domenica 15 maggio 2011

Non inciampare nei giornali

Sono un mucchio
lì accatastati
tra riviste e giornali.

Sono centinaia di migliaia
formano grattacieli altissimi
raccontano, come si dice, notizie.

Sono carta coperta di inchiostro
distribuita nei piccoli
chioschi aperti all’alba.

Sono pieni di discorsi di nominati giornalisti
i più brillanti, i migliori dei migliori
accozzaglie di parole imprecise.

Sono comunicatori come altri
ma veramente artefatti,
per lo più capaci di parlare
di ogni argomento
senza alcuna conoscenza.

Un’intervista campata in aria,
un fatto nuovo,
un collegamento magistrale
entra in scena il comunicatore
per distorcere quella piccola storia.

Chi come me voleva raccontare,
era affascinato dalle notizie,
metodo infallibile per entusiasmarsi
a qualsiasi cosa,
ma adesso non può far finta di niente.

Non è stato difficile,
è bastato guardare le facce dei chiamati giornalisti,
nessuna serenità, nessuna verità,
ingabbiati loro stessi in cumuli
di parole inutili ed inventate,
ripetute all’infinito, intuizioni errate,
racconti distorti, fatti senza fondamenti
che acquistano ogni giorno potere essenziale.

Guardateli i contabili della scrittura
affaticarsi nei resoconti, nei prospetti, negli schemi,
negli stati patrimoniali,
nelle strutture linguistiche efficaci di comunicazione.

Non farti incantare dall’aria oscura,
dalle cartine ingiallite, dal volto del guru indonesiano
della libreria Odradek, dai vecchi mobili di una cantina, da redazioni postpseudocomuniste,
neppure quelle sono eccezioni,
è la velocità che rovina, la tecnica che ha colpito definitivamente,
senza alcun segnale di ripresa possibile.

Non pensare che gli esteri siano meglio,
se distingui l’uniformità del discorso politico bipolare del tuo paese[1],
allontanandoti da questioni politiche
tendenti monotonamente verso un infinito limite destro,
perché dovresti descrivere altri paesi
solo parlando dei loro altrettanto oligarchici affari politici?
Non pensare che i critici siano meglio,
se hai ben chiaro il vuoto della lettura
tra le righe o tra le immagini
senza vedere le righe e le immagini,
come puoi occuparti di raccontare trame o giudicare?
Non pensare che le cronache locali siano migliori,
gli affannati cronisti del mercato bovario
o dei funerali assassini che
facce toste devono avere per fare domande?

Non voglio denigrarvi,
ma non è necessario sapere le cose che raccontate,
anzi, quasi sempre, le poche verità necessarie sono altrove,
non serve recarsi a quel chiosco
né accendere lo schermo,
consiglio di mille professori.

Non perdiamo altre forze,
per favore, scavalchiamo quei mucchi di giornali.



[1] I conflitti tra i piccoli interessi dell’oligarchia e le grandi necessità delle masse non trovano una risposta positiva in questo sistema democratico. Per questo, i partiti post-comunisti sono delle caricature sia all’opposizione che al governo. In entrambi i casi non influenzano minimamente le scelte politiche dei partiti socialisti o detti di sinistra che incoraggiano il sistema capitalistico sovrapponendosi ai conservatori per strappare loro il governo. Questo rende necessario criticare gli effetti delle libertà borghesi sull’uomo ed un’analisi più libera sui metodi autoritari usati altrove per affermare le necessità della maggioranza.

Tratto da ''1,2,3, liberi tutti!'', 2007
Giuseppe Acconcia

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