Fervono i preparativi al Cairo per le elezioni
parlamentari di primavera. E viene sciolto il primo nodo: la legge elettorale
che era costata la chiusura del Parlamento lo scorso giugno. Ma lo schema non
cambia: due terzi dei deputati saranno eletti tra liste di partito; un terzo
dei seggi sarà riservato invece a candidati indipendenti. Tuttavia,
dure critiche alla legge sono state mosse dai parlamentari Mamdouh Ramzy e Emil
Yacoub che avrebbero preferito quote garantite per la minoranza cristiano-copta
e per le donne. A questo punto la legge dovrà essere approvata
dalla Corte costituzionale e la data delle elezioni (nel mese di aprile,
secondo fonti dei Fratelli musulmani) sarà annunciata a fine febbraio.
Con la nuova legge elettorale, i partiti si
riorganizzano. Ancora una volta il Fronte delle opposizioni si spacca
annunciando la formazione di due liste separate: una di liberali e cristiani
dei Partiti Wafd e degli egiziani liberi; l’altra dei nasseristi della Corrente
popolare di Hamdin Sabbahi. Mentre è stato approvato dal Comitato per gli
Affari politici della Camera alta (Shura), che detiene il potere legislativo in
seguito all’approvazione della Costituzione lo scorso 22 dicembre, il Partito
del movimento nazionale. A presentare richiesta per la formazione di questo
partito è stato l’ultimo primo ministro di Mubarak, Ahmed Shafiq, in esilio
volontario negli Emirati.
Mentre il giro di vite
all’interno di Libertà e giustizia, partito dei Fratelli musulmani, è entrato
nel vivo. Essam el-Arian, ideologo del movimento e presidente del gruppo
parlamentare islamista alla Shura, ha lasciato i suoi incarichi di partito per
dedicarsi interamente all’attività legislativa. D’altra parte, un primo rimpasto
di governo ha portato alla nomina del nuovo ministro dell’Economia, al-Sayed
Hegazy, esperto di finanza islamica. Mentre il nuovo ministro dell’Interno è il
generale Mohammed Ibrahim. Secondo indiscrezioni pubblicate sulla stampa
locale, il siluramento del ministro dell’Interno uscente, Ahmed Gamal al-Din,
si sarebbe reso necessario per la sua netta opposizione ad incontri tra
politici islamisti e uomini dell’Intelligence egiziana con un alto comandante
dei Pasdaran iraniani, Qassem Suleimani. Nell’agosto scorso, Morsi aveva
visitato per la prima volta Tehran in occasione della Conferenza dei paesi non
allineati riattivando relazioni diplomatiche con l’Iran, formalmente congelate
in seguito al riconoscimento di Israele da parte delle autorità cairote. Ieri
il presidente egiziano ha incontrato anche il ministro degli Esteri iraniano,
Ali Akbar Salehi, in visita nella capitale egiziana per discutere della crisi
siriana. Salehi, in un’intervista televisiva, ha auspicato un riavvicinamento
tra Cairo e Tehran nel rispetto degli interessi reciproci.
A tranquillizzare le acque
in un paese dilaniato dalle disuguaglianze sociali e dalla continua
svalutazione della lira egiziana, è arrivato ieri l’annuncio di un prestito
pari a 1,9 miliardi di euro dal primo ministro del Qatar, Sheikh Hamad bin
Jassim al-Thani. Secondo fonti governative, gli aiuti sarebbe immediatamente
disponibili. Tuttavia, restano aperte le porte del Fondo monetario
internazionale (Fmi) per rinegoziare il prestito di 3,8 miliardi di euro,
bloccato lo scorso dicembre, per il rinvio dei tagli alla spesa pubblica richiesti
dall’Fmi come rischioso prerequisito al Cairo. Infine, il clima di estrema
incertezza e scontro settario che vive l’Egitto del dopo rivolte, iniziate nel
gennaio 2011, viene confermato da una notizia, resa nota da fonti militari. Due
veicoli carichi di esplosivo si sono diretti verso una chiesa cristiana a Rafah,
nel Sinai. L’attentato sventato avrebbe dovuto aver luogo in occasione delle
festività del Natale ortodosso lo scorso sette gennaio. Mentre l’udienza di
ieri ha rinviato a giudizio al prossimo marzo gli attivisti imputati nel
processo contro le organizzazioni non governative che hanno ricevuto
finanziamenti dall’estero, avviato lo scorso febbraio. Le autorità egiziane
avevano perquisito e chiuso alcune ong, vicine a Stati uniti e Germania,
accusate di operare senza licenza e di usufruire di fondi illegali, provocando
reazioni durissime di attivisti e politici.
Questo articolo è stato pubblicato su Il manifesto dell'11 gennaio 2013
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