sabato 31 marzo 2012

Arresto. Corriere del Veneto




LA RIVOLTA dell'Egitto
«Io sequestrato al Cairo da una banda armata»
Giornata di paura per un padovano e la sua fidanzata, fermati dentro un taxi. Ora sono liberi
PADOVA - «Eravamo in tre su un taxi, ci hanno fermato e sequestrati. Siamo stati portati in caserma, ci hanno tolto tutto. Lì con noi c'erano anche dei diplomatici australiani; quando i militari hanno deciso di rilasciarli, loro li hanno convinti a lasciar andare anche noi». Una brutta avventura quella vissuta da Stefano Lazzaro, padovano 27enne, dalla sua fidanzata triestina Francesca Mininel, 35 anni, e da Giuseppe Acconcia, un loro amico 29enne di Salerno. I due si trovano ancora oggi in Egitto, al Cairo per la precisione. Stavano passando un check point intorno alle 10 di ieri mattina quando sono stati fermati e sequestrati. Attimi di terrore per i due giovani, finiti loro malgrado nel cuore di una rivolta popolare che di giorno in giorno assomiglia sempre più ad una guerra civile. Sono stati presi, raggruppati con altre persone, e portati da una caserma all'altra in cerca di un posto in cui essere interrogati. «Vi dobbiamo interrogare » sono state infatti le uniche parole pronunciate dai sequestratori, comprese da Francesca (che da tempo insegna storia e filosofia al Leonardo da Vinci, il liceo per italiani del Cairo). Ma di certo se non fosse stato per le pressioni fatte dai diplomatici australiani, che casualmente si trovavano nel loro gruppo, la liberazione dei tre giovani sarebbe stata molto più complicata. «Per fortuna ci hanno restituito i documenti.
Dopo circa tre ore, alla fine, siamo stati portati all'hotel Conrad, che si trova vicino all'ambasciata australiana. Abbiamo chiesto aiuto all'ambasciata italiana: ci avevano detto che sarebbero venuti a prenderci, ma ora ci hanno fatto sapere che non possono, perché i mezzi delle ambasciate sono ormai presi di mira. Devono aspettare che l'esercito metta a disposizione una scorta». I due si trovano infatti ancora oggi bloccati all'hotel Conrad. Ieri mattina Francesca e Stefano hanno chiamato Martina Guerini, un'amica livornese della coppia, per avvertirla dell'accaduto. A lei hanno raccontato di essere stati rapiti da una banda di civili armati di coltelli e spranghe. Scampato il terrore di quegli istanti ora però la paura è quella di restare bloccati nell'hotel e di non poter prendere l'aereo per tornare in Italia. Per la coppia di fidanzati l'attesa, in quell'hotel che sorge sul Lungonilo, potrebbe durare anche diversi giorni. Impossibile ad oggi prevedere gli sviluppi della protesta. L'ambasciata italiana sta comunque garantendo contatti più frequenti possibile con i due in modo da aggiornarli in tempo reale sulle possibilità di un scorta per l'aeroporto.

Riccardo Bastianello
venerdì, 4 febbraio 2011
© RIPRODUZIONE RISERVATA
http://corrieredelveneto.corriere.it/padova/notizie/cronaca/2011/4-febbraio-2011/io-sequestrato-cairo-una-banda-armata-181396847181.shtml

mercoledì 28 marzo 2012

Montalbano e Villani a confronto

In vista delle elezioni comunali il sindaco Montalbano e il possibile candidato della Margherita Ciro Villani si confrontano sui temi dell’archeologia e del turismo.


Il Battistero non è facilmente visitabile. Teatro, necropoli e strada romana sono lasciati al degrado. Cosa è stato fatto in questi anni?

“I lavori nei pressi del Battistero e i cantieri di Via Mazzini sono prove dell’impegno per la valorizzazione della zona. Lo studio strategico commissionato ad Agroinvest ha definito la media di visitatori annuali possibili. Abbiamo attivato un accordo con tour operator per rendere fruibili questi luoghi tutto l’anno. Il servizio civile ha formato operatori da inserire stabilmente in città. In mancanza di risorse governative è previsto un primo stanziamento di 40.000 euro. Somma che dovrebbe essere recuperata con il pagamento di un biglietto d’ingresso di 2,5 euro.”, sostiene Montalbano.

“In realtà i monumenti di Nocera sono di competenza del Ministero dei Beni Culturali. Il Comune non dispone di risorse accettabili. Poco è stato fatto per la tutela di questi luoghi e poco sarà possibile fare. Sono contrario agli scavi del foro in mancanza di risorse. Mi oppongo alla tutela del patrimonio archeologico intesa solo come regime vincolistico. Credo sia importante prevedere bonus edilizi da utilizzare per chi viene coinvolto nei futuri lavori di scavo.”, ribatte Villani.

I beni archeologici si inseriscono in un discorso più ampio di riqualificazione ambientale del territorio. Quali sono i vostri progetti?

“E’ necessario delocalizzare l’area industriale nei pressi della necropoli di Pareti. Ciò permetterebbe la copertura parziale della Cavaiola e la costruzione di un’area di parcheggio con l’allargamento della statale 18. L’accordo con il Patto territoriale prevede già uno stanziamento di 6,8 mln di euro. Mi impegno all’investimento di ulteriori risorse fino a 18 mln di euro per portare alla luce il foro romano. Inoltre, stiamo progettando un percorso che colleghi Battistero, teatro, necropoli e la Villa De Ruggiero. Siamo impegnati nel recupero urbanistico di un territorio lasciato al degrado. Il Parco urbano concluderà l’opera di riqualificazione che stiamo attuando.”, aggiunge Montalbano.

“Io ho lanciato un progetto per cambiare il nome della città con un referendum. Voglio che si chiami Nuceria. Il mio intento è di coinvolgere la popolazione nella trasformazione in chiave turistico-culturale della città. Ciò permetterà di attuare iniziative complesse ed articolate di restauro, promozione, collegamento agli itinerari turistici provinciali e nazionali. Penso ad un processo di rilancio complessivo. Se avremo progetti concreti, potremo accedere ad importanti risorse. Si deve stimolare la crescita economica e non accontentarsi di aiuti spesso mal spesi.”, conclude Villani.

Giuseppe Acconcia
aprile 2006

martedì 27 marzo 2012

Arresto. La Città



CAIRO
Sequestro lampo per tre italiani
ecco il loro racconto

Sono Francesca Mininel, goriziana di 35 anni, il fidanzato Stefano Lazzaro, padovano di 27 anni, e Giuseppe Acconcia, un loro amico ventinovenne di Salerno. Hanno chiesto aiuto per telefono all'amica livornese Martina Guerrini. Ora stanno bene

Sequestro lampo per tre italiani in Egitto. Tra loro c’è anche un giovane salernitano, il ventinovenne Giuseppe Acconcia che aveva deciso di raggiungere, dal 29 gennaio scorso, gli amici Francesca Mininel, 35 anni di Gradisca d’Isonzo che da tempo insegna storia e filosofia al Leonardo Da Vinci, liceo italiano al Cairo, e il fidanzato Stefano Lazzaro, padovano di 27 anni. I tre hanno chiesto aiuto per telefono all’amica livornese Martina Guerrini.
«Ieri mattina alle 10 - hanno raccontato sotto choc - mentre eravamo in taxi, una banda di civili, armati di coltelli e spranghe, ci ha fermato e rapito. Abbiamo temuto il peggio, poi siamo stati rilasciati». Con loro c’erano anche alcuni membri delle ambasciate australiana e canadese. Attualmente sono in un albergo del capoluogo egiziano (hotel Konrad) e temono di non riuscire a tornare nella loro casa al Cairo per poi prendere un aereo per l’I talia. «Due sono entrati nel bagagliaio e uno nei sedili dietro -ha raccontato la 35enne di Gorizia - Subito ci hanno requisito i cellulari, togliendo anche le batterie. Lì abbiamo avuto paura, temevamo che ci facessero sparire nel nulla».
Secondo il racconto di Francesca lei e gli altri due italiani sono stati portati fino a un posto di blocco, anche questo formato da civili: «Lì ci hanno raggruppati con sei o sette persone, tutti membri dell’ambasciata australiana e canadese. Poi ci hanno fatto fare il giro di tre caserme. Abbiamo provato a chiedere cosa volessero da noi, ma non ci hanno dato risposte». Poi sono stati portati in una quarta caserma, dove sono stati rilasciati e si sono uniti al gruppo di canadesi e australiani.
«Non possiamo tornare a casa - ha raccontato la ragazza -. Abitiamo vicino a piazza Tahir, dove si svolgono gli scontri, è troppo pericoloso. Ma a casa abbiamo soldi e documenti, senza i quali non possiamo tornare neanche in Italia. L’ambasciata italiana ha detto che l’unico modo per venirci a prelevare qui all’hotel Konrad è che venga un loro furgone, poi scortato da mezzi dell’esercito egiziano. Ma per adesso è una soluzione poco praticabile».

A.C.
venerdì, 4 febbraio 2011
http://lacittadisalerno.gelocal.it/dettaglio/articolo/3354049

lunedì 26 marzo 2012

La sofferenza psichica tra migranti

Le istituzioni campane iniziano solo ora a confrontarsi in maniera organica con la questione dell’integrazione dei migranti. In Campania ci sono più di 128.000 immigrati con permesso di soggiorno. Il servizio sanitario regionale si confronta con il disagio psichico della popolazione migrante che vive da anni sul territorio senza mai raggiungere uno stato adeguato di integrazione. In quest’ottica si è tenuto il convegno “La sofferenza psichica tra i migranti” organizzato dall’ASL Salerno 1.
Il primo obiettivo per stabilizzare l’esistenza del migrante è il riferimento al sistema sanitario nazionale. Sebbene tutti, clandestini e non, possano fare ricorso all’assistenza pubblica, pochissimi sono i migranti a rivolgersi al sistema sanitario. Spesso essi giungono in condizioni gravi. Due suicidi di migranti con diagnosi psichiatrica avvenuti nel 2005 hanno spinto l’ASL di Salerno ad indagare su un bisogno che altrimenti sarebbe difficilmente emerso. Le cause della fragilità del migrante sono molto complesse. La disgregazione del sistema culturale di riferimento, lo stato di minoranza senza rappresentanza, le condizioni abitative disagiate, la mancanza di una rete parentale di riferimento e la totale incoerenza del percorso formativo svolto nei paesi di provenienza con il lavoro trovato in Italia determinano un alto rischio di suicidio. Sono soprattutto le donne a rivolgersi al sistema sanitario in particolare per interruzioni di gravidanza. Questo rende evidente il grado di maggior integrazione delle donne nel contesto sociale. Dato molto importante poiché in Campania rappresentano quasi la metà della popolazione in possesso di permesso di soggiorno.
In secondo luogo, quando il migrante ricorre al servizio sanitario è costretto spesso a confrontarsi con situazioni del tutto inadeguate. La multiculturalità, l’etnopsichiatria e la psichiatria transculturale costituiscono esempi di nuovi approcci ai problemi legati alle migrazioni volti a considerare l’unicità di ogni migrante. Esempi importanti in questo senso sono il Centro Gerges Devereux di Tobie Nathan a Parigi ed il Centro di Medicina Preventiva delle Migrazioni San Gallicano di Roma. In Campania, l’ASL di Salerno ha realizzato un Protocollo multilingue per la valutazione del rischio di suicidio (MIRA) allo scopo di monitorare i migranti che manifestino una sofferenza psichica. E’ stato costituito, inoltre, un Gruppo stabile per la tutela della salute della popolazione immigrata e finanziati corsi di formazione per operatori multiculturali. Il Fondo europeo, in collaborazione con i piani di zona, ha attivato progetti di inclusione sociale, sportelli di informazione e corsi di lingua.
Finora si è delegata la questione dell’integrazione dei migranti solo a figure marginalizzate senza tentare una riforma di sistema che permetta all’Italia e alla Campania di superare una definizione anacronistica di paese di recente immigrazione e di allargare il diritto di cittadinanza.



Giuseppe Acconcia
Metrovie, aprile 2006

domenica 25 marzo 2012

Arresto. Il Roma




Egitto, torna a casa il salernitano sequestrato
SALERNO. Giuseppe Acconcia, giovane salernitano sequestrato ieri al Cairo, è atterrato questo pomeriggio all'aeroporto di Fiumicino, a Roma insieme ai suoi due amici Francesca Mininel e Stefano Lazzaro.
«Sono davvero contento - dice all'Ansa - di essere tornato sano e salvo in Italia. Sono stati ovviamente momenti di panico, ma tutto si è risolto per il meglio. Siamo comunque stati trattati bene anche se la paura era tanta. Siamo stati - racconta - sequestrati ieri nel quartiere a Sud del Cairo. Dopo sette ore, però, siamo stati consegnati all'esercito e poi al Ministero degli Interni e ai Servizi Segreti. Da lì siamo stati accompagnati all'Ambasciata Australiana e abbiamo trascorso la notte all' Hotel Konrad».
Acconcia era andato a trovare al Cairo alcuni amici e colleghi e mai avrebbe pensato che una vacanza di qualche giorno si potesse trasformare, appunto, in un incubo con un sequestro durato qualche ora. Giuseppe Acconcia, di Roccapiemonte, in provincia di Salerno, classe 1981, era partito la scorsa settimana per far visita ad alcuni amici e sarebbe dovuto rientrare lunedì prossimo. Acconcia, praticante del terzo biennio della Scuola di Giornalismo dell'ateneo salernitano, aveva insegnato italiano per gli stranieri proprio al Cairo e per questo aveva intrecciato rapporti di amicizia che lo avevano portato a intraprendere questo nuovo viaggio. Laureatosi alla Bocconi di Milano in Economia delle Amministrazioni Pubbliche e delle Istituzioni internazionali, parla perfettamente il francese, l'inglese e l'arabo e segue soprattutto le vicende di politica estera.

venerdì, 4 febbraio 2011


La rivoluzione egiziana per chi vive in Svizzera

giovedì 22 marzo 2012

Da Teheran al Cairo, le diverse forme della primavera





Mariangela Laviano intervista per Lpl Giuseppe Acconcia, autore del libro “La Primavera egiziana e le Rivoluzioni in Medio Oriente”

D - Nel suo libro lei scrive che “tutto ha avuto inizio con la contestata rielezione del presidente Ahmadinejad in Iran nel giugno 2009”, quando invece, comunemente, si riconduce l’inizio delle insurrezioni nel mondo arabo al gesto suicida di Mohammed Bouazizi. Ci spiega perché lei propone questa nuova chiave di lettura?
R - I metodi usati dai giovani iraniani nel 2009 per opporsi alla rielezione di Mahmoud Ahmadinejad sono molto simili a quelli che hanno usato due anni dopo i rivoluzionari del Medio Oriente. In Iran ha avuto poi un ruolo importante la diaspora all’estero. Ma, come è evidente, le conseguenze delle manifestazioni sono diverse poiché l’Iran vive in spazi pubblici diversi. In ogni caso, le recenti elezioni parlamentari iraniane hanno senz’altro segnato un ridimensionamento della figura controversa del presidente in favore della Guida Suprema Ali Khamenei.

D - Anche l’osservatore meno attento non ha potuto non constatare che il Marocco, l’Algeria e la Giordania siano state solo marginalmente toccate dalle proteste più forti. Ci può dare la sua valutazione alla luce delle sue esperienze?
R - Anche in Marocco, Algeria e Giordania le manifestazioni sono state imponenti. Tuttavia la reazione delle forze di sicurezza in quei casi è stata di immediata frammentazione degli spazi pubblici per impedire ai manifestanti di occupare i palazzi delle istituzioni. Contemporaneamente, in particolare in Marocco, sono state fatte concessioni senza precedenti verso un processo di costruzione di una monarchia costituzionale che ha portato all’affermazione dei partiti islamisti alle elezioni parlamentari dello scorso novembre.

D - Si è molto parlato di come i social network siano stati decisivi per la riuscita della primavera araba. Qual è la sua opinione?
R - Facebook, Twitter, così come i blog di attivisti come Hamalawi, Gonim e Abd el-Fatteh, hanno aiutato l’organizzazione delle proteste in Egitto. Il blackout su internet e telefonia cellulare imposta dal regime ha ulteriormente esacerbato il malessere e spinto la gente in piazza. Diverso è però tentare di decifrare il ruolo politico che i social network hanno avuto nel periodo di transizione democratica. Molti attivisti si sono dimostrati lontani dalla politica e incapaci di usare i nuovi media come strumento di mobilitazione elettorale.

D - Nel suo libro parla anche di rivoluzione “culturale”. Ci può spiegare perché?
R - Nei giorni in cui piazza Tahrir era occupata permanentemente è iniziato un movimento culturale ancora in corso. Si tratta di una composita realtà di giovani e meno giovani, rapper, graffitari, musicisti e scrittori che animano le vie del Cairo. Dal 25 gennaio 2011, le mura della capitale egiziana hanno iniziato ad essere piene di graffiti, le canzoni rivoluzionarie di oudisti sono state composte per piccoli festival di quartiere, i rapper hanno ripreso gli slogan della protesta per continuare a descrivere i quartieri periferici del Cairo e il tifo calcistico, come facevano ben prima del 2011. E’ importante ricordare come questo è avvenuto in continuità con il passato, coinvolgendo grandi poeti come Ahmad Foad Nigm, ma anche con la grande aspirazione a modernizzare il linguaggio artistico.

D - Come vede la relazione tra le minoranze religiose e i musulmani alla luce delle ultime elezioni egiziane?
R - Copti e musulmani sono stati fianco a fianco a difendere le proprie case nei giorni in cui le strade del paese erano percorse da gruppi armati. In molti casi il settarismo religioso è stato attivato strumentalmente da gruppi salafiti mentre l’esercito è intervenuto solo marginalmente per fermare gli scontri interreligiosi. Nel nuovo Parlamento i copti hanno ottenuto solo 7 seggi e hanno polarizzato il loro voto sostenendo i liberali del Blocco, partito sostenuto anche dall’ex magnate di Orascom Naguib Sawiris. E’ difficile prevedere quale minaccia possa venire dall’inasprirsi del discorso religioso salafita ed è questo uno dei punti chiave di questa fase di transizione.

D - Nel marzo 2012 è prevista la sentenza del processo Mubarak. Quali sono le sue previsioni?
R - Mubarak è accusato di aver ordinato di sparare sulla folla e per questo rischia la pena di morte. Tuttavia, la deposizione a favore di Mubarak del maresciallo Hussein Tantawi, guida del Consiglio Supremo delle Forze armate, che ha preso il potere in Egitto dopo le dimissioni del presidente egiziano l’11 febbraio 2011, ha reso più difficile una sua condanna. D’altra parte, gli attivisti accusano l’esercito di usare due pesi e due misure, di lasciare impuniti i responsabili delle uccisioni di manifestanti (il generale accusato di aver imposto il test della verginità a 17 donne arrestate nel marzo 2011 è stato prosciolto) e di sottoporre blogger e Ong alla giustizia militare o a perquisizioni e controlli intimidatori.

D - Lei scrive, nel suo libro, che la Rivoluzione ha cambiato la vita di tutti gli egiziani e in particolar modo la sua. Ci spiega perché?
R - Molti egiziani hanno cambiato il loro modo di vedere il rapporto tra stato e società, hanno acquisito nuovi significati i termini di sovranità popolare, uguaglianza di fronte alla legge, democrazia. Molti giovani hanno iniziato a fare politica, molti Fratelli musulmani sono stati scarcerati dopo anni in prigione. Per questo le rivolte hanno segnato per tutti coloro che le hanno vissute un momento di discussione e di ricostruzione della pripria posizione all’interno di un sistema per molti aspetti ancora patronale, diseguale, imbevuto di nazionalismo e retorica religiosa. Molti stranieri hanno lasciato l’Egitto e altri sono arrivati in questi mesi, il mio interesse per il Medio Oriente si è modellato in Iran e negli anni precedenti alle manifestazioni del 2011, ma un movimento così vasto e spontaneo ha confermato e accresciuto il mio interesse a lavorare e studiare dei paesi complessi il cui processo di modernizzazione e costruzione nazionale sono di grande fascino.

D – Chiudiamo con la crisi in Siria, a cui dedica un intero capitolo del suo libro. Perché, secondo lei, la partita è ancora nelle mani di Al-Assad?
R - Il partito Baath ha un controllo determinante sulla classe media urbana di Damasco e Aleppo, per questo le proteste in Siria hanno ancora un carattere periferico. L’opposizione siriana non ha manifestato prima del 2011 ed è estremamente divisa al suo interno. L’unico punto a sfavore per Assad sarebbero più dure iniziative internazionali che potrebbero spingerlo alle dimissioni. Tuttavia per l’accordo tra esercito e partito Baath e per la debolezza della Fratellanza musulmana siriana, la transizione a Damasco appare ancora lontana.

martedì 20 marzo 2012

mercoledì 21 marzo 2012

Hetawikurdistan.it. La Primavera egiziana


di Sara Angrisani
Per presentare il suo nuovo libro "La primavera egiziana e le Rivoluzioni in Medio Oriente", Giuseppe Acconcia, classe 1981, ha scelto Nocera Inferiore, sua terra d'origine. "Mentre la stampa italiana era chiusa negli alberghi, ..... io ero in piazza, è grazie a questo che ho preso a collaborare con varie testate italiane quali Il Manifesto, Radio 2, Rai News", ha dichiarato l'autore nel corso della presentazione del suo lavoro edito da Infinito.
Il libro parte con un lungo viaggio iniziato nel 2009 da Damasco, passando per il Kurdistan e il confine con l'Iran fino a Teheran. "Ho raccontato storie di giovani che manifestavano contro la rielezione di Mahmud Ahmadinejād, feriti ma con ancora tanta voglia di combattere. I 18 giorni di rivoluzione sono descritti minuto per minuto da quando si sono raccolti i primi manifestanti fino a che le forze pro Mubarak li hanno arrestati. Sono morte 860 persone, uccise dalla polizia militare. Io sono stato arrestato e condotto al ministero dei servizi segreti e dopo varie vicissitudini mi hanno rilasciato".
Il libro è una raccolta di voci e racconti di manifestanti, ma parla anche della vita dello scrittore al Cairo: "Ho conosciuto amici che da semplici studenti sono diventati protagonisti delle rivoluzioni e oggi alcuni di loro siedono al Parlamento".
"Questo libro ci dà la possibilità di conoscere i popoli del Medio Oriente e la loro spinta propulsiva verso il cambiamento", hanno detto alla presentazione il professor Ferruccio Iaccarino e il giornalista Antonio Pecoraro che ben conoscono il talento e l'intraprendenza di un giovane che dalla provincia di Salerno è partito e ha viaggiato in paesi straziati dalla guerra con la voglia di studiare e raccontare in prima persona storie di uomini e mondi differenti. Per Massimo Cirri che ha curato la prefazione, è un libro scritto sul campo, ma anche un viaggio che spiega le radici della rivoluzione egiziana del 2011-2012 e le conseguenze immediate per il futuro dell'Egitto e del Medio Oriente.
A fare da scenografia alla presentazione il video dell'artista Massimo Croce, immagini delle strade del Cairo prima della rivoluzione.

Fonte:Inchiostroline

http://www.hetawikurdistan.it/

martedì 20 marzo 2012

AISE, Agenzia Internazionale di Stampa Estera. La Primavera egiziana



"LA PRIMAVERA EGIZIANA E LE RIVOLUZIONI IN MEDIO ORIENTE" NEL NUOVO LIBRO DI GIUSEPPE ACCONCIA
Martedì 13 Marzo 2012 17:09

ROMA\ aise\ - Un viaggio dall’interno e all’interno a un anno dall’inizio della Rivoluzione egiziana e delle sue radici. È quello in compagnia di Giuseppe Acconcia, autore del libro "La Primavera egiziana e le rivoluzioni in Medio Oriente", da poche settimane in tutte le librerie italiane per Infinito edizioni (pp.128, euro 13).
La genesi della Rivoluzione, la sua esplosione, le manifestazioni di piazza Tahrir, le violenze, le dimissioni del presidente egiziano Hosni Mubarak, la presa del potere da parte del Consiglio supremo delle Forze armate, le elezioni parlamentari e presidenziali, le conseguenze immediate e per il futuro dell’Egitto e del Medio Oriente: c'è tutto questo nel libro che il salernitano Acconcia, giovane giornalista e ricercatore classe 1981, ha scritto sul campo.
Laureato in Economia, dal 2005 Giuseppe Acconcia ha vissuto tra Iran, Egitto e Siria collaborando con testate italiane (Il Manifesto, Il Riformista, Radio 2, RaiNews) ed internazionali, come l'inglese The Independent e l'egiziana Al Ahram. Ha lavorato come insegnate di italiano per migranti e all'Università americana del Cairo. Si è occupato di cooperazione euromediterranea e ha pubblicato racconti, poesie e romanzi brevi.
Come scrive però Massimo Cirri di Caterpillar-Radio2 nella sua introduzione al volume, Acconcia ha anche "aiutato qualche centinaio di migliaia di ascoltatori di Caterpillar, programma di Radio2, a capire la Rivoluzione egiziana, la Primavera araba e che tutto è cominciato in Iran con le rivolte studentesche del 2009. Adesso il racconto e l’analisi continuano in questo libro. Quindi con più spazio, connessioni, dettagli. E con quella profondità che manca alla comunicazione ostaggio della velocità".
Arricchisce ulteriormente il volume la postfazione di Vincenzo Nigro de La Repubblica, per il quale "il grande sommovimento che sta rivolgendo il passato e preparando il futuro del mondo arabo è solo nelle fasi iniziali. Il cammino da percorrere è ancora lunghissimo. Né democrazia né stabilità sono alle viste, e i pericoli possono ancora essere grandissimi rispetto alla gioia di aver visto cadere dittature violente, opprimenti e cleptocratiche". (aise)

http://www.aise.it/cultura/la-cultura-del-martedi/108430-qla-primavera-egiziana-e-le-rivoluzioni-in-medio-orienteq-nel-nuovo-libro-di-giuseppe-acconcia.html

lunedì 19 marzo 2012

Le immagini della presentazione di Nocera Inferiore


 



LA PRIMAVERA EGIZIANA
e le Rivoluzioni in Medio Oriente

di Giuseppe Acconcia
Introduzione di Massimo Cirri
Postfazione di Vincenzo Nigro
Infinito edizioni


PRESENTAZIONE DEL LIBRO
giovedì, 23 febbraio, ore 19,30
Presso la libreria Mondadori
Corso Matteotti, 32 – Nocera Inferiore

Hanno introdotto il prof. Ferruccio Iaccarino e Antonio Pecoraro
Durante la presentazione è stato proiettato un video a cura di Massimo Croce
Hanno letto con l'autore Sara Angrisani e Marco Santucci
Si ringraziano la libreria Mondadori di Nocera Inferiore e per le riprese Massimo Ferrara


Un viaggio dall’interno e all’interno a un anno dall’inizio della Rivoluzione egiziana e delle sue radici.
"Giuseppe Acconcia ha aiutato qualche centinaio di migliaia di ascoltatori di Caterpillar, programma di Radio2, a capire la Rivoluzione egiziana, la Primavera araba e che tutto è cominciato in Iran con le rivolte studentesche del 2009. Adesso il racconto e l’analisi continuano in questo libro. Quindi con più spazio, connessioni, dettagli. E con quella profondità che manca alla comunicazione ostaggio della velocità”.
Massimo Cirri, Caterpillar-Radio2
“Il grande sommovimento che sta rivolgendo il passato e preparando il futuro del mondo arabo è solo nelle fasi iniziali. Il cammino da percorrere è ancora lunghissimo. Né democrazia né stabilità sono alle viste, e i pericoli possono ancora essere grandissimi rispetto alla gioia di aver visto cadere dittature violente, opprimenti e cleptocratiche”.
Vincenzo Nigro, la Repubblica
La genesi della Rivoluzione, la sua esplosione, le manifestazioni di piazza Tahrir, le violenze, le dimissioni del presidente egiziano Hosni Mubarak, la presa del potere da parte del Consiglio supremo delle Forze armate, le elezioni parlamentari e presidenziali, le conseguenze immediate e per il futuro dell’Egitto e del Medio Oriente in questo libro scritto sul campo.
L’autore
Giuseppe Acconcia (Salerno, 1981), giornalista e ricercatore, si occupa di Iran e Medio Oriente. Laureato in Economia, dal 2005 ha vissuto tra Iran, Egitto e Siria collaborando con testate italiane (Il Manifesto, Il Riformista, Radio 2, RaiNews), inglesi (The Independent) ed egiziane (Al Ahram) Ha lavorato come insegnate di italiano per migranti e all'Università americana del Cairo. Si è occupato di cooperazione euromediterranea e ha pubblicato racconti, poesie e romanzi brevi.

domenica 18 marzo 2012

La Perfetta Letizia


La Primavera egiziana. Rivoluzioni al Cairo e in Medio Oriente

La recensione per Lpl del libro di Giuseppe Acconcia a cura di Mariangela Laviano

“La Primavera egiziana. Le Rivoluzioni al Cairo e in Medio Oriente.” è il titolo del libro di Giuseppe Acconcia, edito da Infinito, con introduzione di Massimo Cirri e postfazione di Vincenzo Nigro. Ci troviamo di fronte ad un libro suggestivo, scritto da un autore dinamico, attivo ed esperto di Iran e Medioriente che osserva lo svolgersi della primavera araba dall’orizzonte delle contestazioni sorte in Iran nel 2009 e scaturite dalla contestata proclamazione del presidente Ahmadinejad. L’autore affronta efficacemente l’argomento raccontando del suo lungo viaggio in più tappe iniziato nel 2009 quando, dopo aver raggiunto Damasco, con vari mezzi attraversa prima il Kurdistan e poi Teheran. Nella capitale iraniana, Acconcia ha modo di visitare luoghi "la cui bellezza è più intensa della loro povertà" e scoprire senza filtri le dinamiche del movimento rivoluzionario denominato “Rivoluzione verde” o “Onda verde”, guidata dal giornalista e attivista Mohsen Sazgara. L’autore racconta, con dovizia di particolari, lo svolgersi della quotidianità durante la sua permanenza in Iran, attraverso lo scambio di riflessioni con i veri protagonisti della protesta, donne, uomini, blogger e attivisti, gente comune, leader politici, grazie ai quali gli è stato possibile studiare “i riflessi del confronto politico”.
L’Iran diventa il luogo di origine ma anche di propulsione delle rivoluzioni in Nord Africa e Medio Oriente. L’autore, tornando al Cairo, già percepisce il medesimo malcontento sperimentato nel suo trascorso a Teheran provocato dalle enormi disuguaglianze sociali perpetrate dal regime di Hosni Mubarak. Anche qui la nuova generazione di internauti, amanti delle nuove tecnologie, da anni cerca di far crollare il regime, attaccandolo laddove esso è più debole, nella “rete”. Attraverso la narrazione della vita quotidiana l’autore fa un excursus delle ondate di protesta in Egitto, della storia politica egiziana, dei partiti politici e della Fratellanza musulmana. Si fa portavoce delle storie di coloro che sono stati i diretti protagonisti di piazza Tahrir durante i diciotto giorni della rivoluzione del 2011. Racconta di donne con e senza velo, che sono scese in piazza, nelle prime file dei cortei, e di copti e musulmani uniti verso un unico obiettivo: far crollare la dittatura.
Acconcia è un autore che vive i luoghi di cui scrive, i suoi occhi sono la lente attraverso cui il lettore potrà conoscere la gente del posto, le ragioni della rivoluzione, la sofferenza e il coraggio dei manifestanti, gli scontri avvenuti in Egitto e negli altri Paesi, con tutti i loro risvolti umani e politici. Il libro di Acconcia è non solo una raccolta di testimonianze di chi ha vissuto la rivoluzione, ma anche un ottimo strumento di analisi per meglio comprendere il faticoso percorso che alcuni Paesi arabi stanno affrontando per arrivare alla tanto agognata democrazia.

sabato 17 marzo 2012

Il testamento di Scrivo, Graffiti and Rappers e Chanteclar: i più letti. Un anno di stradedellest




Il testamento di Scrivo
MERCOLEDì 6 APRILE 2011

Vincent Van Gogh, La Meridiana, 1889-90, Musée d'Orsay

Manco di spunti. Certo non di idee, ma di riferimenti, insomma di quello per cui alcuni ritengono che non sia degno né del loro tempo né del tempo di chi mi sta scrivendo, più o meno libero, disponibile. Sono una rivisitazione di tutto quel materiale perduto, di tutto quel “tempo perso”, quasi un religioso ricordo, un sentito tributo a ciò per cui una mente si è arrovellata; ciò che ha dato un’illusione di autonomia a quella mente. Le nozioni giungono all’attenzione, l’affascinano e fuggono via lasciando qualche traccia imprecisa nei ragionamenti; il pane che un forno sempre acceso produce, pane che non sfamerà nessuno, o che probabilmente un tempo farà parte, a un livello invisibile alla coscienza, della vita del fornaio. Egli stesso che produce cibo non avverte beneficio da questo. Maneggia e rimpasta la natura per ottenere solo dubbi e indecisione.
Sto per essere scritto sulle lapidi di innumerevoli tombe in un enorme cimitero, come quelli delle grandi città, una città di idee morte (per quanto le idee possano morire).
Come se fossi la segnaletica di questo luogo do enfasi a grossi ragionamenti, farraginosi meccanismi affascinanti e degna dimensione a piccole intuizioni.
Un cimitero sterminato, costruito dal tempo incessante e dall’incostanza dell’attenzione. Un luogo pieno di rimpianti, un posto con tanta “vita”, ma una sola mente (o meglio, ogni mente potrebbe averne uno) che lo visita, che gli offre manutenzione e lo amplia.
Proprio per le sue dimensioni, a vederne una panoramica bidimensionale si ha l’impressione di essere davanti ad un videogame rudimentale con un grosso campo di azione ed una piccola fiaccola che, come una pedina, percorre i solchi dei viali.
A volte con ingenuità la fiamma tenta di ricordarsi una scia che la distrazione soffia.
Vi è un particolare insolito per un cimitero. Anche se, come anime andate via, le idee hanno rappresentazione aurea e spenta allo stesso tempo, insomma sono ricche di immaginazione, possono risuscitare in un attimo e suggerire alla fiaccola strane idee. Le soffiano dentro. Si ritiene che la fiaccola, la mente, non decida di muoversi di propria volontà, ma sia rinvigorita dalle anime riemerse e mossa dai nessi che le uniscono. Un rapporto alquanto strano quello tra le anime/idee e la mente. Altre volte con ingenua bontà, altre con sana malizia, altre con pigre arrese, le anime la invaghiscono, la catturano e la alternano come in una spirale dionisiaca. La fiaccola salta da una tomba all’altra, avanti e indietro, senza nessuna logica per gli spettatori dello schermo, che per proprio gusto romantico vogliono vedere nell’amore lo stimolo vitale di quella strana dimensione.
L’amore per le idee, il fascino di queste, l’ingenuità della mente che riceve vita e dà vita con l’attenzione che è in grado di offrire.
Questa realtà è ben articolata, ben definita, molto suggestiva. Il cimitero/labirinto, il cimitero/alcova nella sua struttura risente delle leggi della natura. Zone di questo, inesplorate da tempo, quasi abbandonate, magari riviste solo di sfuggita mostrano i segni dell’indifferenza.
Il cimitero, anche se caotico perché enorme, gode di una precisa, ma quasi mai utilizzata, divisione.
Vi sono varie aree, vari piani. Un esempio è la zona delle intuizioni, la preferita dalla fiaccola, un atro è quello dell’area dei ragionamenti, con grossi mausolei e iscrizioni di ogni genere; ancora abbiamo il settore delle nozioni, il più antico del cimitero. Infatti mentre la gran parte delle intuizioni, dei ragionamenti e delle altre aree è successiva alla nascita della mente dell’autore, questa è stata sempre lì, si è ingrandita autonomamente senza manutenzione. È senza dubbio la più inesplorata a causa della pigrizia di alcuni ragionamenti e della complicità della mente. Troppo vasta da scoraggiare i più audaci spunti esplorativi. A questo era il rimando introduttivo, la mancanza di riferimenti culturali, altisonanti che posso offrirvi. È stata la compiacenza dell’autore della propria mediocrità a deferire alla sola inventiva le responsabilità di un testo nato dall’incertezza e dall’incompletezza determinata dalla compiacenza di prima.
La mente desidererebbe esser edotta, ma lo sforzo e l’impegno richiesti la scoraggiano a l’hanno scoraggiata più volte. Il compenso finale sarebbe nulla di più che un rapporto incompleto tra conoscenza e caso personale.
Poi vi è una forma della mente, una incidenza non indifferente che pare render vani i migliori propositi: l’inaffidabilità della memoria. Proprio per questo processo nozioni già assimilate sembrano scomparire. Non è dimenticata tanto la nozione, ma la localizzazione di questa. (Quante volte giunge quella fastidiosa sensazione di sapere, di aver saputo quella cosa?)
Questo condanna la mente alla mediocrità: la fiaccola troppo flebile, il tempo insufficiente per vivere l’intera esistenza certa nel cimitero/giardino delle idee.
Le nozioni chiamano, le intuizioni affascinano, i ragionamenti attirano, …, la mediocrità ci affligge.
Senza coreografia la fiammella danza in involuzioni imprecise in traiettorie colme di dubbi.

Giovanni Acconcia
Il cimitero delle idee, 11 luglio 2005
http://stradedellest.blogspot.com/2011/04/il-testamento-di-scrivo.html



Graffiti and Rappers. The Egyptian light Orchestra
MATTERS OF THE EAR
GIOVEDì 5 MAGGIO 2011







Giuseppe Acconcia considers revolutionary hip hop while listening to the Egyptian Light Orchestra




Rappers, actors and graffiti artists are invading Egyptian streets. First, a young comic-strip writer issued a review called Tuk tuk a few weeks after the Revolution: Magdy El Shafee, author of Metro, a comic-strip book, as well as a graffiti artist, is among the creators of the project. In last few days, he was on the streets with Omar Mustafa and Mohammed Fahmi (called Mufa) to paint the walls of Mohammed Mahmud Street, Bab El Louk, Champollion Street and Dokky. What are their favourite symbols? Bread, the clenched fist, the words "25 January" or "I am Khaled Said".
"We walked dressed in jackets with a thousand pockets for spray-paint cans," the comic-strip writer explains. According to Magdy, Egyptian culture is at a crossroads. "We achieved results with new methods. Tahrir's young people were inspired by the internet. They have different horizons compared to the old revolutionaries of 1919 and 1953. They developed a new sense of humour, everything happened so fast and without any link with the old generation. Kifaya in 2005 and the demonstrations against corruption in 2007 anticipated the 2011 revolts. Nevertheless all the political apparatus was shocked by these new movements; they considered opposition groups a dead body." What inspired the Egyptian youth? "A lot of foreign movies. Maybe Fight Club and V for Vendetta more than others". Magdy knows that this is only a step towards a better society. "Our job is at the beginning, even civil society, editors and companies were part of our corrupt system. In my next book I will talk about how men change after revolts, how we can overcome a police state, the possibility of a complete change."
But even more than graffiti, young Egyptians are in love with rap, hip hop and RnB. The youngest Cairo and Alexandria groups participated in the Revolution. Among them: Khaled Mahmud or Adam El Nehez Unity, 22, from Al-Qubba; McFlash, Mohammed Shalaby, 20, from Nasr City; Ahmad Moktar or Romel B, 23 and very famous among the young; EG or Mohammed Sherif, 20, from Ghamra; and TEG, Ahmad Mahmud, 21, from Maadi. They are students of engineering, music and Economics, liberals or moderate Islamists. These groups are inspired by Montags and Immortal Techinique from the United States, but also by young Egyptian groups such as Asfalt. They rap about social issues. They gather for concerts at Basta (a new place near Maspiro, Tahrir), at the Sawy Culturewheel, Zamalek, and on the streets (notably of Heliopolis). "We used to talk about how Revolution can change Egyptian society,"Mohammed says. In "Where is Egypt?" McFlash talks about the pollution that suffocates Cairo and the corruption of the political system before 25 January: "I see people who die for money, why are Egyptians not respected in other countries?" the young singer asks in one song. Ahmad Moktar is sure: "Freedom means to say the truth about our past to change our daily habits." Many foreign rappers talk about religion; it is not the same for Egyptians. "We don't talk about religion in our songs," Mohammed Sherif explains; "we are for the respect of every religion and religious behaviour. But we know it is necessary to urge people to move. Whoever is poor should ask for help from God!"
As young men, they were all in Tahrir since 28 January. "We slept in the middle of the square," Khaled recounts, "for almost a week, without anything, not even a blanket. We made raps, but we were singing also Mohammed Munir and Sheihk Imam songs." Revolutionaries of the past, such as Ahmed Foad Nigm, also inspired rappers. "The 2011 revolts were the first Egyptian Revolution. The 1952 one, when our maestro Foad Nigm was in Tahrir, was only a military coup," Romel B. comments. "We don't think about counterrevolution because people are strong and the army respects us," adds Ahmad Mahmud. Rappers always use free styles and improvisations. They add to the Egyptian dialect, directly understood by everybody, words from classical Arabic. "The place of our rehearsal is a small room with a microphone," Ahmad confirms. "We are direct, true, we talk to the people." Some of them dress in long T-shirts and a tight hat. "I wanted to leave Egypt, but now I've decided to stay," says Mohammed. "I was shocked during the Revolution. The more people they shot, the more people came. We protected our home with our neighbours, we are more united than in the past."
Before the Revolution, it was impossible to make money from hip hop; now small production companies are spreading; rappers multiply. Ahmad Mikki, for instance, demands freedom for Egypt; in his songs he talks about violence during the Egypt-Algeria match in Sudan in 2010. The number of rappers is infinite: Arabian Knights of "Not your prisoners", McAmin from Mansoura and Y crew from Alexandria. Priesto talks about the integration of Arab women abroad, Egy Rap School concentrate on Egyptian girls dressed as Westerners. In "Stop the government" they contributed to inciting the 25 January Revolution. Amr Ahah renews the popular songs of weddings, Adaweya style, talking about the attacks on big malls during the revolts. This new army of youth, musicians and writers watch over the Revolution. They are ready to go back to the square, if the army does not realise their requests, but they will not stop rapping whatever the case.
Sam Shalabi and his Egyptian Light Orchestra continue their worldwide tour. After Istanbul, London, Paris and Los Angeles, they performed on 2 May in San Francisco. Shalabi -- his first name was Osama -- is a Canadian citizen and oud player, the founder of the Egyptian Light Orchestra. When he chose the name Land of Kush, he was inspired by the Kush's Nile region. At this time, Shalabi was influenced by Sun Ra's Orchestra and mythical Egyptian origins. The new album, Monogamy (Constellation Records 2010), completes Shalabi's project of building up an orchestra after his first work with Land of Kush, Against the Day. The original name of this mostly instrumental set was The Shalabi Effect; it formed in 1996 in Montreal, Quebec, with compositions by Shalabi and Anthony Seck. In 1998 the group doubled, adding Alexandre Saind Onge on bass and Will Eizlini on tabla. In their last album Land of Kush featured a hybrid of styles and scenarios. Nowadays, more then 20 musicians perform orchestral jazz, psychedelic folk and ancient songbooks.
The songs recall mythical dilemmas such as frustration-liberation, chastity-carnality, innocence-shame. They mix Arabic psych-rock in "1st and the Last" and "Tunnel Visions", free jazz and an orchestral aria in "Scars" and "Boo and Fisherman", metaphysical groove for a trip outside the earth in "Monogamy" and a coming back to earth in a Syrian village with "Like the Thread of a Spider". Among the female voices, Molly Sweeney and Elizabeth Anka Vojagic stand out, while Alexandre St Onge introduces electronic sounds. Shalabi's target is to remould Middle Eastern music, mixing North African and Western traditions with a psychedelic background. The results are fascinating: colours and sounds, ancestral visions and modernist transfigurations. Against the Day was inspired by a Thomas Pynchon novel, travelling between full and empty on a timeless spiritual geography. In "Iceland Spur" the listener will find sounds from the desert inspired by dreams. Hidden on the backyard, Shalabi's oud stands for solemn liberation.
"Shalabi works towards the highest sounds to discover the energy and passion of bodies, showing his need for purification and safety", says Francesco Nunziata, an Italian music reviewer. As a party of dancing spirits, à l'Art Ensemble of Chicago directs its hypnotic groove. The dance ends, leaving space to a kind of desolate procession in "Rue du Depart", a slow walk of energy towards the spirit, not forgetting the imminence of the end. During the last lines of "Monogamy", Moly Sweeney delineantes the alphabet of their trans-cultural music: "A is for the apple tree, B is for Beelzebul and the snake, C is for the curse of Ham, D is for drugs that you're now forced to take, E is for eternity, F is for what you did outside, G is for the Giving Tree, H is for Holy Spirit's bride. And all of this comes out in little birdlike trills. You'll reach for paper to clean up all your spills."

Giuseppe Acconcia
Al Ahram, maggio 2011
http://stradedellest.blogspot.com/2011/05/graffiti-and-rappers.html
http://weekly.ahram.org.eg/2011/1046/cu2.htm


Chantecler, il “messaggero della terra”
SABATO 18 GIUGNO 2011
Dall’autore di Cyrano de Bergerac, Edmond Rostand, il teatro Mercadante di Napoli ha proposto per la prima volta in Italia, il dramma a colori Chantecler, con la regia di Armando Pugliese e la traduzione di Enzo Moscato. L’opera, presentata nel 1910 dopo 10 anni di silenzio dell’autore, ripropone l’infinito conflitto tra la luce del canto e l’ombra dell’istinto in forma di favola espressiva.
Il gallo Chantecler è l’unico uccello a precedere con il suo verso il sorgere del sole. Ma gufi, allocchi, pavoni, faraone e rigogoli, spinti da istinti di vendetta, violenza e tradimento lo costringono ad un combattimento che potrebbe decidere la usa fine. Gli animali tipizzati riproducono vizi e disuguaglianze sociali completamente umani. Rostand rivisita le commedie di Aristofane con sperimentalismo scenico e dialoghi crudi ma esilaranti.
L’ambientazione unitaria, ricca, surreale, molto apprezzata nei teatri europei della belle époque, resta intatta nell’adattamento di Pugliese. Per l’intero primo atto, una fitta rete sostituisce il sipario. Il palco avanzato dà la necessaria profondità scenica alle azioni dei 25 attori e dei 5 musici. Il potenziale impatto dell’imponente messa in scena viene, però, frenato da un uso troppo spesso inorganico e limitato della coralità mentre i singoli movimenti degli attori-animali sembrano di frequente poco armonici. I costumi dai colori sgargianti di Silvia Polidori, le maschere grottesche indossate dagli attori e le varie fonti di luce trasformano alcune scene in quadri di Ensor. Le musiche di Enzo Gragnaniello, eseguite dal vivo ed affiancate da campionature di ambiente e suoni di strumenti arcaici, rafforzano l’azione. Dialetti ed accenti ravvivano dialoghi a volte intervallati da anacronismi e conclusioni forzate. Un’epidemia decima gli animali della foresta mentre i fucili degli uomini cancellano il canto di Chantecler che, come la “neomelopea”, ha vita breve, dura quanto la fine di una notte che attende la nuova alba.

Giuseppe Acconcia
Rivista Lab, 2007

venerdì 16 marzo 2012

Caterpillar, Siria e La Primavera egiziana... Un anno di stradedellest



Caterpillar, Radio 2
In collegamento telefonico da Il Cairo




In Egitto continuano gli scontri di piazza. Sentiamo Giuseppe Acconcia, ricercatore al Cairo.
mercoledì, 2 febbraio 2011





Dentro la notizia, Rainews24
In diretta telefonica dal Cairo

Siria, colloqui Hamas-Fratelli musulmani




In studio Annalisa Salzano
giovedì, 29 dicembre 2011





Giro di boa, Rainews24
Presentazione del libro
La Primavera egiziana e le Rivoluzioni in Medio Oriente




Conduce Alessandro Baracchini
Roma, mercoledì, 22 febbraio 2012

giovedì 15 marzo 2012

Apolidia, 88, Qasr Al Aini e Telefono pubblico. Un anno di stradedellest




Apolidia


Un attimo fa ho trovato nelle mie tasche disordinate
le chiavi di un albergo
che ho dimenticato di consegnare,
Pietro ritornò trasformato da un solo viaggio
tanto da rivoluzionare l’architettura
della città costruita sugli scheletri,

mentre continui peripli intermittenti
resero l’uomo apolide
nel logico tentativo di sguazzare

il più a lungo possibile nel liquido amniotico
per sentire il corpo rinascere
ed imparare dai suoi errori.

Mentre alcuni ragazzi entravano nella metropolitana puntuale
alla ricerca della morte,
conferendo all’ingresso una forza esagerata,
come di impossibile suicidio,

altri vivevano in comune, segregati tra le montagne,
e con sguardi sbiechi trasformavano un luogo franco
in nevrosi di gruppo, rifugio alternativo per chi,
non trovando posto nel mondo, opponeva apolidia.

Alcuni si affannavano alla ricerca
di un lavoro qualsiasi,
abbandonate antiche velleità creative,
per sacrificare tutto alla dittatura della vita,

altri si immergevano in un lavoro lento,
perenne, immutabile, felicità: compagno e amiche,
sopravvivendo in minuscola sottocultura formata
da due persone, tenute insieme dall’identità di genere
più che da teste simili, che ripetevano punto per punto
le proprie ragioni per opporsi a quei fascisti
che avevano largo spazio negli uffici.

Alcuni trentenni si agitavano
e sospiravano nell’attesa del bambino
che completasse l’opera di rovesciamento
dell’infanzia vissuta a parte,
in perfetta aderenza con lo stile maggioritario,
per risolvere con efficacia l’insopportabile appartenenza ad una minoranza.
Badate, rimaneva la sensazione di aver scelto
una vita diversa dalle altre, apolide,
grazie alla conoscenza completa, specifica, acquisita lentamente.

Altri, più vecchi, raggiungevano cerchi
per passare il loro tempo coccolati
dalle domande incrociate e dalle certezze recitate,
come oratori esperti, per trovare conferme assolute
al lesbismo scoperto in età avanzata,
alle conversioni mistiche incomplete,
all’allontanamento dai piccoli conservatóri del mondo,
alla rinuncia al conformismo della velocità superficiale.

Già anni prima avevano tentato di concludere
questo lungometraggio, ma i protagonisti furono ritrovati
tutti morti poiché, per la prima volta,
realtà e piacere combaciarono per un istante,

ma la donna nuova, muovendosi nel tempo tra ieri e oggi,
ha salvato dalla morte una delle protagoniste di questa storia.
E così la misoginia è scomparsa.

Questo è stato l’inizio del regno delle donne
non importa se sembravano dee o puttane
perché ballavano e ridevano,

e quando la moglie ha confessato la verità
dell’antico assassinio con cacciavite,
la storia dell’apolidia è finita.

Però, continua nella mia testa,
descrivendo il mio tragitto verso l’omicidio
lento di ogni imposizione

tanto da gettare nell’abisso miti estetici fasulli
e scoprire la necessità di una specialità solitaria
poiché per Ande, Tibet e Panshir
qualche giorno non basta

e se nemmeno questo dovesse andare bene
sono pronto a rimanere solo
poiché anche se solo, in assenza di ogni rumore,
sento sempre il sibilo assordante di un acufene.


Giuseppe Acconcia
Tratto da "1,2,3 liberi tutti!". 2007



88, Qasr Al Aini 
I arrived in Cairo by night and a friend came to pick me up at the airport. I lived with him for a few days on Hoda Sharaawy Street, looking for a flat. He showed me how to deal with taxi drivers, how to catch microbuses. With him I tried my first fuul, aubergines, potatoes and sugarcane juice.
Pelle came to Egypt three years ago. He speaks Arabic fluently. He took me into small alleyways and through tangled paths amid the tall buildings of Cairo. Every sentence, gesture, expression of Pelle's looked spontaneous. Everything in the city looked surreal to him. Everything I knew at that time about this infernal city I had learned from him. Above all I could feel the peace in the middle of that mess: how tiny paradises were hidden in that hell of cars that hinder men.
I started looking for a flat with him, too. The first time we went to Agouza, where he used to live. Once there, I felt lost. The place seemed eerie, I didn't have any reference point. I felt alone and far from anything I knew. Pelle asked the Saidi doorkeeper of his building about a certain flat. This old man, dressed in a long dark galabeya, had deep wrinkles due to his old age. He was very kind with me and he showed me the home of the teacher living on Pelle's upper floor. Unfortunately he didn't know the day when the flat would be available. One evening the Saidi offered me a cigarette. I refused but he said, according to Pelle's translation: "None of this in the Saidis' kingdom".
I accepted a cigarette and I smoked it. His semsar (housing agent) friend, Mohammad, who used to sit all day in a cafeteria, took us to old and dilapidated flats. He used to complain about a continuous rise in rents that had reached vertiginous sums within a few months. We were searching in a central area, full of foreigners, especially Sudanese, ready to pay huge amounts, but Mohammad could not believe how a flat for LE500 per month could go for LE1,500 one month later. We visited a yellow building in Abdeen, in the middle of the rubble of near-by buildings and the loudspeakers of a mosque. Here a woman showed us a flat: filthy walls, broken chairs, split-up windows, not bad. Waiting for the keys, we visited the upper floor where 15 Russians used to live. They went out to attend the Orthodox Christmas mass. While they were passing I noticed red hand prints on the staircases' walls: signs of the Eid of Sacrifice.
In one flat, Pelle told me, used to live an Italian girl. When she came back to Egypt from holidays, she found the lock had been replaced; a French guy was living at her place. No sign of her stuff, but she recovered some of it after a trial. The owner tore the contract, saying: "Words matter more than documents". Pelle, viewing my astonished expression, said, "But you could take the Perrin's flat".
I didn't know much about this French girl, only that she had had a serious accident. Disappointed, I decided to try responding to foreigners' announcements. I went to Dokki, where two German guys were living in a skyscraper. Later I visited the flat in 88 Kasr Al Aini Street. I liked that flat from the beginning but I couldn't afford the rent alone. So I had to look for flatmates. That same day, the French girl informed everybody by e-mail that she could not come back: her pelvis was shattered by a microbus while she was crossing the street.
So I visited her small flat. The price was LE1,700. Good light was came through the windows. The building was located at the corner of Mohammed Farid and Mohammed Mahmoud streets. The smell of subsidised bread came up through the staircase. That alley was very dull. The doorkeeper had a inquiring glance, seated on a plastic chair in front of a carpenter's workshop. Here and there a tiny electrician, a grocer, a tailor and a fuul seller came out. A group of old men would play cards outside a garage, near a small gym. There was a tiny cafeteria each side of the street, a laundry service, a mechanic, a juice seller. Cars stopped suddenly; stray dogs and weasels turned around.
I kept open all three possibilities. The teacher's flat fell through because of her uncertainty regarding the date of her departure. I might accept the 88 Kasr Al-Aini flat with the German boy. Finally, I went for the flat of the accident.
But how did I find the Kasr Al Aini flat? And why did I refuse to live in it? Kasr Al-Aini shares the districts of Garden City, Mounira and the popular area of Sayeda Zeinab. It is so crowded that the noise of horns and people's nerves are felt by pedestrians. There is continual coming and going of young foreigners: feasts, music, the attitude of young people looking so impressive to Egyptians when they realize how such joy is unavailable to them. Indeed, while the old doorkeeper of their building questions every person who enters, asking who is he and where is he going, in the Kasr Al-Aini building the coming and going is continuous, day and night, unchecked.
On one January night I was waiting for a woman at the main door of No. 88, while a blond boy stood aside, near a juice seller. Mrs. Mona was looking for new tenants on the third floor. Her home was big and ancient but only foreigners, such as rich Saudi Arabians or Arabs from the Emirates, could afford the LE3,000-3,500 rent. This middle- aged woman with long hair had rarely visited that home, available only for rent. She passed it off as brand-new and stated that a Spanish woman, who had lived there before, used to pay LE3,500 by herself.
In a meeting at the French Institute of Culture of Mounira, near No. 88, I glanced at a girl. She understood that I was looking for a flat and before talking, she handed me a scrap of paper with the number of Mona, the owner of her upper flat where she had been living with a Canadian. The next Sunday at No. 88, Mona arrived by jeep, parked it near a petrol station. I was already there, waiting in a near-by cafeteria with my friend Pelle. The flat was open. We entered.
A woman was cleaning the rooms and an electrician was repairing cables. The flat appeared in the sunlight in its colonial guise, wooded with ancient doors, white windows, a small hall, another one with old sofas and a small balcony, a sitting room with a long wooden table and ancient furniture, two rooms with two beds, another balcony, a bathroom and a half, and a kitchen. It seemed that those walls could talk, tell stories of feasts, dances, meetings. A dim light penetrated from the windows and cleared the colours.
My friend Pelle, called khawaga by the attendant, was speaking in Arabic with Mona, though not about the rent. I was waiting for the arrival of a possible English flatmate. The Englishman, short and blond, arrived after a short delay. He visited the flat, but when he was about to sign the contract, he asked for a private chat with me: "My woman lives upstairs and her flat is so similar to this one that the idea of living here bothers me. I'm sorry, you may think I'm crazy, but I would rather quit."
I did not expect that and said to Mona that everything would start again from the beginning. She gave some extra time. A few minutes later, a German girl arrived. I wrote an announcement on a list on the internet that brings together Cairo's foreigners. The German girl, breathless, visited the flat.
She gave her verdict with a glance: "Everything is false. They painted it but it's old. It's a swindle, have you seen the toilet, the old kitchen? How cold it is!" Pelle, impressed by the words of the German, said: "Look at the shutters, but don't worry!" However, to my eyes that place had a special charm; it looked like it belonged to the past. The German girl would not consider that. Therefore, I asked for extra time to look for a new flatmate. A few evenings later, I returned with a German boy. Mona came over with the keys. The German found the flat amazing and we decided to rent it together. Some evenings later, people continued flowing into No. 88, foreigners with their black bags full of alcoholic drinks. The street was full of the laughter of long-haired girls. During a feast, the German told everyone how he had found the flat and what a bizarre Italian he had met.
"At the first meeting," he was saying, "we were just talking about life in Cairo and my need to learn English. I had visited the flat with him and had decided to take it. However, a day later the Italian called me to retract. When we met, the Italian told me that he had found two cheaper flats. And he left all three possibilities open until the last minute, as every good Egyptian should. The first was on Hoda Sharaawy in the building of a friend. The second in Abdeen, left empty by a woman involved in an accident. In order to compensate for changing his mind, he showed me the small and dark flat in Hoda Sharaawy, a hole where a blond and curly- haired teacher used to live. This flat could be shared for a cheaper price. But I could never accept it, I longed for a romantic and ancient 'colonial' home on the Kasr Al-Aini. I easily found an American and later, during a football match, a Palermitan with whom to share it".
This was my first weak in Cairo as a foreigner. After years, I'd like to swear at Italians who pointed me to the flat I finally chose in Abdeen, at the water pump that had to be turned on, at the rough and mean owner living in the same building, at the doorkeeper who controls night and day the coming and going, at the staircase full of cats, bones, plastics, dirty as a continuation of the alley, at the dust, at the heat that makes the nights so oppressive.

Giuseppe Acconcia
Al Ahram, agosto 2010



Telefono pubblico
Per le strade sembravano scomparsi. Di certo diminuiti. Ma scomparsi poiché, quasi sempre, se ancora in funzione, non accettavano monete. Rifiutare un cellulare. Comunicare dal telefono pubblico. Usare le monete. Impossibile. Guardavo la cabina. Luogo triste, anonimo. Telefoni rotti. Non funzionavano con le monete. Nessuno. Andavo più avanti, giravo in fondo poi la piazza, lungo il marciapiede, nel piccolo caffè all’angolo. Disperavo dell’errore di non aver quell’oggetto che permetteva a tutti di svegliarsi, di chiamare, di fotografare. Fissavo il telefono pubblico. Solo, mai frequentato, una luce, una scritta, un buco per le monete in alto, una fessura per le tessere in basso, una cornetta spesso penzolante. Non c’era la cabina, non importava, se avesse piovuto, un piccolo archetto di plastica avrebbe protetto. Restai lì qualche ora. Giunse una vecchia. Un po’ trasandata, un cappello sgangherato, mani doppie, unghie grosse, ricci biondi ma sbiaditi fuori, bianca, bianchissima, strati di vestiti e cappotti. Prese la cornetta la sbattè sul telefono. La sbattè di nuovo. Lo colpì da un lato, lo colpì dall’altro. Aspettava. Prese di nuovo la cornetta, premette ogni pulsante. Colpì il buco, colpì la fessura. Aspettava. Frugava nel foro in basso. Niente monete. Ritentò. Alcuni guardavano il telefono schifati, sembravano pensare che quell’azione fosse una sorta di lavoro compiuto dalla donna. Come se quest’ultima passasse tutta la sua giornata colpendo telefoni, tentando di trovare quelle monete lasciate o incastrate nel ricevitore per arrotondare gli spiccioli raccolti in altri luoghi. La donna andò via, sconsolata, lasciava tra gli sguardi di accusa la cornetta penzolare. Restai fermo, ormai nessuna possibilità di telefonare sembrava possibile. Giunse un’altra donna. Questa volta vestita meglio ma folle. La sua follia si avvertiva dalle mani, dal modo intermittente in cui le muoveva, i capelli ben sistemati, grassa al punto giusto, un vestitino attillato, sgualcito da qualche giorno. Con fare circospetto la vecchia prese un ferretto dalla borsa che teneva in mano. Lo guardò, lo lucidò. Lo infilò nel buco per le monete. Spingeva, spingeva, spingeva. Cercava in ogni modo di far entrare quell’uncino nella fessura. Una volta dentro rovistava a destra e sinistra, lo infilava più che poteva. Questa volta le persone non sembravano attratte dall’azione poiché era meno evidente, meno rumorosa, professionale. La vecchia sentì qualcosa. Contenta diede l’ultima spinta al ferretto, quella decisiva. Si sentì nello stesso momento una moneta cadere nel foro in basso. Lei la prese senza curarsi della placca di metallo protettiva. Aveva guadagnato pochi centesimi ma il volto era felice.
Quel telefono mi spaventava, non lo frequentava più nessuno. Me ne stupivo, non avrei dovuto. Pensavo a quanto fosse facile per gli altri premere un pulsante e chiamare chi volevano, quando volevano. Quel telefono pubblico serviva ora solo a vecchie donne senza un soldo o a barboni per dormire, se fossero state cabine. Fu così che decisi di comprare un cellulare.


Giuseppe Acconcia
Tratto da Un inverno di due giorni e altri racconti. 2007
Fara editore, Giudizio universale
La Casa Orca

mercoledì 14 marzo 2012

Le interviste a Zubaida, Nabil al Arabi, Hamalawi. Un anno di stradedellest



EGITTO Parla il blogger Essam Hamalawi
«La nuova sinistra parte da un nuovo sindacato»
“Una nuova sinistra parte da un nuovo sindacato”. Essam Hamalawi, giornalista di Al Ahram e blogger (arabawi.org) è tra i fondatori del nuovo Partito dei lavoratori. “Prima di tutto, la sicurezza di stato deve essere smantellata e il partito di Mubarak bandito”: Essam ha le idee molte chiare. “I membri corrotti del vecchio regime - continua - devono essere processati da tribunali militari. Non è possibile che i manifestanti vengano giudicati da corti marziali mentre El Adly e Ahmad Azz da corti civili.” Secondo Essam il risultato più importante delle rivolte è l’annuncio del nuovo Ministro del lavoro, Ahmed El Borai. I lavoratori egiziani avranno finalmente il diritto di formare sindacati indipendenti dal governo. Durante la presidenza Mubarak esisteva un sindacato federale unico in Egitto, composto di 24 unioni di base, 22 delle quali guidate da uomini del partito nazionale democratico. “È già nato il primo sindacato indipendente - aggiunge Essam - che comprende ammistratori pubblici, insegnanti, tecnici sanitari e pensionati”. Proprio in seguito a queste dichiarazioni, il segretario generale dell’ILO, Juan Somavia, in visita al Cairo, ha dichiarato che l’Egitto uscirà dalla lista nera dell’organizzazione.
Secondo Essam, il nuovo Partito dei lavoratori includerà giovani dei movimenti, contadini e operai. L’attivista non teme una competizione elettorale con gli islamisti su temi sociali: “i Fratelli musulmani non si sono mai occupati di classe operaia, anzi membri del Wasat e dell’ufficio politico della confraternita si sono espressi più volte a favore delle privatizzazioni”. Sul rapporto tra scioperi e rivoluzione, Essam aggiunge: “le domande settoriali di poche centinaia di lavoratori che si incontrano nei pressi dei ministeri o per strada stanno riportando l’Egitto al clima prerivoluzionario”. E perchè mai la “rivoluzione” non è diventata un fenomeno politico? “I membri della classe media e delle aziende private dopo le dimissioni di Mubarak sono tornati al loro lavoro – risponde Hamalawi -, mentre i lavoratori di Suez, dei trasporti, delle industrie militari, i proprietari terrieri, gli insegnanti, gli impiegati dell’aviazione, i poliziotti non possono riprendere la loro quotidianità ignorando quello che è successo. Dal mio punto di vista dovrebbero comprendere quanto le loro rivendicazioni coincidano con gli slogan di piazza Tahrir”. Sin dal 28 gennaio, la gente delle classi più disagiate si è unita ai manifestanti della prima ora e ha cercato di far sentire la propria voce fino allo sgombero del 9 marzo. Ma i movimenti non hanno finora saputo integrare le richieste dei lavoratori per portare la rivoluzione a definire concrete richieste politiche.
Sul Consiglio delle forze armate, Essam aggiunge: “tutti speriamo che questo governo militare finisca al più presto. E che gli episodi dubbi sull’uso della violenza vengano chiariti. L’esercito non è intenzionato a governare giorno per giorno, ma solo a tenere alcuni punti fermi come l’alleanza con gli Stati Uniti e il trattato di pace con Israele”. Anche secondo Hamalawi, il ruolo dell’esercito è stato essenziale per la deposizione di Mubarak. Ma presto verranno fuori le lotte clandestine: “all’interno delle forze armate c’è una vera divisione di classe molto fragile tra Consiglio supremo, ufficiali e i poverissimi giovani militari”. Secondo Essam, “se l’esercito ha accelerato così tanto sul referendum e sulle elezioni parlamentari è proprio per mascherare le divisioni interne.” Le forze armate hanno sostenuto tacitamente o apertamente il “sì” al referendum. Mentre membri dell'ex partito di Mubarak e Fratelli musulmani erano fuori dai seggi per spingere la gente a votare “sì”. Secondo Hamalawi, “c’è un accordo tra islamisti ed esercito, il rilascio di Kairat Shater e della maggiorparte dei progionieri politici ha facilitato il netto e forte sostegno degli islamisti al “sì” ”.
L’esercito sembra agire come ha sempre fatto Mubarak concedendo spazio agli islamisti nel momento della necessità. È ancora da chiarire quale spazio avrà invece la sinistra nel nuovo Egitto. Una base elettorale di 4 milioni di voti, coloro che hanno votato “no” al referendum, può essere il punto di partenza per arginare le preoccupanti tendenze antirivoluzionarie in atto.
Giuseppe Acconcia

Il Manifesto
INTERNAZIONALE, pagina 4
Venerdì, 8 aprile 2011



di Hamed Hussein e Giuseppe Acconcia
M.O.: ministro esteri Egitto, promuoveremo conferenza di pace
El Arabi, Subito dopo formazione stato palestinese
Roma, 17 mag. -
(Aki) - L'Egitto ''promuovera' una conferenza di pace per trovare una soluzione al conflitto israelo-palestinese''. Lo annuncia il ministro degli Esteri egiziano, Nabil el Arabi, in visita in Italia, in un'intervista ad AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL. ''L'accordo (siglato al Cairo il 4 maggio scorso tra Hamas e Fatah, ndr) e' servito a rafforzare l'autorita' di uno degli interlocutori. Se i palestinesi sono divisi, Israele proseguira' unilateralmente e denuncera' sempre l'assenza di un interlocutore credibile'', spiega il ministro uscente, appena nominato segretario generale della Lega araba.
''Quando in un negoziato c'e' una parte molto forte e un'altra debole - prosegue - e' necessario sostenere chi ha meno forza. E per questo motivo la comunita' internazionale dovrebbe riconoscere lo Stato palestinese al piu' presto. Il passo successivo alla formazione di un forte governo palestinese sara' promuovere una conferenza di pace'', prosegue il capo della diplomazia egiziana.
Il ministro fa riferimento alle numerose conferenze di pace che hanno tentato di porre fine al conflitto e al nuovo corso determinatosi in relazione alla 'primavera araba'. ''I tentativi sono stati molteplici dal 1949 al 1973, fino alle recenti iniziative promosse da Clinton e Bush. Ma ora le condizioni sono cambiate - afferma - La linea di tutti coloro che sono coinvolti nella questione israelo-palestinese negli ultimi venti anni e' stata di gestire un conflitto, noi vogliamo chiudere il conflitto''. (segue)
M.O.: ministro Esteri Egitto, Italia riconosca indipendenza palestinese
El Arabi, Dichiarazioni indipendenza sono tutte unilaterali
Roma, 17 mag. -
(Aki) - ''Il presidente Berlusconi sa bene che tutte le dichiarazioni di indipendenza sono state fatte unilateralmente a partire da quella dichiarazione degli Stati Uniti. Lo stesso e' avvenuto per la fondazione di Israele''. Lo afferma il ministro degli Esteri egiziano, Nabil el Arabi, in un'intervista ad AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL, commentando la posizione del governo italiano che, in riferimento alla questione palestinese, ha fatto sapere di non voler riconoscere uno stato creato sulla base di una dichiarazione unilaterale di indipendenza.
''Quando sara' riconosciuto lo Stato palestinese sara' necessario continuare con negoziati bilaterali per la definizione dei confini e degli altri temi oggetto di controversia'', ha precisato el Arabi, ministro uscente, appena nominato Segretario generale della Lega Araba.
M.O.: ministro esteri Egitto, promuoveremo conferenza di pace (2)
Roma, 17 mag. -
(Aki) - Riguardo, poi, alle critiche sull'uso della violenza da parte di Hamas, per el Arabi ''ci sono esponenti di Hamas che fanno un uso scorretto della violenza cosa che succede anche in campo israeliano''. ''L'importanza di un nuovo governo con una linea guida unica nei territori palestinesi e' essenziale'', sottolinea.
A questo proposito el Arabi ricorda la necessita' della fodazione di uno Stato palestinese indipendente, affermando che ''la necessita' di due stati, uno israeliano e uno palestinese, e' sancita dalla risoluzione delle Nazioni Unite del 1948, che sancisce la fondazione dello Stato di Israele''. ''Questo ha determinato basi legali egualitarie per israeliani e palestinesi per avere due stati indipendenti. Anche George Bush prima e Barack Obama poi si sono espressi in questo senso. Negli ultimi anni - conclude - l'intera comunita' internazionale ha seguito questa iniziativa''.
Libia: ministro Esteri Egitto, siamo vicini all'opposizione
El Arabi, Gheddafi chiuda conflitto e non prosegua con uso armi
Roma, 17 mag. -
(Aki) - ''Non vogliamo che in Libia proseguano le violenze, questo e' motivo di simpatia per le forze di opposizione''. Lo afferma il ministro degli Esteri egiziano e neo segretario generale della Lega Araba, Nabil El Arabi, in un'intervista ad AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL.
La richiesta del governo egiziano al colonnello libico Muammar Gheddafi, quindi, e' di cessare le ostilita'. ''Gheddafi chiuda il conflitto e non prosegua nell'uso delle armi'', dichiara il ministro, in visita a Roma. El Arabi esprime poi le sue preoccupazioni in merito al conflitto in corso nelle zone lungo il confine occidentale egiziano. ''Siamo preoccupati per il bagno di sangue che sta colpendo i nostri vicini libici e per la numerosa comunita' egiziana in Libia’’, ammette Al Arabi.
Iran: ministro Esteri Egitto, Teheran non e' un nemico
El Arabi, Ma non deve interferire in affari interni del Cairo
Roma, 17 mag. -
(Aki) - ''In questa fase, l'Egitto non ha piu' nemici. Neppure l'Iran e' un nemico''. Lo dichiara ad AKI - ADNKRONOS INTERNATIONAL Nabil el Arabi, ministro degli Esteri egiziano appena nominato segretario generale della Lega Araba. ''Non abbiamo ancora avviato un negoziato con l'Iran per rafforzare le relazioni diplomatiche'', dice al Arabi, sottolineando pero' come ''l'Iran non debba interferire nella politica interna egiziana''. ''Le autorita' iraniane - afferma - devono mostrare una mentalita' aperta e, nelle relazioni bilaterali, devono rispettare la reciproca autonomia''.
El Arabi, una volta nominato ministro degli Esteri, si e' subito espresso in favore di nuove relazioni diplomatiche tra Egitto e Iran. Dal 1979, anno della Rivoluzione islamica, Egitto e Iran non hanno ambasciate nei due Paesi. Sul futuro delle relazioni tra Il Cairo e Teheran, El Arabi precisa che ''solo tre paesi al mondo non hanno relazioni diplomatiche piene con l'Iran: Stati Uniti, Israele ed Egitto''. ''Tuttavia sin dal 1991 esistono dei rapporti tra Egitto e Iran. Esistono gia' due uffici di rappresentanza al Cairo e a Teheran - conclude - che gestiscono le relazioni tra i nostri Paesi''.

Adnkronos
Roma, giovedì 17 maggio 2011



L'EGITTO UN ANNO DOPO · Intervista al manifesto dello storico e politologo Sami Zubaida
«Fuori dal ghetto del nazionalismo»
L’11 febbraio 2011, dopo un mese di mobilitazione e rivolta simboleggiate dalla piazza Tahrir, il decotto «faraone» Mubarak fu costretto a dimettersi: cosa è cambiato?
“Le rivolte hanno segnato il ritorno della politica in Medio Oriente” - assicura al manifesto Sami Zubaida, storico dell’Università di Birkbeck, ad un anno dalle dimissioni di Hosni Mubarak. “I colpi di stato nazionalisti di Gamal Abdel Nasser in Egitto e del Ba’ath in Siria hanno incluso le ideologie politiche all’interno del partito unico. E così le rivolte di quest’anno hanno bilanciato la costante soppressione dei movimenti urbani nel mondo arabo” - aggiunge il politologo dell’Università di Londra. “Le nuove generazioni sono uscite dal ghetto del nazionalismo, proclamando valori universali di giustizia sociale, democrazia e anti-corruzione. E così il muro è crollato. L’idea di inviolabilità del regime è sparita. Da qui non si torna indietro, continuerà l’attivismo politico di cittadinanza”, ammette Zubaida.
Come spiega allora l’inconsistenza delle forze politiche secolari alle elezioni parlamentari degli ultimi mesi? “Chi ha fatto la Rivoluzione non ha potere elettorale nè connessioni politiche. I partiti socialisti e liberali erano implicati nei regimi nazionalisti. Anche il Partito comunista iraqeno aveva accettato di far parte di una coalizione con il Ba’ath di Saddam Hussein. Così i comunisti persero credibilità. E il regime ha massacrato i principali esponenti del partito”. Secondo l’autore de Islam, il popolo e lo stato: idee politiche e movimenti (1993), altra grave colpa delle forze secolari è di essere implicate nelle politiche di liberalizzazione economica degli ultimi decenni. “Ma il colpo di grazia è venuto, da un lato, dalla Rivoluzione iraniana, che ha strappato il mantello della giustizia sociale alla sinistra, e, dall’altro, dal crollo dell’Unione Sovietica”.
Tuttavia, almeno dal febbraio 2011, tutti i movimenti politici hanno goduto di una certa libertà in campagna elettorale. “I vecchi partiti di sinistra sono arrivati a queste rivolte come forze completamente irrilevanti. L’esercito ha concesso ai giovani libertà di assembramento e di parola, ma non di organizzazione del movimento operaio”, prosegue Zubaida nell’intervista al manifesto. In un certo senso, il Consiglio Supremo delle Forze Armate (SCAF) in Egitto ha bloccato la spinta rivoluzionaria proponendosi come garante di stabilità e sicurezza. “Lo SCAF vuole una ‘soluzione definitiva’, il controllo dell’attività politica e parlamentare. Inoltre, ha architettato coflitti settari per screditare i movimenti. In un primo tempo, i Fratelli musulmani hanno tentato debolmente di resistere all’esercito. Ma hanno rinunciato per governare con un’ampia maggioranza. Sono arrivati così ad un accordo tacito con i militari. Il risultato: i rivoluzionari si trovano a combattere non solo contro l’esercito ma anche contro la Fratellanza”.
In realtà, nonostante Libertà e giustizia abbia vinto le elezioni, appare divisa al suo interno. “I Fratelli musulmani sono un movimento gerontocratico e internamente anti-democratico, di fronte ad un grave conflitto generazionale. I moralisti, vecchia maniera, convivono con i businessman del Golfo. Esiste poi una corrente impegnata in politiche sociali, per riforme sanitarie e contro la disoccupazione, ma convive con il liberismo della vecchia nomenclatura. Sembra quasi che dopo il successo elettorale, la loro prima richiesta sia stata di arrestare Adel Imam”, conclude con ironia Zubaida. Il docente fa qui riferimento alla vicenda giudiziaria del popolare attore comico egiziano, famoso per le battute blasfeme dei suoi film, condannato a tre mesi di reclusione per “insulti all’Islam”. In questo clima, il ritorno al Corano dei salafiti potrebbe avere una presa senza precedenti. “La legge islamica che chiedono i salafiti non è una versione riformata, ma l’interpretazione storica della legge coranica; sono per la soppressione dell’eresia e dell’immoralità. Quello che però più segna il loro discorso politico è l’ostilità verso i cristiani”, conclude l’autore de Dietro l’Islam: per una nuova comprensione del Medio Oriente (2011).
In questi giorni, gli egiziani stanno votando anche per il Senato e presto eleggeranno il nuovo presidente della Repubblica. “Un processo elettorale, che non garantisce libertà di associazione e la costituzione di partiti politici rappresentativi dei movimenti secolari, può essere addirittura rischioso. In Iraq, elezioni frettolose e il regime liberale hanno esacerbato il settarismo. Il sistema elettorale ha favorito poi meccanismi di controllo delle risorse, causando corruzione e partitocrazia”, considera Zubaida.
D’altra parte, in Siria, il movimento iniziato quasi un anno fa, nella regione rurale di Daraa, sta dando filo da torcere al regime. “La transizione in Siria è davvero lontana. Solo in parte le manifestazioni hanno il carattere di movimenti urbani, come è stato in Egitto. Tanto che Damasco è ancora calma e i manifestanti gridano Aleppo dove sei?” Secondo Zubaida, il Ba’ath di Bashar al-Assad è ancora il solo garante che possa evitare una deriva settaria in Siria? “In realtà, il movimento siriano è esplicitamente non settario, anzi la lealtà tra cristiani, alawiti e musulmani è il vero segno delle proteste. Mentre la dura repressione di al-Assad non sorprende. All’inizio delle rivolte, ha concesso alle donne con niqab di insegnare nelle scuole. Ora, sta bombardando Homs, come aveva fatto il padre Hafez con la città di Hama nel 1982”. Tuttavia, la vera brutta notizia per il regime siriano sembra venire da nuove pressioni internazionali. “La Turchia, riallineandosi con Stati Uniti e Arabia Saudita in merito alla questione siriana, potrebbe privare l’Iran del principale asset nei paesi arabi”. In questo scenario, l’ultimo pericolo per un’estensione delle tensioni in Medio Oriente sembrano le scintille dello Stretto di Hormuz tra Stati Uniti ed Iran, dove si avvicinano le elezioni parlamentari. “L’Iran vive in uno spazio pubblico ben distinto. La capacità repressiva del regime è enorme. Certo, il nemico numero uno per gli Stati Uniti ormai sono gli sciiti, non più gli islamisti sunniti”, conclude il professore.

Giuseppe Acconcia, ringraziamenti ad Antonio De Martin

Il Manifesto
INTERNAZIONALE, pagina 7
Sabato, 11 febbraio 2012
http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20120211/manip2pg/07/manip2pz/317878/
http://stradedellest.blogspot.com/2012/02/fuori-dal-ghetto-del-nazionalismo.html