INTERNAZIONALE
EGITTO · Fallito il tentativo di dialogo. Al Azhar: «Votare, dovere religioso»
Sulla Costituzione al voto il 15 e il 22, le opposizioni si schierano per il «no»
Sostegno al sì dagli imam. Nuove accuse di violenze contro i Fratelli musulmani
Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Gli egiziani residenti all’estero hanno iniziato
le operazioni di voto nella giornata di ieri. Scontri e accuse di brogli ci
sono state all’Ambasciata egiziana in Kuwait. Non solo, la decisione della
maggior parte dei giudici di non voler supervisionare il voto ha costretto il
governo egiziano a rivedere le regole all’ultimo momento. Secondo il governo, 8.800 giudici hanno acconsentito a
controllare i seggi. Mentre l’esercito ha assicurato il dispiegamento di 30
mila unità aggiuntive per favorire il corretto svolgimento delle procedure. Per la defezione dei magistrati che si oppongono ai poteri
assunti dal presidente ma poi revocati, il referendum si svolgerà in due turni
sul modello delle elezioni parlamentari dello scorso anno. Al Cairo,
Alessandria, Assiut e Asswan le urne si apriranno il 15 dicembre. Mentre a
Suez, Port Said, Luxor, Ismailyia e Giza si voterà il prossimo 22 dicembre. Per favorire la partecipazione al voto, i trasporti di terza classe saranno gratuiti sabato e
verranno ridotti del 50 per cento i biglietti dei treni.
A spingere ad andare a votare, nonostante non sia
necessario un quorum per approvare la nuova Costituzione, è scesa in campo ieri
la massima autorità della moschea di Al-Azhar, il gran muftì Ahmed el-Tayeb.
Votare è «un dovere religioso», ha assicurato. Come se non bastasse, il
sostegno al «sì» è venuto nelle preghiere serali di decine di imam. Anche nella
grande preghiera settimanale del prossimo venerdì si farà opera di persuasione
affinchè la Costituzione passi. Era avvenuto anche lo scorso 19 marzo, quando
gli sheykh delle grandi moschee del
Cairo spingevano gli egiziani ad appoggiare la dichiarazione costituzionale
voluta dalla giunta militare. Ma alcuni esponenti della moschea di Al-Azhar e sheykh indipendenti hanno marciato
martedì insieme ai movimenti di opposizione intorno al palazzo di Ittihadeia.
Tuttavia, il controverso tentativo, avviato dalle
Forze armate attraverso il ministro della difesa el-Sisi, di chiamare politici
e società civile al dialogo, è stato bloccato sul nascere nonostante l’assenso
dei principali esponenti delle opposizioni. D’altra parte, il Fronte nazionale
ha indicato ad elettori laici, copti, socialisti e liberali di votare «no» alla
nuova Costituzione e di non boicottare il voto come era avvenuto in occasione
delle elezioni presidenziali.
In questo clima incandescente, il procuratore
generale, Talaat Abdallah, di recente nominato da Morsi, ha disposto il
trasferimento dell’avvocato generale del Cairo a Beni Suef. Mostafa Khater
aveva disposto il rilascio di 137 tra gli arrestati negli scontri dei giorni
scorsi per mancanza di prove. Ma a rendere ancora più gravi i limiti alla
libertà di espressione, dopo la morte del giornalista del quotidiano el-Fagr, Hussein Abou
Deif, è arrivata la conferma della detenzione del blogger copto, Albert Saber. Il
ventisettenne è stato condannato in primo grado a tre anni di reclusione per
vilipendio alla religione dopo aver postato su Facebook, estratti del film su Maometto che aveva scatenato
un’ondata di proteste in Egitto e nel mondo arabo lo scorso settembre.
Non solo, la televisione indipendente Ontv, ha rivelato che i laboratori di
medicina legale hanno confermato che i colpi usati per uccidere i manifestanti negli
scontri dei giorni scorsi provenivano da armi dei Fratelli musulmani. Le armi
confiscate includono pistole 9, 5.5 e 6.35 mm. «Questo tipo di armi non è
fabbricato in Egitto», ha detto Malek Adly, un avvocato del Fronte per la
difesa dei manifestanti. Secondo Adly, le armi sono state trovate in dotazione
di uomini arrestati nei giorni scorsi che avevano con sé le tessere di Libertà
e giustizia, partito dei Fratelli musulmani.
Sull’uso di armi da parte di sostenitori della
Fratellanza abbiamo ascoltato il blogger e attivista Wael Abbas. «Ho ricevuto
un report da alcuni hacker che hanno intercettato una email di Osama Singer,
guida del Centro per l’informazione del governo. Il titolo del documento è ‘la
gioventù dei Fratelli musulmani ha usato armi automatiche per sparare contro i
manifestanti’», ha assicurato Wael Abbas al
manifesto. Secondo il giovane attivista, anche il primo ministro Hesham
Qandil è a conoscenza del documento. «In questo stato di estrema tensione,
sembra che ogni gruppo usi la forza per ottenere i suoi scopi, siamo vicini
all’anarchia e la battaglia per il referendum non può che inasprire le violenze»,
ha concluso Abbas.
Infine, il primo effetto del
congelamento dei prezzi stabilito dal presidente Morsi è la richiesta di
rinviare il prestito di 3,8 miliardi di euro richiesti al Fondo monetario
internazionale in cambio dell’abbassamento della spesa pubblica. Il risultato
del voto può essere scontato, ma le opposizioni hanno avviato con gran ritardo
la loro campagna elettorale contro la Costituzione.
Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
giovedì 13 dicembre 2012
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