mercoledì 23 marzo 2011

Il risveglio di Teheran

In Iran si riaccende la protesta del “movimento verde”, nato nel 2009 dopo la contestata rielezione di Ahmadinejad. Giovani, attivisti, ingegneri e docenti universitari, vicini ai riformisti di Moussavi e Karroubi sono scesi in piazza nella giornata di ieri lungo Viale della Rivoluzione, Piazza Valy Asr e Piazza Azadi. Soprattutto quest’ultima è stata scelta come luogo simbolo della protesta (Azadi in farsi significa “libertà” e rimanda all’emblema della rivoluzione egiziana, piazza Tahrir: “liberazione” in arabo). La gente è scioccata dall’aggressività di alcuni tra i giovani manifestanti. Un ragazzo è salito sopra una gru vestito di verde e ha minacciato di lanciarsi sulla folla. Agli slogan contro la Guida suprema, come Morte al dittatore! e Morte a Khamenei!, che sono stati gridati a partire dalle manifestazioni del giorno del Quds (Gerusalemme), ieri i manifestanti hanno gridato: “Mubarak, Benali, questo è il turno di Seyed Ali!”
Queste manifestazioni non sono la conseguenza delle protesta che toccano il Nord Africa. Al contrario i movimenti tunisino, egiziano e i loro leader sono stati ispirati dai riformisti iraniani e dalle loro aspirazioni ad una completa democratizzazione del Paese. Karroubi, riformista moderato, candidato alle elezioni del 2009, è stato arrestato nei giorni scorsi proprio perchè aveva chiamato il movimento ad unirsi in segno di vicinanza con gli egiziani. D’altra parte, Khamenei e Ahmadinejad avevano inneggiato alla “sacra rivoluzione egiziana” sperando in una riedizione della rivoluzione islamica, senza però considerare le aspirazioni autenticamente democratiche dei movimenti nordafricani.
In Iran, facebook è bloccato dal 2009, ma la gente comune usa software per superare l’oscuramento. E così gli attivisti hanno usato i metodi tradizionali di organizzaizione quali volantini e le urla dai tetti per aggirare i controlli capillari dei basiji, i paramilitari. Ieri sera, donne e uomini urlavano dalla cima delle loro case “Allah ‘o akbar” (Dio è grande!), riprendendo slogan rivoluzionari. Anche i siti twitter, balatarin, radiofarda, con sede a Praga, hanno molto seguito tra i manifestanti. Gli assembramenti istantanei sono tra le tecniche di disobbedienza civile suggerite sin dal 2009 da Mohsen Sazgara, giornalista e analista, che lancia video di dieci minuti ogni giorno su youtube. Sazgara, tra i fondatori delle forze armate iraniane, era una delle figure di primo piano dell’establishment rivoluzionario, prima di essere arrestato con l’accusa di coinvolgimento nei gruppi di opposizione. Era stato lui a suggerire di portare un vestito o un oggetto verde. E così molti giovani hanno iniziato a chiamare le manifestazioni la “Rivoluzione verde”. Non solo, è venuto da lui il suggerimento ai manifestanti di difendersi dalle bastonate della polizia morale, attaccando l’ultima motocicletta del corteo di basiji, i gruppi paramilitari. Altre voci che hanno motivato i manifestanti sono venute dal rap di Sarsim Mohancan, che ha appoggiato Karroubi nelle sue canzoni, e di Shahin Najafi, che da Berlino incita con dure parole i giovani al boicottaggio del regime. Per questi motivi le autorità iraniane hanno più volte attaccato i media internazionali perchè hanno fomentato quello che definiscono un “colpo di stato di velluto”.
La misura della forza dell’opposizione riformista è definita dalla durezza dell’azione repressiva delle autorità religiose. Le due ong di Khatami (Boran e Dialogo tra le civiltà) sono chiuse dal 2009. E proprio contro l’ex presidente, accusato di essere sostenuto dall’estero in vari processi in corso, si concentrano gli interventi più feroci delle autorità religiose. L’ufficio politico dei riformisti risulta irragiungibile. Sono in carcere Alireza Beheshti, collaboratore di Moussavi e Morteza Alviri, ex sindaco di Teheran e alleato del candidato riformista. Sono decine i membri del maggior partito riformista, Mosharekat, in prigione. Inoltre, nella città di Qom, risultano agli arresti i figli degli ayatollah Montazeri e Tabrizi.
“La grande differenza – dice Babak, attivista dell’Università di Teheran – è che nelle manifestazioni postelettorali fino ad oggi non c’era solo giovani e studenti. La classe media e parte della borghesia urbana – continua –  partecipano stabilmente alle proteste”. “E Khamenei ha perso credibilità – aggiunge – sostenendo sempre e comunque Ahmadinejad. Questo non era mai successo”.
In verità, sono le voci della violenta repressione del regime, i video che circolano su internet delle manifestazioni più cruente, le accuse di violenza in carcere, che hanno riportato l’atmosfera della Rivoluzione. Si incontrano per strada donne con hejab succinti, mentre negli anni di presidenza Ahmadinejad si sono susseguiti gli arresti per questioni di abbigliamento. Sono proprio le donne tra le principali protagoniste di queste manifestazioni. Non solo, i teatri di Teheran sono stracolmi di spettatori. Si moltiplicano gli spettacoli con significato politico. “Sembra di essere tornati negli anni di presidenza Khatami – ammette Nilufar, attrice”. Nel parco Iran Shahr, il monologo di Banestii Badii, rappresenta una bambina costretta a nascondersi sotto un tavolo coperto da un velo perchè le è stato proibito di partecipare ad una festa. Quando esce fuori immagina di aver ucciso tutti gli invitati. Nel teatro della Città, la regista Kataioun Feis Morandi rappresenta in “Punto di svolta”, la vita di una famiglia cristiano-armena negli anni della guerra Iran-Iraq. E poi, non mancano gli attacchi delle autorità alla stampa riformista. Il quotidiano tradizionalmento riformista Sharqh ha assunto posizioni conservatrici. I due quotidiani che tentavano di descrivere cosa stesse avvenendo nel Paese, Etemad e Etemad Melli, risultano chiusi e i loro siti inaccessibili. I giornalisti delle due redazioni denunciano censure e minacce. Pubblicano spesso articoli in bianco o con gli spazi vuoti delle parole censurate. “Non abbiamo mai potuto pubblicare le prove delle violenze contro gli arrestati, forniteci da Karroubi – dice Hamid, della redazione di Etemad”. La costante repressione dell’opposizione ha reso ancor più feroce la reazione dell’opposizione politica e dei movimenti, mentre si moltiplicano le forme originali ed efficaci di protesta degli anni del Riformismo.

Giuseppe Acconcia
La Sicilia
20/02/2011

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