giovedì 3 novembre 2011

Lettura critica di Antonio Pecoraro (2)

I RACCONTI DI ACCONCIA
L'universo dei soggetti smarriti

Giuseppe Acconcia, classe 1981, laurea in economia delle Istituzioni internazionali alla Bocconi, esordisce con una scelta di brevi racconti riuniti, con lavori altrui, in una piccola antologia, “Pubblica con noi 2007”, data alle stampe da Fara Editore (www.faraeditore.it, euro 15,00). Con un linguaggio essenziale arriva quasi subito al fondo della sua riflessione che esordisce inevitabilmente da ciò che ha visto e sperimentato. Frammenti di un universo composito dove la globalizzazione ha prodotto una forzata coabitazione di etnie diverse ed il loro drammatico spaesamento. La perdita dello spazio e del tempo tradizionali e perfino dei nessi di relazione rende tutto drammaticamente indecifrabile, soprattutto per i giovani in fuga dai loro paesi di origine verso un Occidente ritenuto provvido, ma capace di ingigantire le loro frustrazioni fino a ridurli a miseri relitti umani. La narrazione, di episodio in episodio, non si compiace e non indugia sulle vite profondamente segnate dall’incontro di civiltà diverse, ma tutto considera con leggero distacco. Una presa di distanza che si traduce in stupita e disarmante domanda sulla bocca di un giovane napoletano, Marcello, che in “Curriculun vitae” ci viene presentato alla spasmodica ricerca di un lavoro in via Medina. Nell’attesa dell’improbabile occupazione, il giovane si deciderà a passare una notte fuori l’ufficio postale per vendere posti nella fila di attesa che avrebbero dovuto fare gli immigrati in cerca del permesso di soggiorno. E per lavorare proprio a Napoli! Alla fine Marcello domanderà ad uno di loro: “Comme? Cca nun ce sta niente e tu cca viene?”. Per conto suo deciderà di arrangiarsi, senza cercare più il lavoro all’agenzia, per rimanere nella sua città e non disperdere la sua identità. Quanto a tutti gli altri, soprattutto immigrati, il lavoro avrebbero continuato a cercarlo e magari a perdersi. Diventando tutti protagonisti di una mitologia contemporanea, ma vicinissima a quella degli antichi greci che se l’erano costruita per esorcizzare ciò che sfuggiva alla loro mente. Oggi come allora, al centro della trasfigurazione mitica continua a rimanere l’uomo. Il solo che nelle condizioni più proibitive è sempre capace di riscattare i propri limiti con un gesto di autentica pietas. Come quello che, in “Broken Bloom: la vita e la morte”, vede protagonista il giovane Fabrice che raccoglie e tiene tra le braccia una ragazza islamica da poco conosciuta, uccisa senza motivo da un ubriaco durante un festival in Bretagna. Nell’umanità che si rimescola e confonde, in un mondo dove tutto sembra perdere la dimensione del senso e dove ormai la tecnologia non ha più freni l’autore confessa la sua fragilità e insieme la sua forza. Scrive, rimpiangendo la libertà degli antichi, che in fondo “Sisifo è minuscolo, bugiardo, ma ancora vivo!”.

Antonio Pecoraro
Il Mattino
Napoli, Cultura, pag.42
domenica, 17 agosto 2008

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