlusconi a caccia di voti. 26 dicembre 2010.


Il premier ha ottenuto di misura la fiducia alla Camera
Berlusconi a caccia di voti
Il micro-governo vorrebbe allargare la maggioranza a singoli deputati
Sempre più vicine le elezioni. Fini non si dimette e rilancia il terzo polo
Né Berlusconi-bis né governo tecnico, nasce un micro-governo Berlusconi, con soli tre voti di vantaggio: un’autostrada verso le elezioni anticipate.
Dopo una settimana di sospensione dei lavori parlamentari, la maggioranza ha incassato una vittoria risicata alla Camera, 314 a 311. Mentre è ancora ampio il margine al Senato, 162 a 135. Fini non solo non si dimetterà. Ma accelera la formazione del “Polo della Nazione”, insieme a Rutelli, Casini, Lombardo, Guzzanti e Sbarbati. Si è consumato così lo strappo definitivo tra Berlusconi e i finiani. Lo scontro tra i due leader del centrodestra era iniziato lo scorso aprile e culminato con l’espulsione di Fini dal partito e la formazione di gruppi autonomi. Ma all’appuntamento con la fiducia, i finiani non si sono presentati uniti. Alcuni hanno dimostrato di non apprezzare l’accelerazione del Presidente della Camera. E così i 10 senatori fiellini hanno preferito astenersi al Senato. Mentre i deputati Polidori, Siliquini e Catone si sono sfilati all’ultimo momento nel voto alla Camera. Determinante per la vittoria di Berlusconi anche il voto dei dipietristi, Razzi e Scilipoti, e degli ex Pd Calearo e Cesario.
Dal primo incontro tra Bersani e Veltroni dopo la fiducia, è emersa l’intenzione del Pd di confrontarsi con il terzo polo. «Alla Camera il governo non ha la maggioranza assoluta dei voti», ha dichiarato Bersani, forte del buon esito della manifestazione del Pd dell’11 dicembre a Roma. «C'è da aspettarsi un vivacchiamento senza alcuna decisione utile», ha concluso Bersani.
Dopo il voto, Berlusconi ha incontrato due volte il Presidente della Repubblica per concordare i prossimi passi. E si è detto pronto ad un allargamento della maggioranza. «Penso a singoli deputati che militano nei partiti di cui non condividono più la linea», ha dichiarato il premier alla trasmissione di Belpietro. «Alcuni deputati del Fli sono già venuti da noi», ha aggiunto. Non è chiaro come la maggioranza possa allargarsi. Casini ha già reso nota la sua contrarietà all’ingresso dell’Udc. «Per dar vita a un governo di responsabilità più ampio - ha detto il leader centrista - abbiamo chiesto a Berlusconi di dimettersi». Poiché il ritiro di ministri e sottosegretari finiani ha lasciato alcuni posti vuoti nel governo, non è esclusa una crisi lampo ed un rimpasto.
Numerosi sono i provvedimenti cruciali che attendono il governo. E’ già slittata l’approvazione del decreto sui rifiuti di Napoli. Ma non solo, martedì il Senato vota la riforma Gelmini. Mentre la sfiducia al Ministro Bondi, che ha mosso dure critiche a Fini in una lettera indirizzata a Napolitano, salterà a gennaio.
A questo punto la possibilità che presto si vada ad elezioni anticipate sembra la più credibile. Con una maggioranza appesa a un filo, come fu Prodi tra il 2006 e il 2008. E le pressioni della Lega, che da una parte ha dato il via libera ad un allargamento della maggioranza, mentre dall’altra sarebbe pronta a staccare la spina al governo se non venisse approvata la legge sul federalismo fiscale.
E come se non bastasse, lo scontro si è acceso anche fuori dai palazzi della politica. Gravi sono state le conseguenze delle manifestazioni studentesche, dei lavoratori Fiom, dei cittadini di Napoli e L’Aquila, che hanno avuto luogo lo scorso martedì: 100 feriti, 20 milioni di danni, 26 giovani arrestati con l’accusa di “resistenza e lesioni”. Le scene di scontri con la polizia, lanci di lacrimogeni e danni a negozi e strade ricordavano le vicende di Genova nel 2001. Allo stesso tempo, la concomitanza con il voto parlamentare ha fatto pensare alle dimostrazioni di piazza degli anni ‘70. Secondo Pd e Idv, tra i manifestanti si sono infiltrati gruppi di “black bloc”, mentre foto e riprese tv hanno mostrato il coinvolgimento negli scontri di uomini armati della Guardia di Finanza.
In questo clima incandescente, si preparano mesi di grande instabilità politica e sembra compromessa ogni possibilità che, in questa legislatura, si affrontino i nodi della legge elettorale e della crisi economica.
GIUSEPPE ACCONCIA

mercoledì 9 novembre 2011

Amisnet 26 febbraio 2007. Edizione quotidiana. I puntata. Iran - Estratto


Da lunedi 26 febbraio Download AMISnet – Edizione Quotidiana in diretta streaming dalle 13.30 alle 14.00 ed in podcast sul nostro sito dalle 14.45. Dal lunedì al venerdì una mezzora in più insieme. Ieri 26 febbraio abbiamo parlato di Iran, cluster bombs, sovranità alimentare e della corte penale internazionale. Ospite in diretta Giuseppe Acconcia, esperto di Iran.
A cura di amisla

E’ in corso a Londra la riunione delle sei potenze che si stanno occupando del dossier iraniano, in discussione un inasprimento delle sanzioni economiche a danno di teheran. Ne parliamo con Giuseppe Acconcia, giornalista di Lettera22 e Farian Sabahi, docente di islam e democrazia all’università di torino ed autrice del libro "storia dell’Iran".

martedì 8 novembre 2011

Their blood is their love and their anger


QUOTE from:
A tragic epilogue

Her book ends with a poem dedicated to the people in FF1, written by the Palestinian contemporary poet Ibrahim Nasrallah: "Their blood is their love and their anger" But it is of the Vittorio Arrigoni's sacrifice that the words remind us.FULL ARTICLE AT AL-AHRAM WEEKLY

lunedì 7 novembre 2011

Il governo di Mubarak ed il referendum antidemocratico

Il referendum dello scorso 26 marzo per l’approvazione degli emendamenti a 34 articoli della
Costituzione egiziana ha accelerato il processo antidemocratico avviato in Egitto già dal 2005.
Secondo i dati presentati dal Ministro dell’Informazione, l’affluenza alle urne è stata molto bassa, tra il 23 ed il 27%, mentre la quasi totalità dei votanti si è espressa favorevolmente all’approvazione degli emendamenti. Tuttavia, partiti di opposizione, osservatori di organizzazioni internazionali e giornalisti avanzano dubbi sulla regolarità del voto e sui dati ufficiali forniti dal governo egiziano.
In primo luogo, gli emendamenti approvati faciliteranno la successione del presidente Hosni
Mubarak aprendo la strada al figlio Gamal. In secondo luogo, limiteranno il ruolo dei Fratelli
Musulmani, maggior gruppo di opposizione, introducendo liste elettorali compilate dai partiti con l’abolizione delle preferenze. Questo meccanismo ha permesso finora a candidati indipendenti
vicini ai FM di essere eletti nonostante lo status di semilegalità del movimento. Inoltre,
l’emendamento dell’articolo 179 conferirà al presidente poteri speciali “in caso di pericolo di
terrorismo” rafforzando l’applicazione delle leggi sullo stato di emergenza approvate nei primi anni ’80 e ancora in vigore. Infine, l’emendamento all’articolo 88 limiterà la supervisione della magistratura sul procedimento elettorale.
I partiti di opposizione hanno boicottato il referendum ed organizzato manifestazioni nei pressi del Parlamento e durante le ore in cui si è votato. In verità, le riforme approvate rientrano in una più ampia logica di limitazione dell’opposizione che colpisce i FM come maggior gruppo alternativo al Partito Nazional Democratico di Mubarak. Nelle ultime settimane 300 Fratelli Musulmani sono stati arrestati con l’accusa di riciclaggio di denaro, terrorismo e di appartenere ad una organizzazione bandita. I procedimenti a carico di 40 leader del movimento, tra cui la vice Guida Suprema Khayrat Al Shatir e un membro dell’ufficio di guida Muhammed Ali Bishr, sono stati trasferiti al tribunale militare. La Corte penale del Cairo ha, poi, congelato da 200.000 a 8 milioni di dollari a 29 figure prominenti dei FM responsabili della gestione finanziaria della Confraternita.
Già nel febbraio del 2005 erano chiare le intenzioni del presidente Mubarak di rafforzare i poteri della presidenza della Repubblica e ridimensionare l’opposizione politica. L’annunciato
emendamento all’art.76 della Costituzione che avrebbe dovuto favorire l’elezione diretta del
presidente egiziano tra più candidati, ha di fatto permesso la rielezione di Mubarak per il sesto incarico consecutivo. I FM si sono opposti all’emendamento ed hanno chiesto di limitare la
presidenza a due termini di quattro anni. Negli stessi mesi sono state organizzate le prime
manifestazioni di dissenso a cui hanno partecipato attivisti dell’opposizione, giornalisti, medici e studenti. I FM hanno sostenuto cautamente queste iniziative ed organizzato proprie manifestazioni.
Questa mobilitazione ha causato la dura repressione delle autorità egiziane. Nel 2005 sono stati
arrestati almeno 1500 sostenitori dei FM ed attivisti per le riforme. Alle elezioni politiche del novembre 2005 l’unico movimento ad aver ottenuto un’importante affermazione elettorale sono stati i FM conquistando 88 seggi parlamentari su 454. Questa nuova visibilità assicurata in Parlamento alla Confraternita sembra voler dividere un’opposizione politica già frammentata e dimostrare alla comunità internazionale che una maggiore liberalizzazione politica darebbe nuovo vigore ai movimenti islamisti. Il rafforzamento parlamentare non ha impedito, infatti, un’ulteriore ondata repressiva contro i FM. Da marzo ad agosto del 2006, 700 membri del movimento sono stati arrestati.
Le ondate di arresti del 2005-2006 hanno riproposto un’ambigua logica politica di confronto tra FM e regime egiziano che ha fatto corrispondere ad un avanzamento dell’uno l’aggressione dell’altro nel rispetto di informali limiti reciproci. Invece, il referendum confermativo e l’attuale ondata di arresti

Giuseppe Acconcia
affarinternazionali.it

domenica 6 novembre 2011

Powerful and Authentic

MONDAY, JULY 26, 2010

Powerful and Authentic
By Giuseppe Acconcia, *The saint sings* - Al-Ahram Weekly - Cairo, Egypt
Issue # 1008 / 22-28 July 2010

A week ago the Sayida Zainab mawlid brought the flavour of popular -- Sufi -- celebrations back to the heart of Cairo: having attended several of the saints' anniversaries this year, Giuseppe Acconcia celebrates a glorious grassroots tradition

sabato 5 novembre 2011

Magazine Roundup. The Magic Lute

With an eye on Yemen, Sudan, Palestine and even Egypt, Khalil El-Anani asks why Arab states are not more successful. He lists three contributing factors: "The first is the declining credibility of the Arab nation state due to political incompetence, economic corruption, social injustice, the failure to achieve domestic cohesion and to embrace religious and sectarian minorities, and the inability to meet the growing demands and aspirations of certain segments of society, notably young people. The second is the growing tendency on the part of the Arab state towards exclusiveness and an ever tighter monopoly on power, expressed daily in the form of police repression and tighter social surveillance and the natural reaction to which is social and sectarian discontent and rebelliousness.(...) The third factor is outside forces eager to exploit internal tensions to strengthen their influence in Arab society and whose success in such designs is contingent upon the existence of the foregoing conditions."

Hamid Dabashi, professor at Columbia University in New York delivers a devastating condemnation of the violence of the Iranian regime against the demonstrators. It ends with a warning that the Green Movement should not be encouraged by exiled Iranians (he does not name names) to resort to violence in return: "Outside the purview of the Islamic Republic and the violent expatriate 'opposition' it has generated against itself, the Green Movement needs to stay clear of both and turn to our extended literary humanism to sustain its moral rectitude. For all the terror that the Islamic Republic has perpetrated upon Islam and Muslims, the heart of Islam beats happily and resoundingly, sound and safe, where it has always been, in the best of our poetry, in our literature, in the solitude of our dis/belief..."

Giuseppe Acconcia writes about an Oud concert that took place during Ramadam. Samir Farid looks back at the Venice Film Festival.

venerdì 4 novembre 2011

Mubarak survives after the Gaddafi’s murder

The Libyan Revolution ends, the Egyptian continues. In Egypt, the youth, socialist and liberal activists, even Islamists are not happy about the achievements of the revolution. They argue that the army is ruling in continuity with the Mubarak regime. Somehow they think that the presence of the old rais is not entirely vanished.

Mubarak didn’t resign. He didn’t flee like Ben Ali, the former Tunisian president. He didn’t suffer an armed attack like Abdallah Saleh, the Yemeni president. Mubarak disappeared from the public scene last 11th of February, leaving power to the Council of the Armed Forces (SCAF). For months, many Egyptians thought that he was still leading the country in the shadows.

As many analysts state, the ‘Arab Spring’ has been a popular attempt to regain public spaces. In Egypt, this was even clearer than elsewhere. People took control of Tahrir Square, the Parliament, the National Democratic Party (NDP) buildings, the State Security (Amn el-Dawla) and the State TV (Maspero).

However, in Libya, demonstrators weren’t satisfied with the almost complete success of the National Transition Council (NTC), they wanted to reach the body of the President, as the extreme answer to his provocations and the last conquest of an exasperated nation. However, if Egyptians were more indulgent with their former leader, they still fear that their revolution will be incomplete.

In recent months, Mubarak’s lawyers had spread daily news about his health conditions and frequent heart attacks. These announcements tried to humanize the ‘devil’. Many people were doubtful whether this sick grandfather was really the same man who dismantled the social reforms of Abdel Nasser and avoided any political opposition through a widespread system of State Security. Likewise, the uncertain destiny of the ‘Pharaoh’ and his system of corporative power increased a skeptical feeling on the long period of transition towards a democratic system.

Many Egyptians want to settle the score. But the body of the rais is still hidden and invisible. Nothing changed with the revolts. Before his trial started last August, Mubarak didn’t appear in public since 2010. In recent years he rarely participated in official events. He was present only on the occasion of military parades. for these reasons, the news of his bad health and frequent travels to Germany enhanced the certainty that the succession to his son Gamal was near.

Although nobody has ever considered the 83 years old former president a charismatic figure, he acquired a legendary strength for his longevity and after escaping the attempt on his life set up in Addis Abeba on the occasion of his 1995’s visit. Moreover, his palace in Heliopolis was an unreachable stronghold. A mythic place, portrayed in popular movies, as the house which young Egyptians dreamed of entering to ask for the advice of the ‘great father’.

In addition, all the slogans of the Revolution tried to humanize the president and his headquarters asking him to leave the power, to ‘close the doors and turn off the lights’. The effects of this humanization have divided the Egyptian society. On the one hand, the videos of the old leader on a stretcher affirming his innocence, motivated thousands of conservative, liberal and former members of the NDP to openly affirm that they didn’t want this end for their rais. On the other hand, this attempt of ‘national reconciliation’ confirmed the fears of many demonstrators, outraged by State TV’s programs that criminalize new protests and the decisions made by the SCAF to postpone to 2013 the presidential elections.

Even though a long transition would be desirable for the formation of new political parties, coalitions and the drafting of a new Constitution, it is provoking many reactions among the youth, liberal and socialist activists. For them, the 18 days of Tahrir Square weren’t enough to turn over a new page after Mubarak and heal the divisions in the Egyptian society. Furthermore, the recent events gave to his nostalgic supporters the possibility of pointing out the dangerous sectarian struggle started after his resignations.

For his supporters, the President is still an hero. Mubarak’s body never became a public object. The untouchable man has never been seen by the people and his body has never been putted up as a sign of victory. Is it necessary for an exhausted nation to participate in the massacre of Loreto Square in Milan with the bodies of Mussolini and Petacci held up to public scorn, to attend the execution of Nicolae Ceausescu and his wife or to see the bleeding Gaddafi being slapped by a handful of rebels in Sirte?

After Anwar al-Sadat’s assassination in 1981 by a member of the gam’at al-islamyya, Egyptian people knew that violence is not the way to resolve the contradictions of a country and determine a transition to democracy. Moreover, they always underline the differences between Mubarak and their folkloristic Libyan neighbor Gaddafi. In recent months, they accused him of making mad speeches to Libyans and attracting foreign interventions rather then stepping down.

For these reasons, Hosni Mubarak has been defeated more effectively than the others, having been debased and deprived of all his privileges and with all his family in prison. Looking to the last moments of his Libyan counterpart’s life, he is portrayed by his lawyer as crying. Scared by what could happen to him or hoping to die? But somehow the old rais is already dead, although his body is still not a public property and hopefully never will be.

giovedì 3 novembre 2011

Lettura critica di Antonio Pecoraro (2)

I RACCONTI DI ACCONCIA
L'universo dei soggetti smarriti

Giuseppe Acconcia, classe 1981, laurea in economia delle Istituzioni internazionali alla Bocconi, esordisce con una scelta di brevi racconti riuniti, con lavori altrui, in una piccola antologia, “Pubblica con noi 2007”, data alle stampe da Fara Editore (www.faraeditore.it, euro 15,00). Con un linguaggio essenziale arriva quasi subito al fondo della sua riflessione che esordisce inevitabilmente da ciò che ha visto e sperimentato. Frammenti di un universo composito dove la globalizzazione ha prodotto una forzata coabitazione di etnie diverse ed il loro drammatico spaesamento. La perdita dello spazio e del tempo tradizionali e perfino dei nessi di relazione rende tutto drammaticamente indecifrabile, soprattutto per i giovani in fuga dai loro paesi di origine verso un Occidente ritenuto provvido, ma capace di ingigantire le loro frustrazioni fino a ridurli a miseri relitti umani. La narrazione, di episodio in episodio, non si compiace e non indugia sulle vite profondamente segnate dall’incontro di civiltà diverse, ma tutto considera con leggero distacco. Una presa di distanza che si traduce in stupita e disarmante domanda sulla bocca di un giovane napoletano, Marcello, che in “Curriculun vitae” ci viene presentato alla spasmodica ricerca di un lavoro in via Medina. Nell’attesa dell’improbabile occupazione, il giovane si deciderà a passare una notte fuori l’ufficio postale per vendere posti nella fila di attesa che avrebbero dovuto fare gli immigrati in cerca del permesso di soggiorno. E per lavorare proprio a Napoli! Alla fine Marcello domanderà ad uno di loro: “Comme? Cca nun ce sta niente e tu cca viene?”. Per conto suo deciderà di arrangiarsi, senza cercare più il lavoro all’agenzia, per rimanere nella sua città e non disperdere la sua identità. Quanto a tutti gli altri, soprattutto immigrati, il lavoro avrebbero continuato a cercarlo e magari a perdersi. Diventando tutti protagonisti di una mitologia contemporanea, ma vicinissima a quella degli antichi greci che se l’erano costruita per esorcizzare ciò che sfuggiva alla loro mente. Oggi come allora, al centro della trasfigurazione mitica continua a rimanere l’uomo. Il solo che nelle condizioni più proibitive è sempre capace di riscattare i propri limiti con un gesto di autentica pietas. Come quello che, in “Broken Bloom: la vita e la morte”, vede protagonista il giovane Fabrice che raccoglie e tiene tra le braccia una ragazza islamica da poco conosciuta, uccisa senza motivo da un ubriaco durante un festival in Bretagna. Nell’umanità che si rimescola e confonde, in un mondo dove tutto sembra perdere la dimensione del senso e dove ormai la tecnologia non ha più freni l’autore confessa la sua fragilità e insieme la sua forza. Scrive, rimpiangendo la libertà degli antichi, che in fondo “Sisifo è minuscolo, bugiardo, ma ancora vivo!”.

Antonio Pecoraro
Il Mattino
Napoli, Cultura, pag.42
domenica, 17 agosto 2008

mercoledì 2 novembre 2011

Lettura critica di Antonio Pecoraro

Il problema di salvare l'identità
Giuseppe Acconcia esordisce con una scelta di brevi racconti riuniti in una piccola antologia, "Pubblica con noi 2007", Fara Editore (euro 15,00). Con un linguaggio essenziale delinea frammenti di un universo composito dove la globalizzazione ha prodotto una forzata coabitazione di etnie diverse ed il loro drammatico spaesamento. La perdita dello spazio e del tempo tradizionali rende tutto drammaticamente indecifrabile, soprattutto per i giovani in fuga dai loro paesi di origine verso un Occidente ritenuto provvido, ma solo capace di ingigantire le loro frustrazioni. La narrazione non indugia sulle vite profondamente segnate dall'incontro di civiltà diverse, ma tutto considera con leggero distacco. Una presa di distanza che si traduce in stupita e disarmante domanda sulla bocca di un giovane napoletano, Marcello, alla spasmodica ricerca di un lavoro in via Medina. Nell'attesa dell'improbabile occupazione, il giovane si deciderà a passare una notte fuori l'ufficio postale per vendere posti nella fila di attesa che avrebbero dovuto fare gli immigrati in cerca del permesso di soggiorno. Alla fine Marcello domanderà ad uno di loro: "Comme? Cca nun ce sta niente e tu cca viene?". Per conto suo deciderà di arrangiarsi salvando almeno la propria identità.

Antonio Pecoraro
La Sicilia
Cultura e spettacoli, pag.21
martedì, 15 luglio 2008

martedì 1 novembre 2011

Lettura critica di Stefano Martello

Roma come Città del Messico: Periodi e frasi che sembrano ripresi da Azorin, in mezzo ad una babele di luoghi, linguaggi, aspettative e desiderio di sopravvivenza. Una scrittura complessa e fluida al contempo che esplora temi sociali, riportando un quotidiano (troppo invasivo per essere ricordato o per ragionarci sopra) ad una dimensione di disagio e di dequalificazione della dignità di uomini e donne. Gli extraterrestri erano arrivati dallo spazio: In un richiamo a Straniero in terra straniera di Heinlein, il racconto esprime, in poche illuminanti battute, il paradosso di un buon senso che si ritrova in chi non è come noi. L’esaltazione dell’irrazionalità che prevale sulle forme/formalità di interazione; un clima di perenne “informazione parziale” che declina tutto ciò che non comprende (l’esaltazione della razionalità) trattando solo l’ovvio con ovvietà poco rischiose. Tutti elementi che arricchiscono un linguaggio a tratti complesso, ma anche affascinante. Il telefono pubblico: L’insignificante che assume significato, che travalica la quotidianità d’uso per arrivare ad una visione più estesa, che è sociale, tecnologica, culturale. C’è tutto questo nel racconto che è quasi una confessione. Di fragilità di fronte ai cambiamenti, di fronte a comportamenti che si attuano non certo per consapevolezza, quanto per semplicità o immagini evocative. Il telefono “che serve solo a vecchie donne senza un soldo” diviene un monito. Un avvertimento. Scritto in maniera apparentemente fredda, emana un calore difficile da non provare.
Stefano Martello