EGITTO
Referendum • Oggi sono chiamati ad esprimersi sulla Carta costituzionale voluta dai Fratelli musulmani gli elettori di 18 governatorati. Islamisti di nuovo in piazza, in un clima di alta tensione
I salafiti incendiano il secondo turno
La frangia radicale degli Hazimon semina il terrore a Alessandria. Sotto attacco bar e partiti di opposizione
Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Si aprono i seggi oggi per
il secondo turno del Referendum costituzionale in Egitto. Sono chiamati alle
urne gli elettori di 18 governatorati tra i quali Giza, Suez, Minia e nel mar
Rosso. Ieri sono scesi in piazza gli islamisti per il secondo venerdì
consecutivo, la moschea Qaed Ibrahim di Alessandria è stata al centro di
scontri tra attivisti salafiti e movimenti di opposizione. Gli islamisti
avevano indetto ieri mattina una grande manifestazione. Ma il ministero degli
interni aveva avvertito della possibilità di scontri. E così le opposizioni
avevano rinunciato a manifestare. «Gruppi di liberali e socialisti erano
presenti sul lungomare adiacente la moschea contro le direttive del Fronte
nazionale di salvezza», ci spiega l’attivista socialista Mahinour el-Masri,
presente sul posto. «Gli scontri sono durati alcune ore con una sassaiola e si
sono sentiti spari», ha proseguito Mahi. La polizia è intervenuta con il lancio
di lacrimogeni. Secondo il ministero della sanità si contano oltre 50 feriti e
decine di intossicati. Anche lo scorso venerdì, alle parole di incitamento per
votare «sì» al referendum costituzionale dello sheykh radicale Ahmed el-Mahalawy avevano fatto seguito duri
scontri all’interno e all’esterno della moschea.
A convocare la
manifestazione di ieri ad Alessandria sono state le associazioni salafite dawaa el-salafya, il partito el-Nour (luce),
le associazioni islamiche universitarie, gamaat
al-Islamya, e Libertà e giustizia, partito dei Fratelli musulmani. Ma ad
usare la forza, secondo molti attivisti di opposizione, potrebbero essere stati
esponenti del movimento Hazimon. Questi salafiti radicali sono ispirati dalle
parole di Abu Ismail, candidato salafita escluso alle elezioni presidenziali
del maggio scorso, e dalle prediche dell’ottantasettenne sheykh di Alessandria, el Mahalawy. Secondo i movimenti laici, il
gruppo si è reso responsabile lo scorso sabato di un attacco alla sede del
partito liberale Wafd nel quartiere di Dokki al Cairo. Sul quotidiano Wafd, sono apparse nei giorni scorsi delle
foto che mostrano lo stesso Abu Ismail prendere parte all’assalto. Secondo
testimoni, è stato appiccato un fuoco sulla facciata del partito dopo di che è
iniziato il lancio di bottiglie molotov contro le vetture che circondavano il
palazzo.
Ahmed Hussein, segretario
del movimento nasserista vicino a Hamdin Sabbahi, ha denunciato attacchi simili
al quartier generale della Corrente popolare in piazza Libano a Mohandessin,
quartiere commerciale del centro del Cairo. «Prima di arrivare a Dokki nella
notte di sabato, gli Hazimon hanno visitato la sede del nostro partito.
Uralvano: “vogliamo appiccare il fuoco all’edificio”. Avevano armi, bottiglie
molotov e pistole», ha denunciato Hussein al
manifesto. Insieme agli Hazimon, hanno preso parte all’assalto del Wafd e
della Corrente popolare anche esponenti del movimento al-Ahrar, un gruppo di
auto difesa giovanile che vigila sulla moralità pubblica. Questi giovani
salafiti, nei giorni scorsi, hanno attaccato vari bar del centro del Cairo,
considerati haram, non conformi ai
dettami della legge islamica. Secondo il quotidiano indipendente al-Shoruk, decine di persone sono
rimaste ferite in questi attacchi mirati, inclusi attivisti politici. Durante
l’assalto, gli Hazimon cantavano la «sharia
(legge islamica, ndr) è uno stile di
vita».
A fomentare le polemiche,
sono arrivate ieri le parole di Essam el-Arian, ideologo della Fratellanza,
vicino al movimento giovanile. «Se disponessimo di milizie ci saremmo difesi
quando ci attaccavano all’ingresso del palazzo presidenziale», ha dichiarato
el-Arian. Ma il politico è andato avanti: «La Fratellanza sta considerando di armare
la gioventù islamica per proteggere i suoi uffici. Ma mai si arriverà al caos
perché il popolo egiziano sa difendere sé stesso e il paese», ha concluso in
riferimento ai ripetuti attacchi che le sedi del partito islamista hanno subito
in tutto il paese. In seguito alle prime indagini, la polizia egiziana ha
arrestato vari esponenti del movimento Hazimon con le accuse di essere
responsabili degli attacchi dei giorni scorsi. Tra gli arrestati l’ingegnere, Ahmed Arafa, accusato di detenzione abusiva di armi e
l’attivista Sherif el-Hosary.
Sul reale pericolo di
movimenti islamisti radicali armati, abbiamo sentito Ali Bakr, ricercatore
specializzato in movimenti salafiti. «Gli Hazimon non hanno alcuna
organizzazione o struttura cementata. Si incontrano in luoghi diversi in base
alle loro esigenze di educazione morale del popolo egiziano. Ho letto le loro
pagine Facebook e non si discostano dalla retorica islamista del partito
salafita el-Nour». Quello che preoccupa principalmente è il fatto che
dispongano di armi. «Si tratta di un movimento reazionario e violento, incitano
a diffondere il caos e ad incendiare edifici, hanno a disposizione armi e
costruiscono ordigni rudimentali», ha aggiunto Bakr. Secondo il quotidiano
indipendente Masry al-Youm, negli ultimi
mesi il traffico di armi attraverso il Sinai è incredibilmente cresciuto e ha
contribuito ad armare i movimenti salafiti egiziani radicali.
Articolo pubblicato su il Manifesto il 22 dicembre 2012
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