mercoledì 27 febbraio 2013

Morsi firma la Carta, i sì prevalgono del 64%


MEDIO ORIENTE
Fine anno • Sulla pelle dei Territori occupati si giocano le elezioni israeliane a colpi di colonie. In Siria quotidiane stragi, vere e di propaganda. In Egitto, dopo la Costituzione, cambia anche il governo?

Egitto/ ELEZIONI PARLAMENTARI ENTRO 60 GIORNI
Morsi firma la Carta, i sì prevalgono del 64%
Affluenza al 32%. Voci di rimpasto di governo. I giudici sono stati i veri oppositori


Giuseppe Acconcia
Morsi ha firmato la nuova Costituzione. In un discorso televisivo ha individuato in riforme economiche e incentivi agli investitori le priorità del suo mandato. Non solo, tra gli islamisti si fanno insistenti le voci di un possibile rimpasto di governo dopo le defezioni del vice presidente Mahmoud Mekki e dei consiglieri di Morsi. In questo senso circolano le voci di un possibile avvicendamento tra il primo ministro, Hesham Qandil, e l’ideologo dei Fratelli musulmani, Khairat al-Shater. Ieri la Camera alta (Shura) ha acquisito pieni poteri legislativi fino alle nuove elezioni parlamentari che dovranno tenersi entro 60 giorni. Contemporaneamente è stata approvata una legge che impedisce a chi lascia il paese di portare con sé oltre 7,5 mila euro, in seguito alla fuga di capitali all’estero delle ultime settimane.
Tuttavia, il risultato del referendum è ancora contestato dalle opposizioni. Dal suo esilio dorato negli Emirati, l’ultimo primo ministro di Mubarak, Ahmed Shafiq, ha definito l’intero procedimento elettorale come «falso». I punti più controversi di questo voto riguardano la bassa affluenza alle urne e il risicato scarto tra sostenitori e oppositori della Costituzione. Nonostante il ruolo essenziale della Carta fondamentale non era previsto un quorum. Tuttavia un’affluenza ferma al 32% va contro le peggiori aspettative. Si tratta della percentuale di votanti più bassa nelle ultime cinque tornate elettorali. Si è tornati in qualche modo alla bassa partecipazione del dicembre 2010 in occasione delle ultime elezioni parlamentari dell’era Mubarak. I «sì» hanno prevalso con il 64%, si tratta di una buona affermazione ma di sicuro meno significativa del plebiscito ottenuto dagli islamisti alle recenti elezioni presidenziali e ancora di più alle parlamentari di un anno fa. Il dato definitivo dimostra ancora un volta che i sostenitori della Fratellanza si concentrano nelle campagne e nelle aree più povere del paese, nella classe media e tra i poveri. Hanno bocciato la Costituzione invece le classi medie urbane e la piccola borghesia.
I principali nodi di questo testo riguardano prima di tutto l’ambigua estensione dell’applicazione della legge islamica. Queste regole potrebbero direttamente colpire i diritti di minoranze religiose non riconosciute, donne e bambini. Il testo Costituzionale non fa un passo avanti nei diritti sociali. Non si fa un riferimento chiaro ad un sistema di welfare diffuso né alla costruzione di un meccanismo pensionistico e scolastico equo. Il testo non limita i poteri dei militari che possono continuare a processare i civili senza controllo, non conferma gli impegni nei trattati internazionali, imbavaglia tutti i cittadini e la stampa con principi vaghi di moralità e rispetto della famiglia.
Ci sono anche delle luci. Prima di tutto il bando agli esponenti del Partito nazionale democratico di Hosni Mubarak da ogni incarico politico. In secondo luogo, il via libera ad elezioni regionali e locali che finalmente applichino i principi di sussidiarietà amministrativa e non impongano a livello locale le élite scelte al Cairo dal governo o dai militari. Sarà da valutare invece se, i previsti bilanciamenti al potere presidenziale e il rinnovato ruolo per il governo funzionino realmente nel nuovo rapporto tra potere legislativo ed esecutivo. Di certo il decreto del 22 novembre scorso, poi ritirato, che ampliava i poteri presidenziali non fa ben sperare in questo senso.
Lo scontro nelle settimane del voto ha reso evidente la frammentazione dell’opposizione egiziana. E neppure la decisione di boicottare il tentativo di dialogo nazionale con il presidente ha ottenuto una risposta unanime. L’opposizione è composta di tante anime, dai cristiani alle donne, dai lavoratori ai giovani rivoluzionari. Una dura critica all’operato del governo islamista è venuto anche dagli uomini di Mubarak che avevano votato per Ahmed Shafiq. Per questo tra approvare, come volevano i Fratelli musulmani, o bocciare la Costituzione, come voleva il vecchio regime, molti egiziani hanno ancora una volta scelto di boicottare. La vera opposizione è stata fatta dai giudici. Nella notte di domenica, Ahmed el-Zind, presidente del club dei giudici, è stato aggredito da ignoti. Con il boicottaggio del voto, i giudici egiziani hanno dimostrato che in nessun caso accetteranno un’applicazione estesa della legge islamica nel diritto ordinario. Questo però ha permesso ai giudici vicini ai Fratelli musulmani di supervisionare le operazioni di voto e di rendere in questo modo meno trasparente l’intera procedura elettorale.
Questa nuova Costituzione è una grande vittoria per gli islamisti. Ma non è un passo in avanti per tutti gli egiziani, non solo potrebbe innescare nuove tensioni e instabilità politica, mettendo in discussione la tenuta delle istituzioni pubbliche. 

Il Manifesto
Medio oriente, pag. 7
giovedì 27 dicembre 2012





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