giovedì 28 marzo 2013

Le Nazioni unite ritirano il «personale non essenziale»



INTERNAZIONALE
Siria/HILLARY CLINTON: «NO ARMI CHIMICHE»

Le Nazioni unite ritirano il «personale non essenziale»Duro monito degli Usa. Putin insiste dal summit Russia-Turchia a Istanbul: «Favorire il dialogo Assad-insorti»


Giuseppe Acconcia
Le Nazioni Unite lasciano la Siria e si avvicina la resa dei conti per il regime di Bashar al Assad. «È necessario trovare un equilibrio tra il lavoro del personale Onu per il popolo siriano e la loro stessa sicurezza». Sono le parole con cui il portavoce delle Nazioni Unite, Martin Nesirky, ha spiegato la decisione con effetto immediato di ritirare tutto il personale non essenziale dal paese, annunciata dall'Ufficio per gli affari umanitari (Ocha) di Ginevra. Le Nazioni Unite hanno deciso anche di vietare i viaggi fuori dalla capitale Damasco al personale restante. «La situazione della sicurezza è diventata estremamente difficile, anche a Damasco - ha chiarito Raghouane Nouicer, coordinatore regionale per gli aiuti umanitari dell’Onu. «Finchè la sicurezza degli operatori umanitari non è garantita, le agenzie Onu rivedono le dimensioni della loro presenza nel paese e il modo in cui distribuiscono gli aiuti umanitari», ha aggiunto il dirigente.
La crisi siriana è entrata in una fase molto delicata. In una nota ufficiale, diffusa ieri, il governo siriano ha assicurato che non farà ricorso ad armi chimiche. «La Siria difende il suo popolo e assieme al suo popolo lotta contro il terrorismo legato ad al Qaeda, sostenuto da paesi noti, primi tra i quali gli Stati Uniti», prosegue il testo. Tuttavia, dopo la notizia diffusa nei giorni scorsi di uno spostamento di armi chimiche all’interno del paese, sono arrivate le parole di avvertimento e condanna di Hillary Clinton. «Si tratta di una linea rossa, ancora una volta abbiamo avvertito Assad, il suo comportamento è da condannare, le sue azioni contro il popolo siriano sono tragiche», ha denunciato Clinton. Queste dichiarazioni sono state ribadite anche da Jay Carney, portavoce della Casa Bianca. Nel fine settimana lo spostamento di armi chimiche siriane ha portato a una serie di comunicazioni di emergenza in Europa e negli Stati uniti, nonché al monitoraggio delle Alture del Golan da parte dell’aviazione israeliana. Gran Bretagna, Francia e Stati uniti hanno valutato possibili piani da mettere in atto nel caso in cui fosse necessario neutralizzare un attacco con armi chimiche. Già nell’agosto scorso, il presidente degli Stati uniti Barack Obama aveva detto che una minaccia dell'uso di armi chimiche da parte di Assad avrebbe rappresentato «una linea rossa» che avrebbe potuto aprire la porta a un intervento americano. «Questo potrebbe cambiare i miei calcoli», aveva aggiunto Obama.
D’altronde, a lasciare ieri la Siria, c’è stato anche il portavoce del ministero degli esteri, Jihad Makdissi. Il politico si èŠimbarcato a Beirut su un volo per Londra. Pochi minuti prima, la televisione del movimento sciita libanese Hezbollah, al-Manar, aveva annunciato in fretta e furia le dimissioni di al-Maqdisi. Nel frattempo, si teneva ieri un vertice sulla crisi siriana tra Russia e Turchia a Istanbul. Durante il vertice, il presidente russo, Vladimir Putin ha ribadito l’intenzione di favorire il dialogo tra Bashar al-Assad e gli insorti, mentre Ankara ha confermato il suo appoggio ai ribelli sunniti. Le forze armate di Ankara hanno fatto decollare aerei militari dopo che il regime siriano aveva bombardato postazioni dei ribelli a Ras al-Ain, città sul confine con la Turchia.
Come se non bastasse, gli scontri tra insorti e esercito regolare sono proseguiti per tutta la giornata di ieri in Siria. Secondo i ribelli, sono almeno 90, tra cui otto bambini e sette donne, le persone rimaste uccise ieri. Vittime ci sono state nei dintorni di Aleppo, a Damasco, Homs, Hasake, Idlib e, nel sud, tra Daraa, Dayr az Zor, nonché a Hama e Latakia.

Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
martedì 4 dicembre 2012

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