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lunedì 7 maggio 2012
sabato 28 gennaio 2012
giovedì 19 gennaio 2012
L'irresistibile carica dei Fratelli musulmani
STRAVINCONO Concluse le varie tornate elettorali il partito «Libertà e giustizia» conquista il 48%dei voti e 230 seggi sui 508 del parlamento. E i salafiti di el-Nour sono la seconda forza: 23% e 121 seggi
DELUSI I giovani della piazza Tahrir si chiedono «perché ci siamo fatti ammazzare?»
L’irresistibile carica dei Fratelli musulmani
Ma gli islamisti moderati non sono un monolite: al loro interno conservatori e progressisti.
«Libertà e giustizia» stravince le parlamentari in Egitto con il 48% dei voti - 230 su 508 seggi. Poco importa se gli islamisti moderati abbiano raggiunto per ultimi e lasciato per primi le rivolte. Logorati da anni di opposizione, per vincere hanno sfruttato l’integrazione nel vecchio regime. Nel 2005, i Fratelli musulmani contavano già su 88 deputati. E’ iniziato tutto dal sindacato dei medici di via Qasr al-Aini 42, dove i leader della fratellanza tenevano le loro riunioni. Ora, alle sedi originali della confraternita, piccole stanze in casa di simpatizzanti, si aggiungono grandi sedi di partito, librerie e sale conferenze. Ma la leadership è ancora da rodare. Tra i conservatori, un nome su tutti: Kayrat Shater. Scarcerato dopo le dimissioni di Mubarak, si occupa dell’ufficio economico e di gestire i contatti con Hamas. Insieme a lui, Saad al-Katatny, possibile nuovo presidente della Camera, con due vice: un liberale del Wafd e un salafita. Se scotta ancora la sconfitta dei businessmen islamisti del Wasat (centro), che avrebbero ottenuto solo 11 seggi, per nuove allenze «Libertà e giustizia» guarda ai liberali. Sembra fuori discussione un accordo con Kutla, coalizione di cui fa parte l’ex imprenditore di Orascom, Naguib Sawiris. Il «blocco» ha polarizzato il voto dei cristiani, ottenendo solo l’8% - 45 seggi, inclusi i deputati di “Tamnia o Islah” (Sviluppo e Riforma), vicino a el-Baradei. Tanto che l’ex direttore dell’Aiea, per i deludenti risultati e contro l’abuso di potere dei militari, ha annunciato il ritiro della sua candidatura alle presidenziali. Anche se «Libertà e giustizia» ha i numeri per un esecutivo monocolore, andrebbe verso un accordo di governo con i liberali del Wafd. Altro partito della nomenclatura del vecchio regime, già alleato con la fratellanza nel 1984, il Wafd esce dalle elezioni come maggiore forza laica in Egitto, con il 10% dei voti. Ma «Libertà e giustizia» non è un monolite. Molti giovani del movimento guardano a sinistra. Sono nelle liste di «Tyar» (corrente), parte della coalizione «Rivoluzione continua», insieme a socialisti e comunisti. “«Libertà e giustizia» non vuole sentir parlare di sinistra ma il suo discorso politico persegue i diritti sociali” - dichiara al manifesto Ahmed Samir, politico della fratellanza. Questi attivisti sostengono la candidatura alle presidenziali del medico riformista Aboul Fotuh. Politico carismatico, è l’unico tra gli islamisti ad aver commentato i risultati elettorali sottolineando “come la Rivoluzione non sia ancora compiuta”. E così, il divario tra islamisti radicali e «Libertà e giustizia» si accentua su temi chiave. «I salafiti hanno un’idea stantia di politica, tra barbe e nikab vorrebbero imporre dei costumi superati. Per noi non è questo l’Islam, ad esempio in «Libertà e giustizia» c’è un’ampia partecipazione femminile” - ribatte il politico. I salafiti de el-Nour (Luce), secondo partito in Egitto, con il 23% dei voti - circa 121 seggi - sono la vera incognita di questo parlamento. Non solo barbuti, i salafiti sono ingegneri e insegnanti. Gli islamisti radicali vengono finanziati da immigrati egiziani in Arabia Saudita e nel Golfo. “Abbiamo organizzato la campagna elettorale con donazioni private” - racconta al manifesto Ahmed Salah, politico salafita nel quartiere di Ayn Shamps. “Fino a qualche mese fa, non potevamo accettare nemmeno una lira dall’estero” - ammette Salah. Per limitare i gruppi legati alla jihad-islamica, il regime di Mubarak ha fatto leva sulla legge di emergenza, tracciando i finanziamenti agli islamisti. “Per questo, fare politica ha significato aspettare il momento per essere uccisi o arrestati” - aggiunge Salah. Hanno votato per el-Nour i poveri e parte della classe media. Se agiscono sulla stessa base sociale degli islamisti moderati, hanno grande seguito per le loro idee conformi al Corano. Inoltre, i salafiti egiziani controllano un imponente sistema mediatico: vari quotidiani e almeno sei canali televisivi, come el-Nas (popolo). I politici salafiti sono invece inesperti ed ambigui. Resta aperto nel partito il dibattito sui diritti delle donne, di copti e sufi, la legislazione sugli alcolici e la formazione di una polizia religiosa. Non ci sono solo ombre. Sono nel movimento anche figure liberali che aprono le porte ad un’interpretazione razionale della legge islamica come gli sheik Husama el-Qussy e Ibrahim Naged. Infine, frammentata e per il boicottaggio del voto, la sinistra egiziana e il partito «el-Adl» (giustizia) hanno ottenuto solo alcune decine di deputati nelle roccaforti di Shubra, Mansoura e Mahalla. Mentre, gli ex uomini del partito di Mubarak, eletti tra gli individuali, hanno ottenuto solo una manciata di seggi e sosterranno l’ex premier Ahmed Shafiq come candidato alle presidenziali. “Perchè siamo morti?” - si chiedono a questo punto gli attivisti dei movimenti di resistenza extraparlamentare, “6 Aprile” e Kifaya!, che torneranno in piazza il 25 gennaio contro i militari. L’esercito ha forgiato la legge elettorale per favorire movimenti già radicati sul territorio. Non ha impedito la nascita di partiti su base religiosa. Ha infine svuotato il parlamento di legittimità, puntando su un Consiglio militare permanente. Con la riattivazione del discorso salafita e l’esercito al potere, gli attivisti temono che la Rivoluzione si trasformi in un colpo di stato militare sul modello del movimento Urabi del 1882. Per la piazza, sia il regime di Mubarak che il potente esercito sono eredi dei mandati coloniali. I militari usano gli stessi mezzi coercitivi del vecchio regime, o meglio il controllo dello stato sulla società si riproduce automaticamente.
Giuseppe Acconcia
Il Manifesto
INTERNAZIONALE, pagina 9
Mercoledì, 18 gennaio 2012
Mercoledì, 18 gennaio 2012
mercoledì 18 gennaio 2012
Processo a Mubarak
EGITTO: CHIESTA LA PENA DI MORTE PER HOSNI MUBARAK
Un anno fa, in questi giorni, l'ex presidente egiziano era uno degli uomini piu' potenti del mondo arabo. Ora e' sotto processo rischia la pena capitale. Ma la rivoluzione che lo ha cacciato resta in pericolo a causa dei militari al potere
GIUSEPPE ACCONCIA *
«Non mi aspetto una decisione giusta da questo processo» – ha commentato Bassem, fratello dell’artista visuale Ahmed Bassiony, ucciso il 28 gennaio scorso. I familiari delle vittime temono che il processo si concluda con l’assoluzione completa dell’ex presidente. Le preoccupazioni di un’archiviazione sono cresciute soprattutto in seguito alla testimonianza del generale Hussein Tantawi che ha negato che Mubarak abbia dato ordine di sparare. Dal canto loro, i pro Mubarak fanno cerchio intorno ad Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro nominato dal rais, e uno dei candidati ufficiali alle prossime elezioni presidenziali. Presenti e sotto accusa, anche l’ex ministro degli interni Habib el-Adly, sei leader del Partito Nazionale Democratico e i due figli del rais, Alaa e Gamal, che rischiano una condanna a 15 anni di reclusione. È attesa a ore la decisione del giudice per la divisione del processo in due tronconi. Uno inerente alle uccisioni di manifestanti; l’altro in merito alle accuse di corruzione, sperpero di denaro pubblico e cospirazione nell’esportazione di gas. Mentre uno dei principali indagati, Ahmed Ramzy, responsabile delle Forze di sicurezza centrale, non ha preso parte al processo. Di grande impatto è stata la requisitoria di Mostafa Soliman in cui ha accusato Mubarak di aver creato un «sistema corrotto», di spingere il figlio Gamal per la presidenza in un’era segnata da «finte elezioni e dittatura». Il procuratore, tra le urla dei parenti delle vittime, ha mostrato anche video in cui dei poliziotti sparano contro manifestanti indifesi. Soliman ha poi accusato Hussein Salem, imprenditore del gas ed ex ufficiale dell’esercito, di aver ottenuto proprietà pubbliche attraverso gare d’appalto truccate. Il procuratore del Cairo ha infine denunciato che il Ministero degli interni e l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale non cooperano nelle indagini.
Nel processo sono stati chiamati 2000 testimoni, tra cui ufficiali della polizia che hanno visto usare armi contro i manifestanti. Particolarmente attesa è la testimonianza del generale Sami Enan. Proprio su questo punto, la difesa di Mubarak ha minacciato il ritiro dal processo se Enan e l’ex responsabile dei servizi segreti, Omar Suleiman, non venissero ascoltati.
Gli avvocati di Mubarak tentano di prendere tempo e di umanizzare il «diavolo», presentando quotidianamente il presidente malato o mentre scoppia in lacrime, alla vista del corpo trucidato del colonnello Gheddafi. Tuttavia, anche se condannato, il corpo dell’ex presidente non sarà mai un oggetto pubblico. E un giusto processo è la sfida per il sistema giuridico egiziano, ancora costruito sul vecchio apparato coercitivo che delega ai mogles el-urfiyya, consigli consuetudinari, la risoluzione di dispute tra cittadini.
«Proprio dalla Corte del Cairo partirà la grande manifestazione del 25 gennaio, a un anno dall’inizio della Rivoluzione» – dichiara al manifesto Mohammed Abdel Aziz, attivista di Kifaya!. Prenderanno parte all’anniversario delle rivolte anche attivisti liberali e giovani dei Fratelli musulmani. Se non è ancora stata resa nota una posizione ufficiale del movimento, l’intenzione della Guida suprema Mohammed Badie di «voler integrare la piazza nel partito» si rivolge proprio ai giovani islamisti di sinistra della Corrente, Tyar Masri. «Chiederemo all’esercito di lasciare il potere e di non parlare di ‘altra mano’ nell’attivazione delle violenze» – aggiunge Talaat Fahami della Rivoluzione continua. Quest’ultima coalizione ha ottenuto una buona affermazione nel Delta del Nilo, secondo i primi risultati del terzo turno, annunciati oggi. Libertà e giustizia (Fratelli Musulmani) si conferma primo partito anche nel Sinai. I gruppi laici, in particolare i liberali del Wafd, si attestano al terzo posto, dopo i salafiti, con poco meno del 10%. Le tribù del nord del Sinai nella provincia di al-Arish hanno però in parte boicottato il voto oppure appoggiato gli uomini appartenenti alla propria tribù all’interno dei partiti. Nena News
martedì 17 gennaio 2012
I risultati finali, Telecolore. In diretta da Londra, lunedì 16 gennaio 2012.
16 gennaio 2012, Ore 12, Telecolore. Nello spazio dedicato all'Archeoclub Nuceria Alfaterna, puntata sulla situazione politica e dei beni culturali in Egitto e fusione delle due Nocera.
In studio Peppe Leone e Salvatore De Napoli dell'Archeoclub Nuceria Alfaterna.
In collegamento web da Londra Giuseppe Acconcia, giornalista e ricercatore, collaboratore di Rainews 24 e de Il Manifesto che relaziona sull'esito delle elezioni in Egitto, prospettive e incertezze del dopo voto, e sui beni culturali del paese (Museo egizio, Institut d'Egypt).
venerdì 13 gennaio 2012
In diretta da Mahalla, il racconto del voto operaio, Martedì 3 gennaio 2012
Mahalla, 3 gennaio 2012.
mercoledì 11 gennaio 2012
Chi attiva le violenze?

Il Cairo, 31 dicembre 2011, Nena News – «La rivoluzione egiziana è ancora un movimento pacifico», dichiara al manifesto Alaa Abd el-Fatteh, blogger e attivista egiziano, scarcerato lo scorso lunedì dopo due mesi di prigione: l’esercito lo accusa di essere coinvolto nell’uccisione di manifestanti durante gli scontri alla tv di Stato (Maspero), lo scorso 9 ottobre. «Dagli scontri pre-elettorali, la repressione dell’esercito è diventata sistematica e complessa», aggiunge el-Fatteh: «Molti accusano polizia e ex affiliati al partito di Mubarak di attivare bande di criminali, ma è una spiegazione non sufficente». Il giovane blogger si riferisce ai famigerati baltagi, scesi in campo in date cruciali per le rivolte. Hanata, Galisa di Sayeda Nafisa, Tare Matua di Sayeda Zeinab, Musad Safai, Sarsaa, Taha Harami di Sayeda Eisha: sono alcuni dei picciotti più noti, alcuni di loro in prigione. A corto di mance della polizia, si darebbero ora a spaccio e traffico d’armi.
Alaa fa parte di una famiglia di attivisti, è il marito di Manal, blogger che ha raccontato le rivolte con gli occhi delle donne. Fratello e figlio di attivisti per i diritti, punta il dito contro l’esercito. «I movimenti di resistenza civile che hanno continuato a protestare sono impegnati in semplici azioni di auto-difesa. Da una parte, nei sit-in di Tahrir sono coinvolti ‘ragazzi di strada’, gruppi spontanei di poveri che vorrebbero ottenere qualcosa da questa rivoluzione. Dall’altra, a innescare le violenze sono uomini infiltrati tra i militari, spesso in borghese. Sono gli stessi entrati in azione nei gruppi di autodifesa nati durante le rivolte, e nella manifestazione partita dal quartiere di Agouza lo scorso 29 giugno. Sono questi che il 17 dicembre hanno iniziato a dar fuoco all’Institut d’Egypt dall’alto, ben prima che i manifestanti si difendessero con le bottiglie molotov». Quella volta la battaglia è durata quattro giorni, causando la morte di 16 persone e danni ai palazzi pubblici intorno al Parlamento.
Sebbene non soddisfatto dalla schiacciante vittoria elettorale degli islamisti, el-Fatteh aggiunge: «Il primo risultato della Rivoluzione è un parlamento legittimo, e ciò chiarisce come il governo militare sia illegittimo. Un parlamento eletto dal popolo non può che ascoltare le richieste rivoluzionarie, sentire la pressione per le riforme e rispondere agli scioperi generali in corso e ai prossimi, annunciati per marzo», conclude Alaa, che si considera un attivista indipendente del movimento di sinistra «La Rivoluzione Continua». Secondo lui, scioperi e manifestazioni si intensificano anche nelle province. «Ormai è un movimento di resistenza anche a livello locale. La polizia militare affronta per esempio la resistenza degli operai di Damietta che hanno visto avvelenate le acque usate per l’irrigazione dei campi e sono stati sgombrati dall’occupazione permanente del porto».
Cosa pensa della diffusa opinione che gli attivisti siano distanti dalla gente comune? «Quello che succede in piazza è lontano mille volte dalle realtà dei luoghi di lavoro, scuole e ospedali in cui i principi della democrazia partecipativa stanno prendendo forma», risponde Alaa: «Un esempio è l’elezione dei rappresentanti del sindacato dei medici in seguito all’approvazione della legge che liberalizza le unioni di lavoratori». Il provvedimento voluto dal ministro del lavoro, Ahmed El Borai, ha dato ai lavoratori egiziani il diritto di formare sindacati indipendenti dal governo. «Ma c’è ancora da fare molto. Bisogna azzerare la televisione di stato. E i governatori locali vanno eletti. Nessuno vuole che i militari continuino a governare, neppure i Fratelli musulmani». Alaa critica l’intenzione, annunciata dai vertici dell’esercito, di formare un Consiglio militare permanente che controlli l’operato del parlamento, o approvare norme sovra-costituzionali che darebbero ai militari il diritto di veto sulle leggi ordinarie.
Quanto alle accuse di aver partecipato agli scontri settari dello scorso ottobre, Alaa ribatte deciso: «Non ero neppure là durante l’attacco al Maspero, sono arrivato due ore dopo. Le accuse sono costruite ad hoc, con falsi testimoni». Secondo la stampa indipendente egiziana, el-Fatteh sarebbe stato arrestato perché ha rifiutato di rispondere alle domande della corte militare, come era avvenuto alcuni mesi prima con il blogger Essam Hamalawi, immediatamente rilasciato. «Il mio arresto è parte della strategia repressiva dell’esercito», aggiunge Alaa. «Il gior degli scontri di Maspero, i militari stavano attaccando una parte debole della società egiziana, i cristiani copti. Il loro scopo è normalizzare l’uso della violenza, e insieme screditare gli attivisti. E’ successo a me, succede a “6 Aprile”, agli attivisti per i diritti umani, ai socialisti, a chi dà alloggio ai manifestanti», conclude Alaa, che appena rilasciato è tornato in piazza Tahrir.
A confermare le sue accuse, resta in carcere il blogger Maikel Nabil, condannato a due anni per aver criticato l’esercito, ora in sciopero della fame. Inoltre, giovedì sono state brutalmente perquisite 17 ong, tra cui l’Istituto Nazionale Democratico e il Centro arabo per l’indipendenza.
martedì 10 gennaio 2012
Chiesta la pena capitale per l’ex presidente Mubarak
Egitto AL PROCESSO L’EX RAIS ARRIVA IN BARELLA. SENTENZA ATTESA PER MARZO
Chiesta la pena di morte per l’«intoccabile»
Mubarak rischia la pena capitale. «La notte del 27 gennaio, l’ex presidente chiese di sparare sui manifestanti»: questa la ricostruzione del procuratore generale, Mostafa Soliman. È attesa per marzo la sentenza nel processo in cui il rais, dimessosi l’11 febbraio scorso, è accusato anche di abuso di potere. Arrivato in elicottero ieri mattina all’Accademia della polizia della città satellite di New Cairo, l’ex presidente, 83 anni, ha preso parte alla sesta udienza del processo iniziato il tre agosto scorso, in barella. Mentre all’esterno si raccoglievano piccoli gruppi di manifestanti pro e anti Mubarak. Insieme a loro, i familiari degli 850 morti degli scontri della scorsa primavera che brandivano cappi e marionette e mostravano le foto dei martiri, shaada, a cui è ora dedicata la fermata della metro, prima intitolata a Mubarak. «Non mi aspetto una decisione giusta da questo processo» - ha commentato Bassem, fratello dell’artista visuale Ahmed Bassiony, ucciso il 28 gennaio scorso. I familiari delle vittime temono che il processo si concluda con l’assoluzione completa dell’ex presidente. Le preoccupazioni di un’archiviazione sono cresciute soprattutto in seguito alla testimonianza del generale Hussein Tantawi che ha negato che Mubarak abbia dato ordine di sparare. Dal canto loro, i pro Mubarak fanno cerchio intorno ad Ahmed Shafiq, ultimo primo ministro nominato dal rais, e uno dei candidati ufficiali alle prossime elezioni presidenziali. Presenti e sotto accusa, anche l’ex ministro degli interni Habib el-Adly, sei leader del Partito Nazionale Democratico e i due figli del rais, Alaa e Gamal, che rischiano una condanna a 15 anni di reclusione. È attesa a ore la decisione del giudice per la divisione del processo in due tronconi. Uno inerente alle uccisioni di manifestanti; l’altro in merito alle accuse di corruzione, sperpero di denaro pubblico e cospirazione nell’esportazione di gas. Mentre uno dei principali indagati, Ahmed Ramzy, responsabile delle Forze di sicurezza centrale, non ha preso parte al processo. Di grande impatto è stata la requisitoria di Mostafa Soliman in cui ha accusato
Mubarak di aver creato un «sistema corrotto», di spingere il figlio Gamal per la presidenza in un’era segnata da «finte elezioni e dittatura». Il procuratore, tra le urla dei parenti delle vittime, ha mostrato anche video in cui dei poliziotti sparano contro manifestanti indifesi. Soliman ha poi accusato Hussein Salem, imprenditore del gas ed ex ufficiale dell’esercito, di aver ottenuto proprietà pubbliche attraverso gare d’appalto truccate. Il procuratore del Cairo ha infine denunciato che il Ministero degli interni e l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale non cooperano nelle indagini. Nel processo sono stati chiamati 2000 testimoni, tra cui ufficiali della polizia che hanno visto usare armi contro i manifestanti. Particolarmente attesa è la testimonianza del generale Sami Enan. Proprio su questo punto, la difesa di Mubarak ha minacciato il ritiro dal processo se Enan e l’ex responsabile dei servizi segreti, Omar Suleiman, non venissero ascoltati. Gli avvocati di Mubarak tentano di prendere tempo e di umanizzare il «diavolo», presentando quotidianamente il presidente malato o mentre scoppia in lacrime, alla vista del corpo trucidato del colonnello Gheddafi. Tuttavia, anche se condannato, il corpo dell’ex presidente non sarà mai un oggetto pubblico. E un giusto processo è la sfida per il sistema giuridico egiziano, ancora costruito sul vecchio apparato coercitivo che delega ai mogles el-urfiyya, consigli consuetudinari, la risoluzione di dispute tra cittadini. «Proprio dalla Corte del Cairo partirà la grande manifestazione del 25 gennaio, a un anno dall’inizio della Rivoluzione» - dichiara al manifesto Mohammed Abdel Aziz, attivista di Kifaya!. Prenderanno parte all’anniversario delle rivolte anche attivisti liberali e giovani dei Fratelli musulmani. Se non è ancora stata resa nota una posizione ufficiale del movimento, l’intenzione della Guida supremaMohammed Badie di «voler integrare la piazza nel partito» si rivolge proprio ai giovani islamisti di sinistra della Corrente, Tyar Masri. «Chiederemo all’esercito di lasciare il potere e di non parlare di ‘altra mano’ nell’attivazione delle violenze» - aggiunge Talaat Fahami della Rivoluzione continua. Quest’ultima coalizione ha ottenuto una buona affermazione nel Delta del Nilo, secondo i primi risultati del terzo turno, annunciati oggi. Libertà e giustizia si conferma primo partito anche nel Sinai. I gruppi laici, in particolare i liberali del Wafd, si attestano al terzo posto, dopo i salafiti, con poco meno del 10%. Le tribù del nord del Sinai nella provincia di al-Arish hanno però in parte boicottato il voto oppure appoggiato gli uomini appartenenti alla propria tribù all’interno dei partiti.
Mubarak di aver creato un «sistema corrotto», di spingere il figlio Gamal per la presidenza in un’era segnata da «finte elezioni e dittatura». Il procuratore, tra le urla dei parenti delle vittime, ha mostrato anche video in cui dei poliziotti sparano contro manifestanti indifesi. Soliman ha poi accusato Hussein Salem, imprenditore del gas ed ex ufficiale dell’esercito, di aver ottenuto proprietà pubbliche attraverso gare d’appalto truccate. Il procuratore del Cairo ha infine denunciato che il Ministero degli interni e l’Agenzia per la Sicurezza Nazionale non cooperano nelle indagini. Nel processo sono stati chiamati 2000 testimoni, tra cui ufficiali della polizia che hanno visto usare armi contro i manifestanti. Particolarmente attesa è la testimonianza del generale Sami Enan. Proprio su questo punto, la difesa di Mubarak ha minacciato il ritiro dal processo se Enan e l’ex responsabile dei servizi segreti, Omar Suleiman, non venissero ascoltati. Gli avvocati di Mubarak tentano di prendere tempo e di umanizzare il «diavolo», presentando quotidianamente il presidente malato o mentre scoppia in lacrime, alla vista del corpo trucidato del colonnello Gheddafi. Tuttavia, anche se condannato, il corpo dell’ex presidente non sarà mai un oggetto pubblico. E un giusto processo è la sfida per il sistema giuridico egiziano, ancora costruito sul vecchio apparato coercitivo che delega ai mogles el-urfiyya, consigli consuetudinari, la risoluzione di dispute tra cittadini. «Proprio dalla Corte del Cairo partirà la grande manifestazione del 25 gennaio, a un anno dall’inizio della Rivoluzione» - dichiara al manifesto Mohammed Abdel Aziz, attivista di Kifaya!. Prenderanno parte all’anniversario delle rivolte anche attivisti liberali e giovani dei Fratelli musulmani. Se non è ancora stata resa nota una posizione ufficiale del movimento, l’intenzione della Guida supremaMohammed Badie di «voler integrare la piazza nel partito» si rivolge proprio ai giovani islamisti di sinistra della Corrente, Tyar Masri. «Chiederemo all’esercito di lasciare il potere e di non parlare di ‘altra mano’ nell’attivazione delle violenze» - aggiunge Talaat Fahami della Rivoluzione continua. Quest’ultima coalizione ha ottenuto una buona affermazione nel Delta del Nilo, secondo i primi risultati del terzo turno, annunciati oggi. Libertà e giustizia si conferma primo partito anche nel Sinai. I gruppi laici, in particolare i liberali del Wafd, si attestano al terzo posto, dopo i salafiti, con poco meno del 10%. Le tribù del nord del Sinai nella provincia di al-Arish hanno però in parte boicottato il voto oppure appoggiato gli uomini appartenenti alla propria tribù all’interno dei partiti.
Giuseppe Acconcia
Il Manifesto
INTERNAZIONALE, pagina 9
Venerdì, 6 gennaio 2012
Venerdì, 6 gennaio 2012
venerdì 6 gennaio 2012
A Mahalla votano gli operai
EGITTO · Terza fase delle elezioni parlamentari: affluenza alta nel Delta del Nilo
A Mahalla gli operai votano per gli operai
Votano gli operai di Mahalla al-Kubra e puntano sui lavoratori, candidati tra gli indipendenti. Alle tre aprono i cancelli della fabbrica tessile Gazl Masri, 24000 operai, dopo i massicci licenziamenti del 2001, si precipitano nei seggi. Alta è l'affluenza nel Delta del Nilo, soprattutto di donne. Manifesti elettorali della fratellanza campeggiano nel centro della città, cresciuta intorno alle industrie tessili Gazl Masri nella regione di Gharbya. Mahalla ha un’antica storia di lotte operaie. Il movimento ‘6 aprile’ ha iniziato qui le sue campagne a difesa dei lavoratori nel 2008. «La Rivoluzione non è finita» – racconta al manifesto Wedad, operaia di Gazl Masri. «Siamo entrati di nuovo in sciopero a settembre per le pessime condizioni di lavoro così come andavamo sotto la residenza di Mubarak a Qasr el-Qobba ben prima delle rivolte » - continua l’operaia. Alla crisi economica legata all’instabilità politica si unisce la cronica crisi dell’industria del cotone, oppressa dalla concorrenza cinese. «Voto per Kutla (coalizione di socialisti e liberali) perché l’interesse pubblico non sarà mai assicurato dagli islamisti» - continua Wedad. La risposta alla politica di liberalizzazione economica, avviata da Anwar al Sadat negli anni settanta, iniziò proprio con gli scioperi delle industrie tessili di Helwan e Mahalla. Il punto di non ritorno venne raggiunto con lo sciopero generale del ’77 la cui repressione causò 79 morti. Già Gamal Abdel Nasser aveva saputo disattivare la classe operaia egiziana, integrando i sindacati nel regime, avviando la grande riforma agraria e determinando la nascita di industrie di grandi dimensioni, coesistenti con le piccole imprese precapitalistiche. Mahalla è tornata protagonista delle proteste nel grande sciopero dell‘industria tessile «Sigad» del 1985. Hamdi Hussein, attivista del partito socialista, è stato in prigione decine di volte, l’ultima per aver brandito le foto di Mubarak, impresse su una bara, negli scioperi del 1988. «Sostengo gli operai indipendenti candidati e il parito el-Adl (giustizia)»- dichiara al manifesto Hamdi. ''La Rivoluzione continua (coalizione di sinistra) è praticamente assente nelle nostre liste elettorali, per questo voterò soltanto candidati individuali che sostengono i diritti dei lavoratori, come Hosman Zeina» - aggiunge Gamal Hassanin, responsabile del Sindacato dei lavoratori. Gli attivisti di El-Adl non hanno trovato un accordo con i comunisti per la stesura di liste elettorali comuni. "Siamo i giovani e gli operai che hanno fatto la Rivoluzione nella piazza Shon di Mahalla", aggiunge Abd el Monim, politico di El-Adl. La sinistra egiziana, imbevuta di nazionalismo negli anni di integrazione nel regime di Mubarak, cerca un nuovo impulso dal movimento rivoluzionario. E per ora, l'unico segno viene dalle lotte sindacali. “Il principale risultato delle rivolte è che possiamo difendere meglio i diritti dei lavoratori, anche se i militari operano per disattivare la legge sulle libertà sindacali voluta dal ministro del lavoro, Ahmed al-Borai” – conclude il sindacalista. D’altra parte, il terzo turno delle elezioni parlamentari, presenta la grande incognita delle dinamiche tribali nel Sinai. Nel dopo Mubarak, stato e tribù sono in lotta per il controllo del territorio. Secondo la stampa indipendente, i beduini, armati fino ai denti, spesso di fucili e pistole che arrivano dai tunnel sotterranei della Striscia di Gaza, hanno formato gruppi di autodifesa durante le rivolte, ancora attivi. Per il voto il valico di Rafa è stato chiuso. Se i beduini, essenziali per assicurare la sicurezza dei gasdotti, vengono integrati nella polizia locale, i fratelli musulmani, per attrarre voti, premono per l’introduzione dei costumi tribali (urf) nel diritto amministrativo.
Giuseppe Acconcia
Il Manifesto
INTERNAZIONALE, pagina 8
Mercoledì, 4 gennaio 2012
Mercoledì, 4 gennaio 2012
giovedì 5 gennaio 2012
Udienza processo Mubarak e manifestazione donne
Il Cairo, mercoledì 28 dicembre 2011
mercoledì 4 gennaio 2012
domenica 1 gennaio 2012
Intervista ad Alaa Abd el Fatteh
INTERVISTA · Il blogger-attivista scarcerato dopo 2 mesi
Dalla prigione a Tahrir, torna Alaa Abd el Fatteh
«La rivoluzione egiziana è ancora un movimento pacifico», dichiara al manifesto Alaa Abd el-Fatteh, blogger e attivista egiziano, scarcerato lo scorso lunedì dopo due mesi di prigione: l’esercito lo accusa di essere coinvolto nell’uccisione di manifestanti durante gli scontri alla tv di Stato (Maspero), lo scorso 9 ottobre. «Dagli scontri pre-elettorali, la repressione dell’esercito è diventata sistematica e complessa», aggiunge el-Fatteh: «Molti accusano polizia e ex affiliati al partito di Mubarak di attivare bande di criminali, ma è una spiegazione non sufficente». Il giovane blogger si riferisce ai famigerati baltagi, scesi in campo in date cruciali per le rivolte. Hanata, Galisa di Sayeda Nafisa, Tare Matua di Sayeda Zeinab, Musad Safai, Sarsaa, Taha Harami di Sayeda Eisha: sono alcuni dei picciotti più noti, alcuni di loro in prigione. A corto di mance della polizia, si darebbero ora a spaccio e traffico d’armi.
Alaa fa parte di una famiglia di attivisti, è il marito di Manal, blogger che ha raccontato le rivolte con gli occhi delle donne. Fratello e figlio di attivisti per i diritti, punta il dito contro l’esercito. «I movimenti di resistenza civile che hanno continuato a protestare sono impegnati in semplici azioni di auto-difesa. Da una parte, nei sit-in di Tahrir sono coinvolti ‘ragazzi di strada’, gruppi spontanei di poveri che vorrebbero ottenere qualcosa da questa rivoluzione. Dall’altra, a innescare le violenze sono uomini infiltrati tra i militari, spesso in borghese. Sono gli stessi entrati in azione nei gruppi di autodifesa nati durante le rivolte, e nella manifestazione partita dal quartiere di Agouza lo scorso 29 giugno. Sono questi che il 17 dicembre hanno iniziato a dar fuoco all’Institut d’Egypt dall’alto, ben prima che i manifestanti si difendessero con le bottiglie molotov». Quella volta la battaglia è durata quattro giorni, causando la morte di 16 persone e danni ai palazzi pubblici intorno al Parlamento.
Sebbene non soddisfatto dalla schiacciante vittoria elettorale degli islamisti, el-Fatteh aggiunge: «Il primo risultato della Rivoluzione è un parlamento legittimo, e ciò chiarisce come il governo militare sia illegittimo. Un parlamento eletto dal popolo non può che ascoltare le richieste rivoluzionarie, sentire la pressione per le riforme e rispondere agli scioperi generali in corso e ai prossimi, annunciati per marzo», conclude Alaa, che si considera un attivista indipendente del movimento di sinistra «La Rivoluzione Continua». Secondo lui, scioperi e manifestazioni si intensificano anche nelle province. «Ormai è un movimento di resistenza anche a livello locale. La polizia militare affronta per esempio la resistenza degli operai di Damietta che hanno visto avvelenate le acque usate per l’irrigazione dei campi e sono stati sgombrati dall’occupazione permanente del porto».
Cosa pensa della diffusa opinione che gli attivisti siano distanti dalla gente comune? «Quello che succede in piazza è lontano mille volte dalle realtà dei luoghi di lavoro, scuole e ospedali in cui i principi della democrazia partecipativa stanno prendendo forma», risponde Alaa: «Un esempio è l’elezione dei rappresentanti del sindacato dei medici in seguito all’approvazione della legge che liberalizza le unioni di lavoratori». Il provvedimento voluto dal ministro del lavoro, Ahmed El Borai, ha dato ai lavoratori egiziani il diritto di formare sindacati indipendenti dal governo. «Ma c’è ancora da fare molto. Bisogna azzerare la televisione di stato. E i governatori locali vanno eletti. Nessuno vuole che i militari continuino a governare, neppure i Fratelli musulmani». Alaa critica l’intenzione, annunciata dai vertici dell’esercito, di formare un Consiglio militare permanente che controlli l’operato del parlamento, o approvare norme sovra costituzionali che darebbero ai militari il diritto di veto sulle leggi ordinarie.
Quanto alle accuse di aver partecipato agli scontri settari dello scorso ottobre, Alaa ribatte deciso: «Non ero neppure là durante l’attacco al Maspero, sono arrivato due ore dopo. Le accuse sono costruite ad hoc, con falsi testimoni». Secondo la stampa indipendente egiziana, el-Fatteh sarebbe stato arrestato perché ha rifiutato di rispondere alle domande della corte militare, come era avvenuto alcuni mesi prima con il blogger Essam Hamalawi, immediatamente rilasciato. «Il mio arresto è parte della strategia repressiva dell’esercito», aggiunge Alaa. «Il giorno degli scontri diMaspero, imilitari stavano attaccando una parte debole della società egiziana, i cristiani copti. Il loro scopo è normalizzare l’uso della violenza, e insieme screditare gli attivisti. E’ successo a me, succede a “6 Aprile”, agli attivisti per i diritti umani, ai socialisti, a chi dà alloggio ai manifestanti», conclude Alaa, che appena rilasciato è tornato in piazza Tahrir.
A confermare le sue accuse, resta in carcere il blogger Maikel Nabil, condannato a due anni per aver criticato l’esercito, ora in sciopero della fame. Inoltre, giovedì sono state brutalmente perquisite 17 ong, tra cui l’Istituto Nazionale Democratico e il Centro arabo per l’indipendenza.
INTERNAZIONALE, pagina 9
Sabato, 31 dicembre 2011
http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/in-edicola/manip2n1/20111231/manip2pg/08/manip2pz/315772/
venerdì 23 dicembre 2011
martedì 20 dicembre 2011
Cairo a ferro e fuoco
La battaglia tra militari e rivoluzionari continua. Ai lanci di molotov degli attivisti della prima linea, i giovani militari rispondono con un’intensa sassaiola dai tetti dell’Institut d’Egypte, dato alle fiamme sabato. Laser verdi fluorescenti degli Ultras della squadra di calcio dell’Ahli illuminano i militari che lanciano pietre dai tetti. Alcuni giovani raccolgono spiccioli per fabbricare nuove bottiglie molotov, mentre vengono distribuiti elmetti e mascherine. In via Sheikh Rihan, intorno al Ministero degli Interni, e in piazza Talaat Harb, gruppi di manifestanti chiedono la ‘testa’ del Maresciallo Hussein Tantawi. Mentre il Consiglio militare (SCAF) si chiude dietro nuove mura di difesa. Non bastano i blocchi di cemento che chiudono la via Mohammed Mahmoud, centro degli aspri scontri pre-elettorali. Un alto muro chiude anche via Kasr Al Aini, sede del palazzo del Governo, incendiato lo scorso venerdi’, e via Sheikh Rihan, dove si svolgono gli scontri in queste ore. Per placare gli animi, nella mattina di lunedi’, i parlamentari liberali eletti Amr Hamzawi, Mustafa Al-Naggar e il blogger Wael Ghonim hanno tentato di negoziare una tregua con i manifestanti. Tre attivisti sono stati uccisi negli scontri di domenica notte dalla polizia militare e dalla Sicurezza Centrale nel tentativo di un nuovo sgombero di piazza Tahrir. Gli scontri sono proseguiti anche per l’intera notte di sabato, mentre gli stessi giovani, che avevano partecipato alla sassaiola con l’esercito nei pressi dell’Istituto francese, sono entrati nell’edificio per tentare di mettere in salvo le collezioni napoleoniche di libri e mappe. «Le elezioni sono state una farsa - mi racconta il giornalista Omar Saeed bendato per una ferita da pietra all’occhio - Anche parlamentari sono stati colpiti negli scontri ». E’ il caso del giovane parlamentare Zyad El Aimi eletto con Tamnia o Islah, Sviluppo e Riforma, partito di Mohammed El-Baradei. Da venerdi’ sono stati arrestati 163 attivisti, mentre centinaia sono i feriti lievi che vengono trasportati di continuo a braccia per le vie del centro. Gli attacchi a giornalisti di Masri el Youm, Al Ahram, operatori televisivi egiziani, stranieri e documentaristi sono proseguiti fino ad oggi con particolare intensita’. Ha subito minacce di arresto l’editore di Merit, Mohamed Hashem, per aver dato alloggio a manifestanti feriti. Se il Segretario di Stato Hilary Clinton ha sollevato critiche sull’uso eccessivo della violenza, il Consiglio militare non ha alcuna intenzione di cedere alle minacce dei manifestanti. Il Generale Maggiore Adel Emara, ritenendo necessario l’uso della violenza da parte di soldati, definiti ‘eroi ‘, contro i lanci di molotov degli attivisti, ha denunciato un piano sistematico dei manifestanti di mettere a ferro e fuoco il Parlamento. E cosi’, se le rivolte in Egitto sono state un tentativo del popolo di riappropriarsi degli spazi pubblici, la battaglia di posizione tra rivoluzionari e militari entra ora nel vivo. E’ in gioco il ruolo dell’esercito nel nuovo Egitto. Per i rivoluzionari, bruciare i simboli dello stato equivale a cancellare definitivamente centri del potere che agiscono in continuita’ con il regime di Mubarak. D’altra parte, dopo il quarto giorno di scontri di piazza, e’ passato inosservato l’annuncio del risultato del secondo round delle elezioni parlamentari. Il voto a Giza, Suez, Asswan, Munufeya e altre province conferma la schiacciante vittoria di Liberta’ e Giustizia, principale partito vicino ai Fratelli Musulmani, con il 37% delle preferenze. Il partito salafita El Nour, si attesta tra il 20 e il 25%, confermando l’incredibile risultato del primo round fuori dalla roccaforte di Alessandria. Kotla el Masria, la coalizione che va dai liberali di Naguib Sawiris, ex magnate di Orascom, ai socialisti del Tagammu si conferma il terzo partito. Deludente il risultato di Wasat, partito moderato e liberale, che non avrebbe ottenuto neppure un seggio. Dopo il passo indietro della Fratellanza, che ha spinto perche’ le elezioni si svolgessero regolarmente, cresce la distanza tra politica e piazza. ‘6 aprile’ e Kifaya!, movimenti che avevano continuato, dopo il primo round elettorale, un sit-in pacifico avanti alla Camera, hanno sempre piu’ la forma di gruppi di resistenza extraparlamentare. Mentre l’ala sinistra di Liberta’ e Giustizia, guidata da Abou el-Fotuh, rinunciando alla nascita di un partito riformista, potrebbe essere il principale candidato dei Fratelli Musulmani per le presidenziali.
Giuseppe Acconcia
venerdì 16 dicembre 2011
Nuovi scontri in via Kasr Al Aini
Nuovi scontri nei pressi del Parlamento sono scoppiati questa mattina tra manifestanti e la polizia militare. Gli attivisti di 6 aprile e altri movimenti sin dall'annuncio che le elezioni si sarebbero svolte regolarmente hanno avviato un sit-in in via Moghles Shab. Hanno costruito accampamenti con tende e hanno trascorso notte e giorno interrompendo il traffico lungo le strade laterali a via Kasr al Aini.
Piu' avanti in piazza Tahrir, sopratutto nei pressi del Mogamma, sostano in tende salafiti, poveri dei quartieri periferici della citta' e crimninali, che durante la notte si danno a scontri, attacchi a i passanti e saccheggi.
Gli scontri di questa mattina sarebbero scoppiati a causa di scaramucce con le forze di polizia stanziate per controllare il sit in. Una sassaiola e' andata avanti per tutta la giornata di oggi in via Kasr Al Aini. Le forze della polizia militare hanno colpito i mamifestanti con manganelli, secondo gli attivisti ci sarebbero 99 feriti.
I feriti piu' gravi sono stati curati nella chiesa protestante di Garden City, altri sono stati trasportati in ospedale.
Gli attivisti che hanno boicottato le elezioni e avviato il sit-in hanno piu' volte chiesto le dimissioni del Consiglio Supremo delle Forze Armate e del nuovo primo ministro Ganzouri. Questi giovani si erano espressi per lo spostamento delle elezioni a causa dei 45 morti ufficiali negli scontri della fine di novembre in via Mohammed Mahmoud.
Questa strada e' ancora chiusa al traffico e controllata dall'esercito che ha bloccarto tutte le vie laterale con filo spinato. Un muro di pietre e' stato costruito all'altezza della Biblioteca dell;'Universita' americana. Alcuni negozi vengono usati come passaggio per evitare il blocco dei militari tra via Mohammed Mahmoud e via Falaki.
Il secondo round delle prime elezioni parlamentari del dopo Mubarak si e' chiuso ieri a Giza, Dokki, Beni Suif, Asswan, Suez. Dai primi risultati si conferma una schiacciante vittoria dei Fratelli musulmani, Liberta' e Giustizia, seguiti dai salafiti di Al Nour, la Luce, e dai liberali di Egitto libero. Ultimi Wasat, partito vicino ai Fratelli musulmani e La Rivoluzione Continua, che raccohglie socialisti e giovani rivoluzionari.
Molte accuse di influenze sul voto sono state espresse da attivisti. Secondo queste testimonianze, esponenti dei Fratelli musulmani avrebbero distribuito cibo, olio e carne e esortato gli elettori a votare per Liberta' e Giustizia. I giudici incaricati del rispetto delle regole elttorali non hanno ritenuto necessario intervenire. Solo a Shubra, per gravi irregolarita' le elezioni si ripeteranno di nuovo a partire dal 10 gennaio.
Piu' avanti in piazza Tahrir, sopratutto nei pressi del Mogamma, sostano in tende salafiti, poveri dei quartieri periferici della citta' e crimninali, che durante la notte si danno a scontri, attacchi a i passanti e saccheggi.
Gli scontri di questa mattina sarebbero scoppiati a causa di scaramucce con le forze di polizia stanziate per controllare il sit in. Una sassaiola e' andata avanti per tutta la giornata di oggi in via Kasr Al Aini. Le forze della polizia militare hanno colpito i mamifestanti con manganelli, secondo gli attivisti ci sarebbero 99 feriti.
I feriti piu' gravi sono stati curati nella chiesa protestante di Garden City, altri sono stati trasportati in ospedale.
Gli attivisti che hanno boicottato le elezioni e avviato il sit-in hanno piu' volte chiesto le dimissioni del Consiglio Supremo delle Forze Armate e del nuovo primo ministro Ganzouri. Questi giovani si erano espressi per lo spostamento delle elezioni a causa dei 45 morti ufficiali negli scontri della fine di novembre in via Mohammed Mahmoud.
Questa strada e' ancora chiusa al traffico e controllata dall'esercito che ha bloccarto tutte le vie laterale con filo spinato. Un muro di pietre e' stato costruito all'altezza della Biblioteca dell;'Universita' americana. Alcuni negozi vengono usati come passaggio per evitare il blocco dei militari tra via Mohammed Mahmoud e via Falaki.
Il secondo round delle prime elezioni parlamentari del dopo Mubarak si e' chiuso ieri a Giza, Dokki, Beni Suif, Asswan, Suez. Dai primi risultati si conferma una schiacciante vittoria dei Fratelli musulmani, Liberta' e Giustizia, seguiti dai salafiti di Al Nour, la Luce, e dai liberali di Egitto libero. Ultimi Wasat, partito vicino ai Fratelli musulmani e La Rivoluzione Continua, che raccohglie socialisti e giovani rivoluzionari.
Molte accuse di influenze sul voto sono state espresse da attivisti. Secondo queste testimonianze, esponenti dei Fratelli musulmani avrebbero distribuito cibo, olio e carne e esortato gli elettori a votare per Liberta' e Giustizia. I giudici incaricati del rispetto delle regole elttorali non hanno ritenuto necessario intervenire. Solo a Shubra, per gravi irregolarita' le elezioni si ripeteranno di nuovo a partire dal 10 gennaio.
mercoledì 14 dicembre 2011
giovedì 1 dicembre 2011
Vincono Fratelli musulmani e salafiti
I primi risultati elettorali della prima fase delle elezioni parlamentari sono disponibili. Si tratta di dati parziali perche' un quarto dei voti su base uninominale verra' deciso dal ballottaggio della prossima settimana. Si profila un successo elettorale per i salafiti, che minaccia la stabilita' dei partiti politici riconducibili alla Fratellanza, e chiarisce l'irrilevanza politica delle componenti liberali e socialiste, con alcune eccezioni al Cairo. Il blocco per l'Egitto che comprende liberali e socialisti sarebbe solo la terza forza politica del paese.
Intervista con Mohammed Mursi, portavoce dei Fratelli musulmani.
''La tenuta dei Fratelli Musulmani e' a rischio con le ultime scissioni, che hanno paortato alla nascita del partito Wasat e del movimento riformista di Abdel Fotuh''. Lo dichiara Mohammed Mursi, portavoce del partito dei Fratelli Musulmani 'Liberta' e Giustizia'. Il leader del principale partito emanazione della fratellanza teme le ripercussioni della frammentazione delle correnti interne alla confratenita che hanno portato nelle ultime settimane alla formazione di almeno tre movimenti politici moderati di centro e di ispirazione islamista.
''Liberta' e Giustizia lavora a un programma che rappresenti gli obiettivi della nostra decennale militanza politica - continua Mursi - Se le altre formazioni avranno una base comune alla nostra non e' possibile fondare partiti che sono uno la copia dell'altro. Se invece le posizioni risultassero completamente divergenti, non saremo noi a fare un passo indietro, certi principi non possono essere messi in discussione''.
Mursi fa riferimento alle polemiche nate in seguito alle dichiarazioni di uno dei leader riformisti della fratellanza, Abdel Fotuh, pronunciatosi a favore delle coversioni dall'Islam al Cristianesimo. ''Tutti i cittadini egiziani, compresi donne e copti, partecipano largamente a 'Liberta' e Giustizia', ma rispettano alcuni valori comuni'', conclude Mursi. Il leader dei Fratelli Musulmani commenta la polemica scoppiata in Egitto in merito alla formazione del suo partito, che ha basi religiose. ''Non temiamo un conflitto tra confraternita e partito politico, la prima si occupa di temi generali, il secondo e' invece aperto a tutti i cittadini e si basa su un programma condiviso''.
Rispetto alla possibilita' che affiliati al Partito nazionale democratico dell'ex rais Hosni Mubarak possano formare nuovi partiti o partecipare alle prossime elezioni, Mursi non ha dubbi: ''Tutti i membri del partito di Mubarak sono stati coinvolti in illeciti, dall'ex presidente fino all'ultimo rappresentante nei governatorati. Per questo motivo dovranno essere tutti esclusi dalla competizione elettorale''.
In riferimento alla repressione subita dagli affiliati della confraternita durante il regime di Mubarak, Mursi spiega: ''L'azione della fratellanza e' stata indebolita notevolmente anche nelle associazioni caritatevoli, nelle scuole e negli ospedali dalla politica repressiva del regime di Mubarak. Ma ora non c'e' piu' neppure un membro dei Fratelli Musulmani in prigione, questo e' uno dei piu' grandi risultati della rivoluzione''. Il passo successivo e' quello delle elezioni, con 'Libertà e Giustizia' tra i partiti che, al momento, raccolgono i maggiori consensi. ''E' possibile che non otterremo la maggioranza - precisa però Mursi - e che saremo un blocco tra altri, ma questo deve essere il risultato di una corretta competizione elettorale''.
''Chi affronta la questione delle percentuali di seggi in Parlamento chiedendo un accordo preventivo che imponga a 'Liberta' e Giustizia' un limite massimo, commette un grave errore'', continua il politico, riferendosi ai limiti che le altre forze politche vorrebbero porre al numero di seggi delle formazioni islamiche. Per ora, Mursi continua a pensare alla lotta di piazza e non esclude la partecipazione del suo partito a nuove manifestazioni. ''Un buon lavoro che trasformi 'Liberta' e Giustizia' in un partito di governo - conclude - non e' in contraddizione con la partecipazione alle manifestazioni che verranno organizzate da qui al giorno delle elezioni''.
Intervista con Mohammed Mursi, portavoce dei Fratelli musulmani.
''La tenuta dei Fratelli Musulmani e' a rischio con le ultime scissioni, che hanno paortato alla nascita del partito Wasat e del movimento riformista di Abdel Fotuh''. Lo dichiara Mohammed Mursi, portavoce del partito dei Fratelli Musulmani 'Liberta' e Giustizia'. Il leader del principale partito emanazione della fratellanza teme le ripercussioni della frammentazione delle correnti interne alla confratenita che hanno portato nelle ultime settimane alla formazione di almeno tre movimenti politici moderati di centro e di ispirazione islamista.
''Liberta' e Giustizia lavora a un programma che rappresenti gli obiettivi della nostra decennale militanza politica - continua Mursi - Se le altre formazioni avranno una base comune alla nostra non e' possibile fondare partiti che sono uno la copia dell'altro. Se invece le posizioni risultassero completamente divergenti, non saremo noi a fare un passo indietro, certi principi non possono essere messi in discussione''.
Mursi fa riferimento alle polemiche nate in seguito alle dichiarazioni di uno dei leader riformisti della fratellanza, Abdel Fotuh, pronunciatosi a favore delle coversioni dall'Islam al Cristianesimo. ''Tutti i cittadini egiziani, compresi donne e copti, partecipano largamente a 'Liberta' e Giustizia', ma rispettano alcuni valori comuni'', conclude Mursi. Il leader dei Fratelli Musulmani commenta la polemica scoppiata in Egitto in merito alla formazione del suo partito, che ha basi religiose. ''Non temiamo un conflitto tra confraternita e partito politico, la prima si occupa di temi generali, il secondo e' invece aperto a tutti i cittadini e si basa su un programma condiviso''.
Rispetto alla possibilita' che affiliati al Partito nazionale democratico dell'ex rais Hosni Mubarak possano formare nuovi partiti o partecipare alle prossime elezioni, Mursi non ha dubbi: ''Tutti i membri del partito di Mubarak sono stati coinvolti in illeciti, dall'ex presidente fino all'ultimo rappresentante nei governatorati. Per questo motivo dovranno essere tutti esclusi dalla competizione elettorale''.
In riferimento alla repressione subita dagli affiliati della confraternita durante il regime di Mubarak, Mursi spiega: ''L'azione della fratellanza e' stata indebolita notevolmente anche nelle associazioni caritatevoli, nelle scuole e negli ospedali dalla politica repressiva del regime di Mubarak. Ma ora non c'e' piu' neppure un membro dei Fratelli Musulmani in prigione, questo e' uno dei piu' grandi risultati della rivoluzione''. Il passo successivo e' quello delle elezioni, con 'Libertà e Giustizia' tra i partiti che, al momento, raccolgono i maggiori consensi. ''E' possibile che non otterremo la maggioranza - precisa però Mursi - e che saremo un blocco tra altri, ma questo deve essere il risultato di una corretta competizione elettorale''.
''Chi affronta la questione delle percentuali di seggi in Parlamento chiedendo un accordo preventivo che imponga a 'Liberta' e Giustizia' un limite massimo, commette un grave errore'', continua il politico, riferendosi ai limiti che le altre forze politche vorrebbero porre al numero di seggi delle formazioni islamiche. Per ora, Mursi continua a pensare alla lotta di piazza e non esclude la partecipazione del suo partito a nuove manifestazioni. ''Un buon lavoro che trasformi 'Liberta' e Giustizia' in un partito di governo - conclude - non e' in contraddizione con la partecipazione alle manifestazioni che verranno organizzate da qui al giorno delle elezioni''.
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