Tre italiani sequestrati al Cairo. Il loro racconto
Sono Francesca Mininel, goriziana di 35 anni, il fidanzato Stefano Lazzaro, padovano di 27 anni, e Giuseppe Acconcia, un loro amico ventinovenne di Salerno. Hanno chiesto aiuto per telefono all'amica livornese Martina Guerrini. "Stamani alle 10 - raccontano - una banda di civili, armati di coltelli e spranghe, ci ha fermato e rapito. Abbiamo temuto il peggio, poi siamo stati rilasciati"
LIVORNO. «Aiuto ci hanno sequestrati qui al Cairo»: Martina Guerrini, livornese di 35 anni, è stata raggiunta dopo le 14 di oggi per telefono da amici che vivono nella capitale egiziana. Loro sono Francesca Mininel, goriziana di 35 anni che da tempo insegna storia e filosofia al Leonardo Da Vinci, liceo italiano al Cairo, il suo fidanzato Stefano Lazzaro, padovano di 27 anni, e Giuseppe Acconcia, un loro amico ventinovenne proveniente da Salerno.
Le hanno raccontato di essere stati rapiti da una banda di civili armati di coltelli e spranghe, insieme ad alcuni membri delle ambasciate australiana e canadese. Adesso sono in un albergo del capoluogo egiziano e temono di non riuscire a tornare nella loro casa al Cairo per poi prendere un aereo per l'Italia. Abbiamo parlato per telefono con Francesca Mininel, che in modo concitato ci racconta del sequestro: «Stamani alle 10 eravamo in taxi, una banda di civili, armati di coltelli e spranghe ci ha fermato. Due sono entrati nel bagagliaio e uno nei sedili dietro. Subito ci hanno requisito i cellulari, togliendo anche le batterie. Lì abbiamo avuto paura, temevamo che ci facessero sparire nel nulla».
Secondo il racconto di Francesca lei e gli altri due italiani sono stati portati fino a un posto di blocco, anche questo formato da civili: «Lì ci hanno raggruppati con sei o sette persone, tutti membri dell'ambasciata australiana e canadese. Poi, tutti insieme, ci hanno fatto fare il giro di tre caserme. Abbiamo provato a chiedere cosa volessero da noi, ma non ci hanno dato risposte. Ci hanno trattato in maniera dura e dicevano solo che ci avrebbero interrogato».
Francesca racconta ancora che il gruppo è stato portato in una quarta caserma: «Lì doveva interrogarci l'intelligence, invece prima è stato deciso di rilasciare australiani e canadesi, probabilmente perché si tratta di autorità, e poi anche noi tre». Una volta rilasciati, Francesca, Stefano e Giuseppe, che è in Egitto con passaporto iraniano dallo scorso 29 gennaio, si sono uniti al gruppo di canadesi e australiani. «Non possiamo tornare a casa - prosegue -. Abitiamo vicino a piazza Tahir, dove si svolgono gli scontri, è troppo pericoloso. Ma a casa abbiamo soldi e documenti, senza i quali non possiamo tornare neanche in Italia».
Nelle parole di Francesca c'è tutta l'ansia di non sapere cosa accadrà nelle prossime ore. «L'ambasciata italiana - conclude Francesca - ha detto che l'unico modo per venirci a prelevare qui all'hotel è che venga un loro furgone, poi scortato da mezzi dell'esercito egiziano. Ma per adesso hanno detto che è una soluzione poco praticabile». Per stasera Francesca, Stefano e Giuseppe, impauriti e in ansia, rimangono in hotel. Mentre la notizia del loro sequestro è arrivata a Livorno, alla loro amica Martina Guerrini, alla quale hanno telefonato per chiedere aiuto.
Le hanno raccontato di essere stati rapiti da una banda di civili armati di coltelli e spranghe, insieme ad alcuni membri delle ambasciate australiana e canadese. Adesso sono in un albergo del capoluogo egiziano e temono di non riuscire a tornare nella loro casa al Cairo per poi prendere un aereo per l'Italia. Abbiamo parlato per telefono con Francesca Mininel, che in modo concitato ci racconta del sequestro: «Stamani alle 10 eravamo in taxi, una banda di civili, armati di coltelli e spranghe ci ha fermato. Due sono entrati nel bagagliaio e uno nei sedili dietro. Subito ci hanno requisito i cellulari, togliendo anche le batterie. Lì abbiamo avuto paura, temevamo che ci facessero sparire nel nulla».
Secondo il racconto di Francesca lei e gli altri due italiani sono stati portati fino a un posto di blocco, anche questo formato da civili: «Lì ci hanno raggruppati con sei o sette persone, tutti membri dell'ambasciata australiana e canadese. Poi, tutti insieme, ci hanno fatto fare il giro di tre caserme. Abbiamo provato a chiedere cosa volessero da noi, ma non ci hanno dato risposte. Ci hanno trattato in maniera dura e dicevano solo che ci avrebbero interrogato».
Francesca racconta ancora che il gruppo è stato portato in una quarta caserma: «Lì doveva interrogarci l'intelligence, invece prima è stato deciso di rilasciare australiani e canadesi, probabilmente perché si tratta di autorità, e poi anche noi tre». Una volta rilasciati, Francesca, Stefano e Giuseppe, che è in Egitto con passaporto iraniano dallo scorso 29 gennaio, si sono uniti al gruppo di canadesi e australiani. «Non possiamo tornare a casa - prosegue -. Abitiamo vicino a piazza Tahir, dove si svolgono gli scontri, è troppo pericoloso. Ma a casa abbiamo soldi e documenti, senza i quali non possiamo tornare neanche in Italia».
Nelle parole di Francesca c'è tutta l'ansia di non sapere cosa accadrà nelle prossime ore. «L'ambasciata italiana - conclude Francesca - ha detto che l'unico modo per venirci a prelevare qui all'hotel è che venga un loro furgone, poi scortato da mezzi dell'esercito egiziano. Ma per adesso hanno detto che è una soluzione poco praticabile». Per stasera Francesca, Stefano e Giuseppe, impauriti e in ansia, rimangono in hotel. Mentre la notizia del loro sequestro è arrivata a Livorno, alla loro amica Martina Guerrini, alla quale hanno telefonato per chiedere aiuto.
Anna Cecchini
giovedì, 3 febbraio 2011
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