venerdì 4 marzo 2011

La protesta non si ferma


Il premier egiziano Ahmed Shafiq si è dimesso. E l’ex ministro dei trasporti, Essam Sharaf, ha ricevuto il mandato di formare un nuovo governo. Dallo scorso lunedì, giovani e attivisti avevano ripreso il controllo di piazza Tahrir, accampandosi con tende. Alla notizia molti hanno iniziato a festeggiare: “è una nostra conquista. Ma non basta”- ha detto Khaled Talima della “coalizione dei rivoluzionari” - La manifestazione del venerdì ci sarà”. Nell’incontro dei movimenti con l’esercito, la coalizione aveva presentato altre richieste: rilascio dei detenuti politici, capi di imputazione per i responsabili delle morti nelle manifestazioni e cambio dei vertici dei quotidiani nazionali. Con Shafiq cade l’ultimo governo nominato da Mubarak. E diventa sempre piú delicata la posizione degli ex ministri, accusati di corruzione. Primo fra tutti, Habib El Adly. E’ fissata per sabato l’udienza dell’ex ministro dell’interno, indagato per l’attentato alla chiesa cristiano-copta di Alessandria.
Ma il clima al Cairo resta teso. “Gli egiziani non si fidano della polizia - sostiene Labib, giornalista di Youm El Saba. E questo perché il ministero degli interni è debole”. Si registrano sparatorie e regolamenti di conti in quartieri popolari come Dar El Salam, Shubra e Sayeda Zeinab. E se i bambini sono tornati a scuola, molti genitori preferiscono tenerli in casa: “non è sicuro spostarsi in città. – dice Eman, madre di quattro bambine. E ho ancora notizie di autobus fermati da malviventi per spaventare i bambini”. L’atmosfera tesa svuota le strade del Cairo dopo mezzanotte, in rispetto del coprifuoco. E sconvolge le abitudini di molti egiziani.
A subire questo vuoto politico sono in particolare i cristiani: un prete copto è stato ucciso ad Assiut e sei monaci del Monastero San Bishoy nel deserto sono rimasti feriti mentre l’esercito abbatteva un muro di cinta, costruito dai religiosi. “In questo caso non è responsabile l’esercito. I monaci non dovevano costruire – assicura padre Kamal della chiesa cattolica San Joseph del Cairo. Non c’è un governo e la gente approfitta per commettere abusi edilizi”. Tutte le chiese del Cairo sono sorvegliate da polizia e esercito. “Nei giorni della rivolta non abbiamo avuto alcun attacco - continua il frate. Non so se le accuse mosse ad El Adly rispondano al vero. Potrebbe averlo fatto per distogliere l’attenzione da questioni politiche. Certo già nel mese di novembre la polizia ha chiesto di mettere ferri di protezione intorno alle chiese”. Risoluto è padre Bishoy della chiesa copto-ortodossa Angelo Gabriele del quartiere di Abdin. “Non ho notizie sicure su cosa sia avvenuto nel deserto. Forse l’esercito ha una direzione islamista”. E sull’attentato di Alessandria: “è possibile che le accuse all’ex ministro siano vere. Con quell’attentato avrebbero dato l’impressione che gli islamisti siano un pericolo per i copti”. Per entrare nella Cattedrale di San Marco del quartiere Abbasseya ci sono controlli con metal detector. “Non è strano che gli attacchi ai cristiani avvengano quando c’è la polizia a proteggere i luoghi di culto? – si chiedono Rania e Mary. Nelle settimane della rivolta nessuno ha toccato le chiese nonostante non ci fosse alcun controllo”. Queste ragazze nutrono seri sospetti contro l’ex ministro dell’interno: “sono dei singoli uomini corrotti ad agire in questa maniera”.
Se questi episodi facciano parte di una strategia della tensione è ancora presto dirlo. Proteste e scioperi continuano. Nonostante le dimissioni di Shafiq, i manifestanti torneranno in piazza anche domani per celebrare la caduta del governo. La strada verso le elezioni è ancora piena di insidie.

Giuseppe Acconcia

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