mercoledì 13 aprile 2011

I Fratelli musulmani e Facebook


Facebook contagia i Fratelli musulmani

La confraternita è su Facebook. La Guida suprema, Mohammed Badie, ha annunciato la nuova pagina dei Fratelli musulmani dal nome “Chi siamo e cosa vogliamo”. L’iniziativa fa seguito al grande successo che il social network sta avendo in Egitto dal 25 gennaio ad oggi. Esistono già almeno dieci siti internet vicini al movimento, tra cui islamonline e la versione inglese (ikhwanweb), gestita da Khairat Shater. La confraternita ha annunciato anche il lancio di un canale satellitare e di nuovi quotidiani. I Fratelli musulmani vivono giorni di gloria: hanno incassato una massiccia partecipazione alla manifestazione di venerdì; promuovono il dialogo tra i movimenti politici e l’unità delle forze armate. Ma non è tutto così semplice. Ogni giorno emergono nuove divisioni interne tra i giovani che erano in piazza Tahrir dal primo momento, uomini d’affari e la vecchia guardia, impegnata nella definizione di una nuova piattaforma politica. E se “Israele” da nemico diventa il nostro “vicino”: resta davvero poco del movimento che gareggiava con Nasser per il suo impegno sociale. E con l’esercito al governo il gioco delle parti continua come nulla fosse cambiato. I Fratelli musulmani ottengono qualcosa, come la liberazione di prigionieri politici. Ma concedono anche tanto: l’appoggio completo alla strategia del Consiglio delle forze armate per uscire dall’emergenza.
Sebbene secondo la Guida Suprema, nessuno della confraternita possa aderire ad un partito diverso da Libertà e Giustizia, i contrasti interni sembrano insanabili. La prima scissione si è già consumata, con la nascita di Wasat (centro), partito guidato da Abouel Ela Madi e legalizzato dopo la caduta di Mubarak. Intellettuali e uomini d’affari avevano tentanto di ottenere la legalizzazione di Wasat già nel ‘96 e nel ‘98, senza successo. Un partito moderato di centro era visto come un temibile avversario da Mubarak. Il Partito nazionale democratico era impegnato a cercare sostegno nelle stesse classi sociali a cui Wasat voleva rivolgersi, soprattutto tra gli imprenditori, cresciuti grazie allo sviluppo economico degli anni ’90 e 2000.
La seconda questione aperta riguarda i giovani dei Fm, che si sono riuniti il 26 marzo in una conferenza a Giza, suscitando non poche critiche. La nuova guardia ha discusso di regolamenti più limpidi nell’Assemblea, che favoriscano il dibattito interno e di quote, vicine ad un terzo, per giovani, donne e cristiani. Tra loro Mohammed El Qassas, membro della coalizione dei rivoluzionari e impegnato nell’ufficio politico del movimento. Mohammed è stato per tre volte in prigione, anche fino a nove mesi. Porta in volto e sul corpo i segni delle pietre lanciate dai baltaghi nel giorno della “battaglia dei cammelli”. Ha votato “sì” al referendum. “La nostra più grande vittoria è stato il rilascio di 60 prigionieri politici - assicura Mohammed - Sto seguendo il caso di Husama Suleiman, costretto dalla polizia a rimanere in carcere nonostante la corte suprema lo abbia scagionato”. Sui temi oggetto di controversia Mohammed ha un linguaggio chiaro: “il trattato di pace con Israele per ora non è in discussione. Ma qualsiasi aggressione accelererà la strada verso una revisione. La nostra sfida è di creare una vera vita politica in questo paese con un partito secolare aperto a cristiani e donne”.
Il principale punto di forza di un movimento così diviso è il rinnovato rapporto con le moschee, in particolare Al Azhar. I Fratelli musulmani, come tanti scheikh nella preghiera del venerdì, hanno chiesto ai manifestanti di tornare a casa e di votare “sì”, come dovere religioso. Lo scheikh Abdel Amid Youssef della moschea Al Azhar sembra concordare in tutto con la fratellanza: “il primo segnale è che la gente lasci piazza Tahrir”. L’islamismo politico apre ai cristiani, ma non concede loro ogni diritto: “i Fratelli musulmani avranno benefici dalla legalizzazione delle loro attività politiche. Ma non c’è un rischio di una deriva confessionale in Egitto perchè a cristiani, sufi e salafiti non sarà concesso di formare dei partiti politici”. Sulla rivoluzione, lo scheick ricorda il ruolo delle moschee: “i manifestanti si riunivano nei pressi di Al Azhar e poi si recavano in piazza Tahrir”. A detta di tutti, anche dei più acerrimi oppositori, sceikh e Fratelli musulmani hanno avuto un ruolo fondamentale nell’organizzare e controllare le manifestazioni nei 18 giorni di proteste, al Cairo come ad Alessandria.
Nei prossimi mesi nascerà una serie di minuscoli partiti di personalità, giovani e riformisti dei Fm. Tra loro Abou el Foutuh ha annunciato la nascita del Partito della Rinascita, sottolineando il suo impegno liberaldemocratico. A questo movimento si aggiungeranno Mohammad Abdul Kudus, direttore del sindacato dei giornalisti, e Mokhtar Nouh che si sono espressi per il “no” al referendum. Il dibattito interno alla confraternita è accesissimo. Il maggiore movimento di opposizione dell’era Mubarak scende in campo polverizzandosi in una miriade di partiti più o meno legati alla confraternita e avendo perso la sua tradizionale funzione sociale. L’alleanza tra esercito e Fratelli musulmani è il nuovo volto dell’Egitto in vista delle elezioni politiche.


Il Manifesto
13/04/2011
Giuseppe Acconcia

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