mercoledì 15 febbraio 2012

Napoli, l'involontaria città del teatro


Tra il Real Albergo dei Poveri di Piazza Carlo III, la Sala del Lazzaretto in Via dei Tribunali, la Darsena nei pressi del porto e i teatri della città, prosegue a Napoli il Festival del teatro. Il dubbio che il vero spettacolo sia nei discorsi della gente colpisce chi cammina per le strade di questa città. Ognuno qui è costretto a tirar fuori la propria personalità, ma contemporaneamente ad esserne schiacciato. E’ così che Anna Maria Ortese, ne “Il mare non bagna Napoli”, descriveva l’accettazione di una realtà di morte da parte dei cittadini napoletani, privi di ogni minima volontà di riscatto. Roberto Andò, noto regista siciliano, ripercorrendo lo stile documentaristico della Ortese, ha tentato di vedere il riflesso della città della “monnezza” nella Napoli del dopo guerra. “Proprio come se nulla fosse avvenuto”, messo in scena sulla banchina della Darsena Acton con Anna Bonaiuto, Maria Nazionale, Vincenzo Pirotta e la partecipazione di quasi cento attori, ridefinisce gli spazi della città attraverso i frammentari comportamenti di personaggi di vari quartieri ed estrazioni, uniti soltanto dall’instabile adesione ai propri ruoli sociali. “Piu’ che oggetti, io installerò persone chiuse nelle loro stanze per una città ridotta a paesaggio.- dice Roberto Andò – Il paesaggio della città rinvia, da una parte, all’irredimibile stato del sud, dall’altra, segnala una difficoltà del teatro a narrare il crimine che abita Napoli”. L’emigrazione degli anni ’40 viene accompagnata dal pubblico in una lunga processione guidata da una piccola banda e da giaculatorie siciliane che uniscono il destino di Napoli alla sofferenza della Sicilia.

Ne “Cosa deve fare Napoli per rimanere in equilibrio sopra un uovo” di scena nella Sala del Lazzaretto in Via dei Tribunali per la regia del colombiano Enrique Vargas, gli spettatori vengono accompagnati tra i vicoli della città, i volti, le musiche, per una esperienza visiva, tattile e olfattiva. Il buio determina uno spaesamento colmato da richiami precisi alla quotidianità. La compagnia de Los Sentidos ha vissuto per alcuni mesi a Napoli, svolgendo vari laboratori. “Si potrebbe dire che le città hanno un carattere, una personalità, che permette loro di essere coprotagoniste della nostra stessa vita - sostiene Enrique Vargas -. Ci sono momenti e spazi della nostra vita in cui percepiamo che la città ci paralizza, non sostiene la nostra motivazione, non ci stimola. Ci sono dei momenti in cui sentiamo che la città incoraggia la nostra relazione con il mondo, con gli altri, con noi stessi”. “Una delle cose che ci ha piu’ impressionato di Napoli – continua Vargas - è stato scoprire come la città abbia convertito il poeta Virgilio nel suo mago. Il mito del Castel dell’Ovo racconta che il Castello si sostiene su un uovo che Virgilio collocò nelle sue fondamenta. Se l’uovo si rompe non solo il Castello crolla, ma con esso tutta la città”.
Con “Don Giovanni o sia Il convitato di pietra” di Giovanni Bertati, andato in scena al  Teatro Instabile, in uno spazio piccolo ma incantevole e con “Viaggio, naufragio e nozze di Ferdinando principe di Napoli” di Carlo Presotto, andato in scena nell’immenso edificio del Real Albergo dei Poveri, riaperto al pubblico proprio in occasione del Festival del Teatro sono tornate protagoniste le guarattelle e l’arte dei burattinai. Nel primo caso, uno spettacolo di sole donne ha riproposto la vicenda di Don Giovanni, avvicinando i pupi al canto d’opera, nel secondo, la storia di Ferdinando, naufragato di ritorno dalla Tunisia, ha fatto rivivere la magia degli spettacoli di marionette itineranti.
Tuttavia, nonostante il merito di aver aperto bellissimi luoghi della città, sono finora mancati al Festival del teatro di Napoli i principali registi italiani legati per motivi diversi a questa città quali: Martone, Latella e Del Bono. Non solo, è mancato un coinvolgimento dal basso delle mille realtà teatrali che nascono in ogni quartiere e che spesso sono ispirate dai temi dell’esclusione sociale e della legalità. Nei pressi dell’Auditorium della Rai, ho incontrato Giovanni Meola, impegnato nei suoi progetti di teatro e legalità nelle scuole della periferia di Napoli, dopo la messa in scena dei suoi ultimi lavori “L’infame” e “Il sulfamidico”. “Il mio percorso  nasce dal fatto di essere all'interno di un mondo che propone ogni giorno mille storie violente, tenere o paradossali, storie che riguardano tutti per il fatto stesso di vivere qui – dice Giovanni Meola -. Ad un certo punto è come se sentissi che una data storia volesse essere raccontata, così come certi personaggi esemplari. E io non faccio altro che cercare di tradurre in dato teatrale l’insieme di storie e personaggi che si formano attraverso l’osservazione del microcosmo che mi circonda. Partendo da fatti di cronaca ricostruisco la realtà teatrale”.

Giuseppe Acconcia
La Sicilia
domenica, 15 giugno 2008

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