lunedì 21 novembre 2011

Riesplode piazza Tahrir, rete ebrei contro l'occupazione

Riesplode piazza Tahrir

Il Manifesto, 10 Aprile 2011
altGLI SCONTRI DI IERI A PIAZZA TAHRIR/GIUSEPPE ACCONCIA
Egitto
Decine di migliaia di nuovo in strada per chiedere dimissioni e processi per tutti i membri del partito di Mubarak. Ma i soldati stavolta sparano
Ieri mattina piazza Tahrir sembrava un campo di battaglia, col filo spinato e le barricate che bloccavano tutte le vie d'accesso, dal ponte «Qasr el Nil» fino alle arterie principali del centro. Dopo la sassaiola notturna, le strade erano colme di pietre e ciottoli. Giovani montati sui rottami di una camionetta e di un bus dell'esercito dati alle fiamme nella notte. È finita nel sangue la più grande manifestazione del dopo Mubarak. Venerdì allo scoccare delle due, ora d'inizio del coprifuoco notturno, è iniziata un'intensa sparatoria proseguita fino alle cinque del mattino. In tutto 3000 persone, giovani Fratelli musulmani, ragazzi del movimento «6 aprile» e di gruppi di sinistra avevano deciso di rimanere in piazza. «Vogliamo le dimissioni di tutti i membri del partito Watani (Pnd) ancora in carica, compresi i governatori regionali e i rappresentanti delle province» assicura Khaled Telima, dei giovani rivoluzionari. E aggiunge: «Non andremo via finché Mubarak e la sua famiglia non verranno processati».
alt LA PROTESTA PRIMA CHE INTERVENISSE L’ESERCITO/REUTERS
Vari gruppi di attivisti si erano raccolti ai lati della strada, tra le poche tende rimaste ancora in piedi al centro della piazza. Secondo il Ministero della Salute, gli scontri hanno causato 71 feriti. Tra i quindici colpiti da arma da fuoco, ci sarebbero almeno due morti. È ancora presto per stabilire quali siano esattamente le responsabilità dell'esercito in questo attacco. Di sicuro, all'alba di sabato, polizia, polizia militare ed esercito hanno sgomberato la piazza con manganelli e pistole taser, proprio come il 26 febbraio scorso. Allora l'esercito aveva presentato scuse formali ai manifestanti. Ma questa volta le conseguenze dell'attacco sono più gravi. Già i primi scontri si erano registrati la sera di venerdì. Alcuni ufficiali dell'esercito avevano raggiunto i manifestanti. Ma la polizia militare aveva tentato di fermarli. È iniziata così una sassaiola nella quale erano coinvolti anche alcuni pro-Mubarak, tra cui uomini dello staff di Ibrahim Kamal. L'uomo del Watani è stato arrestato ieri mattina con l'accusa di «aver incitato i teppisti» che hanno attaccato i manifestanti.
Giovani dei Fratelli musulmani, formando un cordone, avevano permesso ai militari di unirsi alle proteste. In un post su Facebook le forze armate hanno detto che «continueranno a lavorare per soddisfare le aspirazioni del popolo egiziano». Ma molti attivisti non credono più all'attendismo e alle scuse continue dell'esercito. «Il consiglio militare è parte del regime corrotto. Ci guida chi ha beneficiato dei 30 anni di regime di Mubarak» ha detto Abdullah Ahmed, che ha trascorso la notte in Piazza Tahrir. «Se sei o sette membri del Pnd affrontano un processo civile, non è abbastanza» ha ammesso Mohammed el Qassas, giovane dei Fratelli musulmani. Proprio la confraternita aveva chiamato i militanti venerdì a una manifestazione di massa per un giro di vite all'interno del partito di Mubarak. La risposta dei manifestanti è stata sorprendente.
Centinaia di migliaia di persone in festa avevano raggiunto Tahrir. Caroselli improvvisati inneggiavano alla rivoluzione del 25 gennaio. Musicisti, fumettisti e teatranti si raccoglievano nelle strade laterali. Sin dalla mattina gli elicotteri pattugliavano la zona, come nei giorni delle rivolte. I Fratelli musulmani avevano organizzato un servizio d'ordine in ingresso e in uscita. Nei pressi del Museo egizio erano posti i palchi dei militanti dei piccoli partiti di sinistra, nati dalle ceneri del Tagammu. Ai lati dell'Università americana si erano assembrati i giovani della coalizione dei rivoluzionari e di «6 aprile», appena costituitisi in Ong. All'ingresso del Mogamma (centro amministrativo), erano sistemati in tende centinaia di salafiti, che si raccoglievano in preghiera. Alcuni leder dei Fratelli musulmani venivano portati in trionfo sulle spalle dalla folla, tra loro Safuat Aghazi. La gente sventolava bandiere di Yemen, Libia e Siria. Mentre le forze speciali dell'esercito stazionavano all'ingresso dei palazzi che si affacciano sulla piazza. Un migliaio di manifestanti si era diretto verso l'ambasciata israeliana per protestare contro gli attacchi dell'esercito israeliano a Gaza. Il nuovo ministro degli esteri egiziano, Nabil al Arabi, si era espresso nei giorni scorsi per una revisione del Trattato di pace con Israele, facendo riferimento alla mancata demilitarizzazione del Sinai. Nonostante le richieste di processare membri del partito nazionale vengano invocate ogni giorno, molti esponenti del Watani godono di un ampio seguito nelle province e nelle campagne egiziane. D'altra parte, l'esercito ha incassato l'approvazione della dichiarazione costituzionale e della road map verso le elezioni, apparendo finora così familiare da aver aperto macellerie ambulanti che vendono carne a metà prezzo nei quartieri più disagiati.
Ma l'episodio di ieri chiarisce ancora una volta quanto l'esercito sia diviso al suo interno tra giovani militari, ufficiali e Consiglio delle forze armate. E così il ridimensionamento politico, e la repressione, dei movimenti rivoluzionari da parte dell'esercito serve ad unire i militari, avvicinando l'Egitto agli esempi di Italia e Francia del 1968. Mentre la relazione privilegiata tra Stati uniti, Consiglio delle Forze armate e il controllo dell'esercito sul potere politico sembra ormai avvicinare l'Egitto ad alcuni paesi dell'America latina.

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