INTERNAZIONALE
EGITTO · Code ai seggi e partecipazione senza precedenti. Il voto tra donne e copti nei quartieri popolari
Referendum, un giorno storico. A metà
In fila per votare la nuova Costituzione. L’opposizione laica per la prima volta ha deciso di non boicottare i seggi
Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Morsi è riuscito in cinque mesi di presidenza a
cementare il dissenso verso i Fratelli musulmani. Mentre scriviamo le code
fuori dai seggi organizzati nelle scuole del Cairo sono interminabili. In
nessuna tornata elettorale si è registrata una partecipazione simile. Se un
solo egiziano assicura per strada di votare «sì» alla nuova Costituzione, ce ne
sono decine che lo circondano e gli spiegano le ragioni del «no». E a recarsi
in massa alle urne questa volta è stata soprattutto l’opposizione laica che per
la prima volta ha deciso di non boicottare i seggi.
Seguiamo le operazioni di voto nel quartiere popolare
e operaio di Zaawia, nella periferia occidentale del Cairo. Tra i rifiuti che
bruciano negli angoli delle strade sguazzano le oche. Tra tok tok (le vespette
a due posti) che strombazzano con musica assordante, dei biliardi sono
sistemati sotto le tende dove i bambini giocano per ore. Ibrahim custodisce una
fabbrica di fertilizzanti abbandonata e si riscalda ad un fuoco appena acceso.
Assicura che presto arriveranno nuovi investimenti ma non si sa quando. In
fondo si vedono le ciminiere della centrale elettrica e i cancelli di industrie
che producono alimenti (Bisco Misr). Capri e pecore si nutrono da piccole mangiatoie
di legno e una donna resta su un’antica poltrona mentre il fumo di un fuoco
sale da un secchio arrugginito. Dall’abitacolo di una vettura, si sente la
radio che trasmette un messaggio di sostegno per il «no»: «le strade del Cairo
non sono felici, nessuno è soddisfatto di questa Costituzione», ammonisce lo
speaker.
Il voto dei copti e le ragioni delle donne
Alle porte della Madrasa Salamat siamo testimoni dei
primi alterchi tra sostenitori e oppositori della Costituzione. «Il presidente
ha poteri eccessivi, non c’è un salario garantito ma solo connesso alla
produzione», spiega Mahmoud, insegnante della scuola. «Dovrebbe essere previsto
un quorum perché il risultato sia accettato da tutti. Dicono che il ‘sì’
riporterebbe la stabilità, ma io penso che causerà nuove manifestazioni»,
ribatte Mohsen. Entriamo nel seggio, i giudici alla fine hanno preso parte alle
procedure elettorali. Quattro banchetti sono sistemati al lato dell’urna,
mentre gli uomini in fila si fermano pochi secondi per colorare un dito della
mano con l’inchiostro indelebile. Hanno appena votato dietro un minuscolo
paravento di plastica. I poliziotti presidiano gli ingressi delle minuscole
aule, i militari restano seduti nel cortile o si affrettano all’ingresso. Poco
più avanti, nei pressi di una moschea salafita, sono sistemati dei banchetti
che danno un foglietto agli elettori. In questo modo gli islamisti estremisti controllano
chi voterà per il «sì». Nei vicoli del quartiere i cristiani si mescolano nel
tessuto urbano. «I Fratelli musulmani sono il problema. Ho assistito alla
distribuzione di pezzi di carne nel mio palazzo da parte di islamisti. Ai
poveri basta un tozzo di pane per votare ‘sì’», denuncia George, farmacista
copto circondato dalle foto di papa Shenouda III e del suo successore Tawadros
II. Parliamo con padre Antonius. Sembra felicissimo di potersi sfogare contro
la Costituzione: «La religione islamica sarà al di sopra della legge, così i
copti saranno d’ora in avanti egiziani a metà». Nel suo piccolissimo studio in
legno, abuna Antonius siede insieme ad un esponente dei Fratelli musulmani che gli
chiede perché voterà «no». «Una bambina potrà sposarsi se vengono seguiti i
precetti della legge islamica, il presidente può abrogare le leggi approvate in
parlamento, decidere con ampia libertà di graziare criminali condannati, mentre
il Sinai non viene protetto e per la difesa della Palestina si fanno solo
chiacchiere», enumera il padre mostrando una lista di punti problematici che
gli è stata trasmessa dalle opposizioni.
Incredibile è l’atmosfera di ressa e tensione
mista a impazienza dell’interminabile coda di donne alla scuola Mistamara nel
quartiere Zaawia. «Rifiuto l’intera Costituzione», taglia corto Sharbat,
casalinga che porta un piccolo foulard azzurro sul capo. Ma subito interviene
una donna che urla: «Siamo felici della Costituzione, questo devono dire tutti,
è la prima volta che il popolo egiziano ha scritto la sua Carta. Ed è
vantaggiosa specialmente per i poveri e per i cristiani». La ressa si fa
irrazionale, le donne vengono schiacciate ai cancelli.
I salafiti di Zeitoun
Ci dirigiamo verso il quartiere di Zeitoun, molte
di queste strade sono abitate da salafiti. Alla fermata della metro, in un
piccolo chiosco si vendono kebdà e sugò (fegato e interiora). «Voto ‘no’ perché
non sono soddisfatta degli articoli sul potere dei militari, l’assistenza
sanitaria e l’educazione. E la Costituzione non è stata scritta da tutti», è il
commento di Menal alle porte dell’Istituto tecnico al-Tawira. A quel punto
interviene una donna completamente avvolta in un nikab nero che lascia appena lo spazio per gli occhi: «Ma hai letto
la Costituzione? Se hanno lasciato l’Assemblea costituente (liberali e
socialisti, ndr) lo hanno fatto di
loro volontà e solo alla fine dei lavori». Menal non ci sta e si infervora:
«Negli altri paesi la Costituzione è stata scritta in due anni qui in poche
settimane, la gente non ha lavoro e vengono tolti dei diritti conquistati». In
uno di questi vicoli nei quali lo spazio tra le case ai due lati della strada è
di poco più di un metro, parliamo in italiano con Abdallah. È tornato in Egitto
dopo aver trascorso in Italia tre anni nei quali è stato l’imam di Bergamo. «È
una giornata storica, sono felice di questa Costituzione e della centralità
dell’Islam», sembra davvero sù di giri. Ma non pare dello stesso avviso la
moglie, Nureddin, avvolta in un velo integrale che cerca con lo sguardo la
complicità di alcune amiche e non dice neppure una parola.
In pochi mesi i Fratelli
musulmani hanno eroso la loro grande eredità di decenni di opposizione politica
semi-clandestina. Morsi ha commesso molti errori: dal decreto pigliatutto del
22 novembre scorso che, agli occhi di molti, lo ha trasformato in un nuovo
«faraone», all’incitamento a manifestare in occasione del film blasfemo diffuso
negli Stati uniti fino all’accordo per la tregua tra Hamas e il governo
israeliano nel favorire il quale ha agito in continuità con il regime di
Mubarak. Se la Costituzione venisse approvata sarà una giornata storica solo per
metà degli egiziani. Non solo, sarà dato via libera alla costruzione di uno
stato assistenziale che non garantisce la giustizia sociale, verrà cancellato
il principio di laicità dello Stato e verrà sancita un’evidente continuità con
il vecchio regime nei rapporti con l’esercito e in politica estera.
Il Manifesto
Internazionale, pag. 5
domenica 16 dicembre 2012
Nessun commento:
Posta un commento