INTERNAZIONALE
EGITTO · Referendum sulla Costituzione, posticipato l’avvio del voto per gli egiziani all’estero
Morsi tenta la carta del rinvio
Giuseppe Acconcia
IL CAIRO
Tra via Mamleek e via el-Mogani ad Heliopolis, giovani
liberali e copti egiziani sono pronti a passare una nuova notte sulle
barricate. «Arrivano centinaia di persone perchè il discorso di Morsi ha
esasperato gli animi», ha detto Karim, giovane attivista liberale. «Sta
prendendo dal popolo più di quanto dà. Vuole altro sangue, sembra di assistere
ad una partita a scacchi», ha proseguito il giovane. E sulle accuse di
vandalismo mosse da Morsi, il giovane non ha dubbi: «I Fratelli musulmani che
ho visto ieri nell’area di Roxy (rione di Heliopolis, ndr) avevano lacrimogeni e la polizia non c’era. Quando poi sono
arrivati i poliziotti si sono appostati dietro gli agenti. Gli attivisti della
Fratellanza hanno lanciato direttamente lacrimogeni», ha assicurato Karim.
Ben sette cortei hanno sfilato ieri per le vie
del Cairo per protestare contro le parole, pronunciate ieri da Morsi. Il presidente
egiziano aveva invitato al dialogo i movimenti di opposizione promettendo
concessioni sui nuovi poteri presidenziali. Non
solo, il voto degli egiziani all’estero per il referendum al via oggi, è stato
rinviato al prossimo mercoledì.
Gli attivisti di opposizione tenevano alte
bandiere bianche con i volti dei giovani martiri disegnati, come gigantografie.
Sventolavano queste immagini con vigore ricordando ad ogni passo i nuovi
martiri: chi è morto mentre il presidente «rivoluzionario» è al potere. «Questo
è il volto di Gaber ucciso qualche giorno fa in via Mohammed Mahmoud», ci ha
spiegato Khaled. «Chiediamo le dimissioni di Morsi», urlavano, «Il popolo vuole
la fine del regime». I più giovani si sono arrampicati sulle fermate dei bus e le
rotaie dell’antico tram, da quella che una volta era la periferia del Cairo,
erano completamente occupate da centinaia di manifestanti. «Domani a
mezzogiorno siamo pronti per una nuova manifestazione, il nostro paese non è la
Siria», contestavano delle giovani donne dal marciapiedi. Dall’altra parte
della barricata, fatta di cemento e filo di ferro, c’era una fila di militari
della Sicurezza centrale e dietro di loro la guardia presidenziale in assetto
anti-sommossa. Tra i due gruppi erano schierati quattro carri armati
dell’esercito, sistemati la sera precedente. Al tramonto, un gruppo di
manifestanti ha divelto il filo spinato e ha scavalcato le barriere. Alcuni di
questi giovani sono arrivati a due passi dagli uffici presidenziali: un luogo
che nei melodrammi televisivi egiziani viene rappresentato come il posto dove
tutti i giovani avrebbero voluto entrare per parlare con Mubarak. «Dovrebbe annullare
il decreto presidenziale. Ma non lo farà, quindi boicotterò senz’altro il voto»,
racconta Eman, giovane vestita all’occidentale e con gli occhi pieni di rabbia
per gli ultimi eventi. Sui camion degli attivisti erano sistemate decine di
casse che trasmettevano musica assordante. Al seguito dei veicoli, tantissime
donne tenevano tra le mani il simbolo del «no», la stessa risposta che avevano
dato il 19 marzo del 2011 alla dichiarazione costituzionale temporanea voluta
dalla giunta militare. Una di loro aveva un cartello. «Non rappresenti nè
l’Islam né il paese (Morsi, ndr)». Si
vedevano le bandiere degli operai di Suez. Nei giorni scorsi, varie sedi della
Fratellanza tra Suez e Kafr el-Sheykh erano state date alle fiamme. Nella notte,
alcuni attivisti hanno tentato di raggiungere anche la sede centrale di Libertà
e giustizia al Cairo, nel quartiere di Moqattam, e di darle fuoco. Non solo, nel
pomeriggio di ieri ci sono stati scontri nel Delta del Nilo a Tanta, Mahalla,
Beheiria e Garbeya tra pro e anti Morsi. Ci sarebbero decine di feriti. In
particolare, nella città delle industrie tessili di Mahalla, i manifestanti
hanno fatto irruzione nel palazzo della municipalità.
Dal
canto loro, i sostenitori dei Fratelli musulmani hanno partecipato ai funerali di
due delle vittime di ieri nella moschea di Al Azhar. In seguito hanno raggiunto
il palazzo di Heliopolis. Molti attivisti laici denunciano l’uso strumentale
che viene fatto dei manifestanti islamisti per innescare scontri e tensioni in
cortei pacifici. Ma ormai i margini per
il dialogo sono risicati. Il Fronte di salvezza nazionale, guidato dall’ex
presidente dell’Aiea, Mohamed el-Baradei, e Amr Moussa, ha annunciato il
rifiuto dell’offerta di dialogo. Con loro anche i liberali del Wafd. Sono poi
arrivate di sera parole di biasimo dalla Casa Bianca. Il presidente Barack
Obama, in una telefonata al presidente egiziano ha espresso «preoccupazione»
per le violenze di piazza. Per i giovani di
piazza Tahrir, ora assembrati nel quartiere di Heliopolis, si prepara una notte
di tensione. Altri hanno deciso di presidiare la piazza, dove si ascolta la
musica dei rapper e si moltiplicano le tende senza un motivo preciso. Mentre
decine di uomini e donne, incuranti degli scontri, entrano e escono, come ogni
sera dal minuscolo negozio el-Abd, nel centro del Cairo, con pacchi di mazbuza
e fetira, i dolci del venerdì di festa.
Il Manifesto
Internazionale, pag. 7
sabato 8 dicembre 2012
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