lunedì 13 giugno 2011

L'istinto teatrale di Napoli

L’istinto teatrale di Napoli


Dopo un’intensa quattro giorni di teatro, installazioni, laboratori, giovani compagnie e incantatori di serpenti si è concluso il prologo alla prima edizione del Festival del Teatro che si terrà a Napoli nel prossimo giugno. I tendoni allestiti nel porto, due gigantesche navi-ostello e i teatri della città hanno rievocato l’antico spirito farsesco partenopeo. Napoli ha un istinto teatrale: dai vicoli dei quartieri spagnoli dei dipinti di Caravaggio alle maschere della Commedia dell’Arte, dai drammi eduardiani ai più importanti registi italiani contemporanei quali Mario Martone, Pippo Delbono ed Antonio Latella che hanno lavorato per e con la città.
“Napoli è una città ferita il cui corpo sta male- dice Mario Martone intervenendo al festival -. Ci si attrezza alla perdita della speranza nella rete linguistica e di connessioni in cui si tengono i napoletani per non morire”. Martone ha iniziato il suo lavoro di regista teatrale a Napoli nel 1976 creando il gruppo Falso Movimento con gli esperimenti metropolitani di “Dallas 1983”, “Rosso Texaco” e “Tango glaciale”. Da questa esperienza è nata, dieci anni dopo, la compagnia Teatri Uniti che ha reso celebre Martone con film e documentari quali “Morte di un matematico napoletano”, “L’amore molesto” e “Caravaggio, ultimo atto” che hanno tutti Napoli come costante protagonista. Per questo prologo del Festival del Teatro Mario Martone ha curato “Falstaff. Un laboratorio napoletano” coinvolgendo in qualità di attori alcuni ragazzi detenuti sull’isola di Nisida. Falstaff, il brillante Renato Carpentieri, metà italiano e metà napoletano, è un perfetto compendio delle virtù e dei vizi della città. Dicendosi “vigliacco per istinto”, Falstaff sopravvive attraverso le menzogne trasformando l’istinto in dovere.
“Il successo dei festival europei come quello di Avignone - sostiene Pippo Delbono intervenendo al prologo - è possibile grazie ad un decentramento culturale che porta centinaia di persone a teatro anche nei piccoli villaggi francesi. I festival non si inventano né si impongono dall’alto. In Italia, infatti, si è arrestato il fiorire di compagnie teatrali degli anni passati.” Pippo Delbono ha iniziato a recitare proprio a Napoli alla fine degli anni ‘70. Deviando da un futuro da cadetto di Pozzuoli, Delbono ha lavorato come attore con le compagnie del Teatro Nuovo. Qualche anno dopo nel manicomio di Aversa, durante un laboratorio teatrale, Delbono ha conosciuto Bobò, un paziente più vivo dei “noiosi attori”, che da “Barboni” in poi è il protagonista dei suoi spettacoli. Ma non solo, la città è al centro di “Grido”, suo ultimo lungometraggio. Interamente girato a Napoli, ripercorre senza sceneggiatura e con slanci poetici i luoghi della sua vita nel tempo della città.
L’istinto teatrale di Napoli vive nella delusione di una realtà decadente a cui corrisponde una vivacità culturale che ha permesso l’assegnazione con merito del progetto per il festival del teatro con la necessità di trasformare lentamente il dovere dell’istinto nel sapere dell’istinto.

Giuseppe Acconcia
Lab, 2007

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