EGITTO · Il decreto presidenziale in vigore da ieri non pone limiti al ruolo giuridico, economico e politico dei militari
Un esercito dotato di superpoteri
I generali si sfilano dal governo per riprodurre il proprio controllo sulla società egiziana
Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Il governo egiziano ha approvato nella notte di venerdì il decreto
presidenziale sui poteri speciali all’esercito. Secondo il quotidiano
filo-governativo al-Ahram, il testo è
stato scritto insieme ad alcuni generali. La nuova legge, immediatamente
operativa in base alla dichiarazione costituzionale dello scorso 22 novembre,
prevede per l’esercito il compito di mantenere e proteggere la sicurezza del paese
fino all’approvazione della nuova Costituzione. Non solo, l’esercito deve
intervenire a difesa delle istituzioni su richiesta del presidente. Una delle principali critiche di decine di esponenti
dell’Assemblea costituente, movimenti liberali e attivisti laici alla nuova
Carta costituzionale egiziana riguarda proprio i poteri della giustizia
militare. Chi si oppone all’indipendenza delle corti militari dalla giustizia
ordinaria chiede che venga riconosciuto agli imputati in processi militari il
diritto di fare appello alla giustizia civile. In più, gli attivisti spingono
per la supervisione dei giudici sulle corti militari. Questa controversia cruciale
e la legge approvata ieri dimostrano come il peso dei militari nella gestione
politica in Egitto sia solo apparentemente ridimensionato.
La relazione tra elite militari e politiche ha sempre corrisposto ad
una più o meno evidente influenza dei militari sulle istituzioni pubbliche. Infatti,
il potere dell’esercito in Egitto deriva dalla commistione tra elite militare e
civile. Prima, Gamal Abdel Nasser, quando è diventato presidente, ha scambiato
la sua uniforme militare con abiti civili. Poi, solo in pochi percepivano
ancora l’ex presidente, Hosni Mubarak, come un militare prima delle sue
dimissioni. Per questo, in occasione di scioperi e movimenti popolari, l’esercito
egiziano è intervenuto per ristabilire l’ordine e cooptare nelle istituzioni
pubbliche i gruppi percepiti come una minaccia alla sua autorità. E così i
militari hanno operato come difensori dell’elite politica al potere facendo un
uso relativamente marginale della violenza.
Non solo, i militari, come conseguenza del ritrarsi dello stato per
politiche di liberalizzazione economica (infitah),
hanno operato in difesa delle loro conquiste corporative. Se, da una parte, come
effetto delle politiche di infitah, i
militari si sono trasformati in elite
imprenditoriale, dando ad ufficiali, o a civili a loro connessi, ruoli di
gestione economica, dall’altra, per la minaccia di guerre regionali, l’esercito
egiziano ha controllato una quantità sempre maggiore di spesa pubblica e di
aiuti militari internazionali. I militari egiziani sono diventati editori dei
maggiori quotidiani, hanno acquisito il controllo delle industrie di produzione
di prodotti per uso civile dalle lavatrici ai medicinali, al di fuori delle
tradizionali industrie di armamenti e tecnologia militare. L’esercito controlla
in Egitto anche industrie che producono o lavorano beni di prima necessità dal
latte alla carne fino al pane. Non solo, l’esercito è impegnato nell’industria
turistica con il controllo diretto di alberghi e grandi resort. Per finire, i militari sono amministratori delegati di
grandi aziende private e sono coinvolti nel mercato nero e nel contrabbando. Contemporaneamente, l’esercito
ha accresciuto il suo peso come attore parassitario grazie ai vantaggi accordati
ai militari dall’elite politica: manodopera a basso costo, esenzioni fiscali e
nelle regole per la costruzione di immobili, sussidi e privilegi monopolistici.
In Egitto, come risultato delle politiche di liberalizzazione e di capitalismo
clientelare, elite politiche e militari sono diventate sempre più interconnesse
e mutualmente dipendenti.
In seguito alle rivolte del 2011, l’esercito egiziano ha adottato la Fratellanza musulmana come delegato per ristabilire la divisione di poteri tra politici e militari. Esistono tuttavia divisioni strutturali (gruppi paramilitari, forze speciali, polizia militare) e politiche (islamisti, salafiti, nasseristi) interne all’esercito. Questa frammentazione non necessariamente corrisponde ad una minore o maggiore influenza politica dei militari, ma ha determinato, ad esempio, la cancellazione di candidati anti-sistema dalle competizioni elettorali e il sostegno a leader islamisti o nasseristi in base a calcoli di convenienza politica. Per questo, l’abbandono della gestione diretta del governo da parte della giunta militare sembra servire all’esercito per riprodurre il proprio controllo sulla società egiziana. La nuova Costituzione e la legge in vigore da oggi non pongono limiti o accrescono il ruolo economico, giuridico e politico dei militari.
Il Manifesto
Internazionale, pag. 6
domenica 8 dicembre 2012
http://www.ilmanifesto.it
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