EGITTO · Intervista al socialista Khaled Ali, tra i candidati alle passate elezioni presidenziali
Nella nuova Carta non c’è giustizia
Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Parliamo
con Khaled Ali, leader del partito socialista e tra i candidati alle elezioni
presidenziali. Ali ha subito gravi minacce lo scorso giugno in seguito alla
campagna da lui promossa contro i poteri giudiziari alla polizia militare
stabiliti dal Consiglio supremo delle Forze armate.
Quali sono i limiti alle
libertà sindacali nella nuova Costituzione?
«La
nuova Carta è pericolosa per i diritti sociali. Potrebbero sparire le
organizzazioni dei lavoratori e non basterà una notifica al governo per la
formazione di un sindacato. Così non verranno applicati i criteri stabiliti
dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) sui regolamenti sindacali.
Addirittura se il consiglio direttivo viene ritenuto responsabile di crimini
civili o penali, il governo potrà dissolvere un sindacato. Ma lo stesso
principio non viene applicato ai sindacati professionali di medici, avvocati e
ingegneri».
Ma su queste questioni
tutto dovrebbe dipendere dalle leggi e dai regolamenti applicativi?
«Più
in generale tutto dipenderà dalla maggioranza parlamentare e quale
interpretazione vorrà dare del testo Costituzionale. È evidente che nella nuova
fase di transizione in cui gli islamisti già controllano la Shura (Camera alta, ndr) e con un prevedibile successo alle prossime elezioni
parlamentari, per i diritti sociali sarebbe un disastro».
Nella nuova
Costituzione non è prevista una vera lotta contro le disuguaglianze sociali?
«Tutti
i richiami ai diritti sociali in questo testo sono solo metaforici. Viene
concessa la proprietà della terra a non egiziani, non si pongono limiti massimi
alla proprietà delle terre coltivabili. Non solo, è più semplice aggirare la
questione delle pensioni minime e dei salari massimi rispetto alla Costituzione
del 1971. Non vengono posti tetti massimi ai salari del presidente e dei
ministri. Poi, questa Carta apre alla privatizzazione del Nilo, delle sue rive
e delle sue acque per l’irrigazione. Più in generale non proibisce gli abusi
alle risorse naturali. Infine, diminuisce la quota di lavoratori nei consigli
direttivi delle aziende pubbliche da metà a un quarto».
Tuttavia, esistono
laceranti contraddizioni tra la base elettorale, composta di poveri e classi
disagiate, degli islamisti e la leadership della Fratellanza?
«I
Fratelli musulmani non hanno nessuna intenzione di assicurare giustizia sociale
ma solo di fare propaganda e promuovere assistenzialismo. Non solo, mancano
totalmente di capacità di gestione dei conti pubblici. La Carta parla di
pensioni ma non dice dove ricavare una quantità così ingente di risorse. Addirittura
nella Costituzione del 1971 si parlava di salario minimo senza eccezioni, ora
vengono posti dei limiti sui soggetti che avranno diritto ad averlo».
Eppure esiste un
movimento giovanile islamista che simpatizza con i diritti dei lavoratori e
protesta nelle fabbriche insieme agli operai, non è così?
«Ogni
riforma del mercato del lavoro che parta dall’interno della Fratellanza è
impossibile. Ho sempre pensato che ci fossero interessi comuni tra la base dei
Fratelli musulmani e i lavoratori egiziani. Ora non lo penso più. La base giustifica
le decisioni della leadership in tutto e per tutto. Si comportano come un
branco e seguono le indicazioni di partito. Certo, esistono politici e
attivisti critici verso il movimento, ma lo hanno già lasciato nei mesi
scorsi».
Secondo Khaled Ali, le
procedure di voto per il Referendum della Carta costituzionale sono state
manipolate dai Fratelli musulmani?
«Questo
referendum è un colpo di mano della Fratellanza. Ci sono stati gravi episodi di
frodi elettorali. Molti esponenti di Libertà e giustizia si sono sostituiti ai
giudici. Questo è contro la legge. Centinaia di schede bianche, o non firmate
dagli scrutatori, sono state rinvenute all’esterno dei seggi. Ma l’intero
processo di scrittura della Costituzione è illegale. Dopo la dichiarazione
presidenziale, oltre il 60% dei giudici ha rifiutato di supervisionare il voto.
E solo questo basterebbe a renderlo nullo».
Cosa possono fare le
opposizioni per arginare quella che lei descrive come una deriva anti sociale promossa
dai Fratelli musulmani?
«Lo sciopero è il messaggio principale per la
resistenza al regime. Per esempio, dopo il decreto presidenziale la cosa che
più ha messo in allarme la leadership dei Fratelli musulmani è stato lo
sciopero di giudici, corti e sindacati dei magistrati. Hanno innescato una vera
resistenza sociale che è stata efficacissima nel motivare gli egiziani a votare
contro la nuova Costituzione. E poi gli operai non hanno alternative se non
continuare a scioperare ad oltranza per i loro diritti, messi in discussione
due volte: dall’esercito e dagli islamisti».
Questo articolo è apparso su Il Manifesto del 19 dicembre 2012
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