mercoledì 23 maggio 2012

La recensione su Il Mattino



Il saggio

Cronache da una rivoluzione inconclusa

Accade ben di rado che un saggio di carattere socio-politico, e per di più relativo ad un fenomeno ancora in piena evoluzione come quello della caduta di Mubarak, narri con accenti letterari gli accadimenti dei quali indaga le ragioni profonde, le dinamiche in atto e le prospettive a breve e lungo termine. Eppure “La Primavera egiziana e le Rivoluzioni in Medio Oriente” (Infinito Edizioni, euro 13) di Giuseppe Acconcia ha proprio il pregio di un lungo racconto che prende le mosse da Damasco nel 2009 su un vecchio treno tedesco ad otto vagoni che raggiunge il Kurdistan turco per passare in Iran attraverso una frontiera che lo separa dal mondo intero. Acconcia rivede finalmente il paese che ama, «la terra metafisica dei filosofi, il sogno di Ali Shariati, uno degli ideologi della Rivoluzione islamica, è la realtà di queste strade», scrive Acconcia che poco prima, attraversando i villaggi attorno a Tabriz, ne ha lodato «la bellezza più intensa della loro povertà». Vi giunge in un momento particolare, proprio quando cominciano le proteste contro la rielezione-farsa di Ahmadinejad. In quei giorni di spasimo tornavano a casa i manifestanti rimasti feriti nel corso delle proteste. Per Acconcia la tappa a Teheran sarà illuminante perché, una volta in Egitto, si renderà conto che tutte le tecniche di guerriglia usate dai giovani iraniani vengono riprese dai loro coetanei egiziani nel 2011. Il racconto dei giorni di Piazza Tahrir è la parte più interessante del libro perché fa la cronaca dei diciotto giorni della rivolta minuto per minuto, stando al fianco dei manifestanti dal 25 gennaio, quando cominciano le manifestazioni e gli scontri con la polizia, fin all’11 febbraio, quando Mubarak si dimette. Sono i giorni in cui muoiono circa 850 persone, uccise dalle forze di sicurezza, sono i momenti drammatici in cui gli egiziani, per difendersi, organizzano dei gruppi di resistenza attorno alle loro case perché ex detenuti messi in libertà dalla polizia scorazzano indisturbati per ogni dove. Con la caduta del rais emerge il tratto distintivo della rivoluzione, e cioè l’accordo tra esercito e Fratelli Musulmani, lo stesso che oggi ne mette a rischio i risultati, tanto che viene visto dai più come un tentativo di bloccarla. A questo punto il racconto prosegue con le vicende degli ultimi due mesi dell’anno scorso, quando i manifestanti hanno ormai capito di essere stati scippati della loro Rivoluzione e che i primi ad avvantaggiarsene sono stati proprio i Fratelli Musulmani che con le elezioni hanno visto crescere il consistente potere che già avevano nel paese, dove da sempre si sostituiscono allo Stato nella gestione dei servizi sociali. Acconcia perciò mette in evidenza l’estrema pericolosità degli estremisti salafiti, e lo fa dando voce non solo alle persone della strada che hanno partecipato alle manifestazioni, ma anche alle avanguardie degli attivisti. Ha raccolto, infatti, il pensiero di Hossam Hamalawi, che è il blogger più importante d’Egitto, di Alaa Abd el-Fatteh, da poco scarcerato per essersi opposto all’esercito, di Zyad el-Aimi, uno degli attivisti più ostili al passato regime che ora è parlamentare, e finanche ha dato voce all’ottuagenario poeta in vernacolo Ahmad Foad Nigm che ha partecipato alla rivoluzione del 1952. Lentamente l’autore è diventato parte della società egiziana, presentandone la primavera rivoluzionaria su vari organi di informazione, tra cui Radio 2-Carterpillar, Radio 3 e Rai News 24. Ancora è difficile capire lo sbocco finale dei fatti narrati, ma potrebbe darsi che, ancora una volta, sia l’Iran a raggiungere per primo una compiuta democrazia.

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Antonio Pecoraro

domenica 13 maggio 2012Il Mattino, Cultura e Società

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